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Esclusivo: dopo la delusione Champions, nuova maglia per Patrizia Panico?

Patrizia Panico, bomber di razza, capace di vincere per dodici volte da sola ed altre due volte ex aequo[3] il titolo di capocannoniere della Serie A (superando complessivamente il record di Carolina Morace, che vanta 11 vittorie “solitarie”), segnando quasi seicento reti in più di cinquecento partite giocate, indossando le maglie di Lazio, Torino, Modena, Milan, Bardolino, Bardolino Verona, AGSM Verona e Torres e Fiorentina Women’s FC, potrebbe salutare Firenze.

Fino a Gennaio, la sua Fiorentina Women’s FC, era in corsa per ogni obiettivo, campionesse d’ inverno e zona Champions League fino agli ultimi 90 minuti di campionato.
E nella fatal Verona, squadra proprio della ex Patrizia Panico, anche quell’ ultimo fondamentale obiettivo è incredibilmente svanito per l’ equipe viola di Fattori, che a Settembre era stata anche eliminata dalla coppa Italia nel secondo turno.

Patrizia Panico, secondo indiscrezioni di settore, potrebbe cambiare nuovamente casacca.
La bomber romana, che anche quest’ anno ha dato sfoggio di essere un fenomeno vivente, facendo registrare oltre 20 reti nella classifica delle marcatrici, potrebbe approdare alla Lazio, terminando la sua leggendaria carriera in biancoceleste.

Federica D’Astolfo: le emozioni del Mapei e le difficoltà della Reggiana Calcio Femminile

«Abbiamo vissuto un momento irripetibile per il movimento dello sport femminile, per la Figc e anche per Reggio che ha dato un contributo fondamentale alla riuscita dell’evento». L’ex arbitro internazionale Roberto Rosetti, coordinatore della finale Champions di calcio femminile, traccia un bilancio molto positivo dell’esperienza reggiana. «La migliore cartolina di questa finale è lo stadio pieno di famiglie e bambini – dice Rosetti -, le frecce tricolori che solcano il cielo, un’atmosfera di pace e di gioia quale dovrebbe esserci sempre in uno stadio di calcio». 

La giornata di giovedì, che ha visto il trionfo del Lione sul Wolfsburg, è stata vissuta con emozione soprattutto dalle donne del calcio: dalle giovani che sognano un giorno di calcare gli stessi prestigiosi palcoscenici, alle ex calciatrici che sono impegnate a promuovere il loro sport e hanno vissuto oltre a tante gioie anche amarezze e difficoltà legate alla mancanza di considerazione di cui gode questo sport in Italia. «E’ stata una grande emozione – dice Federica D’Astolfo, allenatrice della Reggiana femminile, fresca di panchina d’argento -. Un evento come questo ripaga di tanti sacrifici e difficoltà. Ho realizzato il sogno di vedere il calcio femminile in una cornice adeguata, con un’organizzazione perfetta e la bella atmosfera della Champions». 

L’obiettivo degli organizzatori, Figc in testa, è stato quello di sfruttare la finale, per la prima volta in Italia, per rilanciare il calcio femminile. Gli addetti ai lavori non si fanno però illusioni, specie chi da troppo tempo attende che alle parole seguano i fatti. «La speranza però che stia cambiando qualcosa c’è – dice Federica D’Astolfo –. La finale di giovedì ha dimostrato che se si investe nel calcio femminile si arriva a dei buoni risultati, di pubblico, di sponsor, di qualità del gioco espresso dalle squadre». 

La realtà di tutti i giorni, oltre la scintillante vetrina della Champions, è fatta di grandi difficoltà e le vicende della Reggiana femminile non fanno eccezione. «Per quanto mi riguarda devo ancora decidere se allenerò il prossimo anno la Reggiana – prosegue la D’Astolfo -. Devo parlare con la società. Quest’anno è stata una stagione molto impegnativa. Ci siamo salvate ma vorrei che le ragazze potessero lottare per traguardi più prestigiosi e c’è un po’ di frustrazione per il fatto che dobbiamo accontentarci di questi obiettivi. Siamo una squadra giovanissima e sono contenta di aver dato cinque ragazze alle nazionali under 16 e 17, ma servirebbero più investimenti per attrarre qualche ragazza con maggiore esperienza da affiancare alle altre. La presidente Betty Vignotto e il nostro sponsor Barcom, che non ci ha mai abbandonato, sono preziosi e per fortuna che ci sono loro. Ma una squadra con questa storia merita l’attenzione anche da parte di altri soggetti».

Filosport Castellana Calcio Femminile alza la Coppa Puglia

La Filosport alza la Coppa Puglia e sigla il double stagionale (il secondo in 2 anni da quando la scorsa stagione si è formata questa giovane società di calcio femminile). Dopo aver conquistato il campionato Regionale Puglia serie C di calcio a 11 femminile, la società ASD Filosport Castellana vince la finale di Coppa Puglia per 2 a 1 contro l’Atletico Melpignano, giocata domenica 15 maggio a Faggiano (TA).

Grande soddisfazione per il Mister Michele Fera: “E’ stata una partita bellissima ricca di emozioni e colpi di scena. Onore agli avversari che hanno lottato fino alla fine dei 2 tempi supplementari. Volevamo anche questo trofeo dopo aver vinto il campionato. Un grazie in primis alla società e in particolare alla famiglia Filomeno che ci permette di credere ancora che il calcio femminile è possibile dalle nostre parti. Un grazie ovviamente anche alle mie giocatrici, abbiamo lavorato sofferto ed esultato insieme per raggiungere i nostri obiettivi. Sono orgoglioso di loro. Ora ci prendiamo una piccola pausa e poi subito al lavoro per realizzare il sogno di partecipare al campionato nazionale di serie B.”

La società fa sapere che nei prossimi giorni avrà importanti incontri con sponsor che vogliono avvicinarsi alla nostra realtà. Nella prossima stagione per affrontare il campionato di serie B, serviranno partners pronti ad investire in questa società. Tutta la Filosport si augura di rivederci il prossimo anno in serie B.

La finale di Coppa Italia sarà Brescia – Verona: appuntamento il 12 giugno a Firenze

Sarà Brescia – Verona la finale di Coppa Italia femminile 2016: le due squadre che hanno rappresentato l’Italia nella Champions League appena conclusasi a Reggio Emilia con il successo del Lione ai rigori sul Wolfsburg, si affronteranno il 12 giugno a Firenze. Ieri, doppia vittoria in trasferta per le due finaliste: l’AGSM Verona si è imposta sul Castelfranco (3-1) quest’anno brillante seconda nel girone C di Serie B, mentre il Brescia ha superato nel derby lombardo il Mozzanica (5-1).

Panchine Oro e Argento, premiazioni tra applausi e qualche polemica

La premiazione dei migliori tecnici di calcio femminile, è avvenuta contemporaneamente alla finale di Champions League femminile tra Lione e Wolksburg, nella fantastica sede del CERE di Reggio Emilia.
I lavori di tale evento, condotti dall’ allenatrice del Brescia Femminile, Milena Bertolini e terminati con la presenza di Morgana e Ulivieri, hanno sucitato interesse e applausi ma hanno anche provocato qualche perplessità all’ interno del panorama del Calcio Femminile Italiano, soprattutto a livello nazionale.

La votazione per tali riconoscimenti è stata inserita in un contesto formativo di due giorni, in cui hanno trovato spazio il preparatore atletico del Brescia, Fabiana Comin del Verona ed il grande Mister Eusebio DI Francesco.
Nella procedura per la votazione, avvenuta Mercoledì’ in apertura di giornata, il primo errore formale è accaduto con l’ errore nella lista dei tecnici aspiranti alla panchina d’oro, nell’ elenco era stata omessa l’ allenatrice del Bari, Cardone, protagonista tra l altro di un finale di stagione esaltante, meritevole di attenzione.

Avvenuta la prima votazione, da parte degli aventi diritto al voto, dopo circa un ora tale votazione è stata resa nulla per alcuni “errori”, e quindi è stata organizzata una seconda votazione, in cui appunto è stata inserita in lista anche Cardone, tecnico del Bari Femminile, e si è riorganizzata la lista degli aventi diritto al voto, togliendo tra le altre l’ allenatrice professionista Giammanco Micol, che aveva invece ricevuto diritto di voto nella prima tornata, pur senza aver allenato alcuna squadra di calcio femminile.

Alla votazione hanno preso parte tutti i tecnici presenti di calcio femminile, e non solo i tecnici di A e B, hanno avuto accesso gli istruttori di ogni categoria giovanile femminile, compresi i tecnici di primavera e giovanissime presenti in loco, i mister in seconda e i mister dei portieri. I tecnici che non hanno frequentato tale corso di aggiornamento a pagamento, posizionato nei giorni di Mercoledì e Giovedì,  non sono invece stati interpellati nella votazione.

Per il secondo anno di seguito è stata eletta panchina d’oro dai colleghi e dalle colleghe Milena Bertolini, tra gli applausi dei partecipanti.
Per il secondo anno consecutivo è stata eletta panchina d’argento dai colleghi e dalle colleghe, Federica D’astolfo, con qualche rumorio nell’ aula durante l’ atto della proclamazione tenuto dal grande Renzo Ulivieri.

Non tutta la platea ha gradito il fatto che per il secondo anno  di fila la D’astolfo, vincesse il premio, dopo il terz’ultimo posto conseguito dalla sua formazione nella corrente stagione, la giovanissima squadra della Reggiana Barcom Femminile.

L’ ultimo intervento deciso è stato quello del Mister del Verona, Renato Longega, che ha reclamato parità di opportunità tra i generi, poiché per le donne, a detta del pluriscudettato allenatore veronese,  la strada verso i corsi di formazione è in discesa, mentre per gli uomini è terribilmente  in salita, così come per l’ attività di formazione nei corsi Uefa C e B sul calcio femminile, dove le uniche docenti possono essere donne, mentre uomini che allenano da anni il femminile, anche con ottimi risultati, vengono esclusi per differenza di genere.

Una importante tappa legata alla formazione dei tecnici in rosa, con l’ assegnazione di importanti riconoscimenti ai tecnici di calcio femminile italiano, a cui la redazione fa arrivare i suoi complimenti.

Queste le votazioni:
Panchina d’oro, Serie A:
PRIMA CLASSIFICATA
Milena Bertolini ( Scudetto, Quarti di Champions e Finale di Coppa Italia)
SECONDA CLASSIFICATA
Nazarena Grilli ( 4° classificata in A, Semifinale coppa Italia)
TERZO CLASSIFICATO
Renato Longega (qualificato Women’s Champions League)

Panchina d’ argento, Serie B
PRIMA CLASSIFICATA
Federica D’ Astolfo ( 8° classificata Serie B girone B)
SECONDO CLASSIFICATO
Antonio Cincotta ( 1° classificato Serie B girone A)
Ashraf Seleman ( 2° classificato Serie B girone D)

 

Giocano le donne? Meglio, ci sono più spettatori che per la Juve!

«Che vengano sempre loro, per favore!». Al bar del Mapei di Stadium di Reggio Emilia, quello in cui gioca il Sassuolo in Serie A e che quindi ospita anche Juventus, Milan e via dicendo, sono sicuri di non aver mai venduto tanto e anche in biglietteria la stessa cosa. «Nemmeno per le partite di campionato con le big si riempie così» spiegano. Confermano i vigili urbani: in una serata di maggio hanno fatto lavoro extra perché in 19mila sono andati a vedere a giocare a calcio le donne. Sì, loro sono le donne, quelle che Sinisa Mihajlovic, neo allenatore del Torino, ha detto poco più di un mese fa che di pallone non dovevano nemmeno parlare.

Non donne qualunque, ma le finaliste della Champions League femminile ospitata nello stadio reggiano, per la prima volta in Italia, con due giorni di anticipo rispetto all’ultimo atto del torneo maschile di San Siro fra Atletico e Real Madrid. Qui ci sono Olympique Lyonnais e Wolfsburg. O meglio francesi e tedesche. Più semplice dire così per tanti allo stadio, la maggior parte degli quali a vedere una partita di calcio femminile non ci erano mai andati. E tutti, compresa chi scrive, si sono pentiti subito di non averlo fatto prima.

«Non è come vedere gli uomini – dice una signora – è meglio, c’è più armonia nel gioco, meno falli. Vedo cose peggiori alle partite di mio figlio che ha nove anni». È venuta con il marito e il figlio appunto. Perché? «Per le frecce tricolori (sono passate sopra lo stadio prima del fischio d’inizio n.d.r), perché avevamo sentito la pubblicità, ci sembrava una cosa diversa dal solito e costava poco». Sarebbe meglio dire che costava pochissimo. 10 euro per la tribuna, 7 per le curve. Giusto per fare un paragone i biglietti per la finale a Milano di sabato sera costavano ufficialmente fra i 70 e i 440 euro, ora li hanno in vendita solo alcuni siti e si parte da 1500 euro.

Economicamente parlando il calcio è fra gli sport dove la parità è un’utopia anche dove le giocatrici sono professioniste, cosa che non accade in Italia. Agli ultimi Mondiali, la Germania ha avuto 35 milioni di dollari di premio per il titolo maschile, le donne statunitensi appena 2. La francese Necib, in campo ieri, considerata una novella Zidane, ne guadagna 95mila l’anno. Fosse un uomo ci sarebbero molti più zeri. Allo stadio però forse non si sarebbe stata la ola, 4 volte, applausi a ogni bella giocata e neanche un fumogeno.

L’emozione e i commenti guardando la partita sono però gli stessi. Gli «oh» quando si sbaglia un gol fatto e gli applausi per una bella giocata. «Che fisico!» si lascia scappare un ventenne in tribuna, ma aggiunge anche «sembra Pirlo al femminile», perché i termini di paragone sono tutti maschili. A tutte le età. «Tu ne conosci delle bambine che giocano a calcio?» chiediamo a un bambino di sette anni venuto con il papà e lo zio. Lui sgrana gli occhi e dice un no come se fosse impossibile e come se non stesse guardando delle donne che giocano a pallone.

Gran parte degli spettatori italiani sono ragazze che praticano questo sport. E allora si chiede un commento tecnico: come giocano? «Meglio di noi» dice ridendo un gruppo di Bergamo che spiega: «per chi non lo ha mai visto è un gioco meno fisicorispetto agli uomini, ma ci si arriva con la corsa, la tecnica e gli schemi». Queste giocatrici erano andate anche a vedere la nazionale a Verona l’anno scorso. «Era gratis e c’era la metà della gente». Non se ne aspettavano tanta nemmeno a Reggio Emilia, ma c’è chi è venuto da lontano come le ragazze della Nocerina e quelle di Arezzo la descrivono come l’unica occasione di vedere «chi fa il nostro sport ad altissimo livello». Le più emozionate sono le bimbe di San Marino. Hanno fra 7 e i 12 anni, giocano a calcio e hanno accompagnato in campo le finaliste.

Ci sono i tedeschi e i francesi ovviamente a seguire le squadre. Qualche pullman organizzato, ma anche tanti che hanno deciso di prendersi qualche giorno e fare un week end lungo. È il caso di Jerome, francese che vive nel sud della Germania. Ha preso la macchina e poi andrà anche a Firenze. «Sono sempre stato appassionato della squadra maschile, da qualche anno seguo anche le donne. Sono più avvicinabili, mi sembra uno sport più pulito, meno facile all’imbroglio». In Italia solo la Fiorentina, fra i grandi club ha una squadra femminile. All’estero questa è stata la strada per far avvicinare i tifosi al calcio donne e per permettere loro di allenarsi come lavoro non dopo il lavoro. Detto con le parole di Patrizia Panico, icona del calcio femminile azzurro: «Se la Juventus decidesse di avere una squadra di donne, l’impatto per il movimento sarebbe grandioso». I numeri sono lontani: in Italia le tesserate sono 22.564, in Germania 250mila, in Francia 170mila.

Chi, per la cronaca, volesse sapere chi ha vinto dovrebbe adattare una battuta dell’inglese Gary Lineker. «Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince». Per le ragazze funziona invece così: il calcio è un gioco semplice in cui 22 donne rincorrono un pallone per 90 minuti (1 a 1), più supplementari e rigori (5 a 4) e alla fine vincono le francesi. Non francesi qualunque. Il Lione ha vinto dieci campionati di fila e tre Champions League. La migliore in campo? Casacca lionese e nazionalità giapponese per Saki Kumagai, classe 1990, già campione del mondo con la nazionale del sol levante nel 2011.

Gli unici scontenti sono i venditori ambulanti di panini. Si trovano lontano dallo stadio, tornando alla macchina, lasciata non proprio a due passi perché i parcheggi, non grandi come quelli dell’Allianz Arena di Monaco, erano pieni. Le regole Uefa non hanno permesso ai loro mezzi loro di mettersi al solito posto vicino al campo. Hanno le facce lunghe anche alcuni tifosi tedeschi, ma non poi più di tanto quando mangiano la piadina consolatoria, superati dalle biciclette dei reggiani. La maggior parte allo stadio ci sono andati così.

Verona soffre ma va in finale di Coppa Italia!

Archiviato il bel finale di campionato con l’ottenuta qualificazione alla Champions League, le ragazze dell’Agsm Verona si tuffano, testa e gambe, nella Coppa Italia. In Toscana, sotto il sole cocente di Castelfranco di Sotto, c’è in palio l’approdo alla finale della competizione tricolore.
Soliti problemi di organico per mister Longega che deve rinunciare alle infortunate Gabbiadini, Ohrstrom, Marconi e Salvai, tutte presenti al comunale di Castelfranco per incitare le compagne di squadra. In campo dal primo minuto la primavera Angelica Soffia.
La prima opportunità del match è per il Verona con Tatiana Bonetti che a tu per tu con il portiere si fa respingere la conclusione. Un minuto più tardi ci prova Valeria Pirone, conclusione diagonale deviata in angolo da Baldi.
Le toscane si fanno vedere in avanti con la conclusione di Prugna parata da Harrison.
Le scaligere faticano ad esprimersi contro una compagine aggressiva e si va così al riposo a reti inviolate.
L’Agsm Verona torna in campo con Brutti a centrocampo  in sostituzione di Belfanti con difesa che si schiera a tre. Le veronesi sono più aggressive e si rendono pericolose con il tentativo di Michela Ledri, sfera a lato.
Rispondono le toscane con Acuti che in mischia da due passi non riesce a battere Harrison.
Al 20′ Bonetti va via in posizione regolare e viene atterrata sul limite dalla numero uno Baldi che viene espulsa.
Di Criscio sul conseguente calcio di punizione coglie in pieno il palo.
Trascorrono due minuti e Valeria Pirone viene atterrata in area. Zucchetti di Foligno in dica il dischetto del calcio di rigore che Federica Di Criscio trasforma spiazzando la neo entrata Bulleri.
Al 32′ le scaligere in superiorità numerica riescono nell’impresa di subire il pareggio del Castelfranco con una clamorosa autorete di Claudia Squizzato che incorna nella propria porta trafiggendo Harrison.
Le ragazze dell’Agsm Verona sono nettamente sorprese dall’inattesa piega che ha assunto la partita e Harrison è costretta a chiudere lo spazio ad Acuti che non riesce a concludere.
Le gialloblù hanno un sussulto d’orgoglio e Valeria Pirone raccoglie il lancio di Bonetti, si invola in area e trafigge il portiere piazzando la sfera sul palo lontano.
La numero sette del Verona si ripete quattro minuti più tardi con un’azione in fotocopia. Questa volta Bulleri riesce tuttavia ad intercettare la prima conclusione di Pirone che riprende la sfera ed insacca a porta sguarnita il pallone del definitivo uno a tre. Risultato che qualifica l’Agsm Verona alla finalissima di Coppa Italia.
Le veronesi portano a casa vittoria e qualificazione nonostante una gara sottotono, sicuramente condizionata dal gran caldo.
Il 12 giugno nella finale di Firenze ci vorrà però un altro Verona per cercare di portare a casa la quarta Coppa Italia nella storia del club.

CASTELFRANCO – AGSM VERONA 1-3
Reti: St. 27′ Di Criscio (Rig.), 32′ Autorete Squizzato, 42′ Pirone, 46′ Pirone

Castelfranco: Baldi, Di Guglielmo, Maltomini, Varriale, Caucci, Ferrara, Prugna, Di Lupo, Acuti, Parrini, Cinotti.
A disposizione: Bulleri, Galluzzi, Cirillo, De Rita, Consoloni, Meropini, Morucci.
Allenatore: Alessandro Pistolesi.

Agsm Verona: Harrison, Ledri, Carissimi, Di Criscio, Pirone, Bonetti, Fuselli, Soffia (36′ st. Nichele, 44′ st. Baldo), Laterza, Squizzato, Belfanti.
A disposizione: Gava, Ambrosi, Brutti, Nichele, Baldo, Salvai.
Allenatore: Renato Longega.

Arbitro: Luca Zucchetti di Foligno
Assistenti: Riccardo Corti e Francesco Boccolini di Pisa.

Note: Pomeriggio soleggiato e caldissimo, terreno in condizioni non ottimali. Recupero 1+

Brescia domina il derby: è finale

Quando conta il derby si tinge di biancoblu con il Brescia che conquista l’accesso alla finale di Coppa Italia battendo in trasferta il Mozzanica, unica squadra in Italia finora mai battuta nel corso della stagione dalla squadra di Bertolini. Il tecnico reggiano deve rinunciare a Cernoia bloccata da un nuovo infortunio alla caviglia e decide di schierare la squadra lungo un 3-5-2. Il risultato di parità dura solo dodici minuti con la partita spaccata da Bonansea che parte palla al piede dalla trequarti saltando quattro avversarie in diagonale prima di trafiggere Gritti. In precedenza Linari aveva ribattuto al limite dell’area piccola un tiro di Giacinti. Un minuto dopo il vantaggio biancoblu Williams sfiora il 2-0 con il pallone che viene deviato in angolo con l’estrema di casa che proprio sugli sviluppi del calcio piazzato salva prima sulla conclusione a botta sicura di Williams e poi di Girelli. Al quarto d’oro è Marchitelli ad effettuare una doppia parata prima su Stracchi e poi su Scarpellini, ma al 16’ è ancora la squadra di Bertolini ad esultare grazie alla rete di mele, servita da Sabatino, che porta il Brescia sul 2-0. Galli al 29’ si vede respinto il suo tiro da Marchitelli, ma la numero uno biancoblu oggi è insuperabile e al 31’ si supera nell’uno contro uno con Giacinti. Al 38’ anche Iannella si vede negare il gol da Marchitelli con il Brescia che controlla la partita e al 40’ colpisce ancora: Bonansea questa volta parte dalla linea di centrocampo innescata da Mele ed in solitaria supera Gritti per il 3-0 che chiude il primo tempo. Prima di rientrare negli spogliatoi le biancoblu si rendono ancora pericolose con Williams su punizione: Gritti si oppone all’ultimo.
Nell’intervallo Bertolini lascia negli spogliatoi Linari e Mele inserendo al loro posto Boattin ed Eusebio. Il Mozzanica resta in dieci al quarto d’ora per l’intervento di Bartoli su Bonansea che costa il secondo giallo al difensore bergamasco; dalla punizione di Williams Sabatino sul primo palo di esterno sfiora il 4-0. Rete che giunge al 21’ quando Rosucci si inventa da dentro l’area un tiro a giro che supera Gritti e fa esplodere la parte biancoblu dello stadio di Mozzanica. Sabatino al 29’ cerca l’acuto personale con un pallonetto dal limite che termina di poco alto sulla traversa; l’appuntamento con la rete è solo rimandato di dieci minuti perché al 38’ Girelli serve proprio Sabatino in area che vede leggermente fuori dai pali e la supera con un lob dal centro dell’area. Nel finale, al 43’, il Mozzanica trova il gol della bandiera sugli sviluppi di un calcio d’angolo con Pellegrinelli che dal limite batte Marchitelli.
Il 12 giugno a Firenze l’avversaria, ed ultimo ostacolo dalla tripletta di trofei nazionali in stagione, sarà il Verona.

MOZZANICA – BRESCIA 1-5
MOZZANICA (4-4-2): 
Gritti, Zanoletti, Bartoli, Stracchi, Schiavi, Locatelli (9’ st Cambiaghi), Giugliano (18’ st Tonani), Galli, Giacinti, Scarpellini, Iannella (28’ st Pellegrinelli). A disp.: Capelletti, Fusar Poli, Rizzon, Crevi. All.: Gritti.
BRESCIA (3-5-2): Marchitelli; Gama, D’Adda (24’ st Tarenzi), Linari (1’ st Boattin); Bonansea, Alborghetti, Rosucci, Mele (1’ st Eusebio), Williams; Girelli, Sabatino. A disp.: Ceasar, Lenzini, Serturini, Martani. All.: Bertolini.
ARBITRO: Lombardelli di Torino.
MARCATRICI: 12’ pt Bonansea, 16’ pt Mele, 40’ pt Bonansea; 21’ st Rosucci, 38’ st Sabatino. 43’ st Pellegrinelli.
AMMONITA: Bartoli
ESPULSA: 15’ st Bartoli.

Calcio femminile, ecco l’insegnamento della Women’s Champions League di Reggio Emilia

Un grande entusiasmo ha circondato la finale della Champions League femminile di calcio, disputata da Olimpique Lyonnais e Wolfsburg allo stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia. Un’occasione importante per il nostro Paese per conoscere uno sport che dalle nostre latitudini è circondato da un’attenzione minima da parte di tutti: addetti ai lavori, responsabili della comunicazione, tifosi. Sarà l’occasione giusta per rilanciare il calcio femminile in Italia?

“Accogliere questa prestigiosa partita nel nostro Paese ci dà una grande opportunità per far sì che i nostri progetti per lo sviluppo del calcio femminile possano allungare il passo e ispirare sempre più ragazze a unirsi a questo gioco”. Parole di Carlo Tavecchio, presidente della Federcalcio, riportate sulla guida ufficiale distribuita allo stadio di Reggio Emilia in occasione della finale di Champions League. Alla quale non ha preso parte nessuna squadra italiana, nonostante il dignitosissimo cammino compiuto dalle fresche campionesse d’Italia del Brescia, eliminate ai quarti di finale dalle tedesche del Wolfsburg.

La verità è che vedere una squadra italiana lottare per un traguardo così prestigioso oggi è un’autentica chimera. È sbagliato ridurre il calcio a una mera questione di investimenti e strutture, ma la verità è che l’Italia paga un gap enorme nei confronti degli altri Paesi europei, nei quali il calcio femminile ha grande considerazione, grande seguito e, di conseguenza, grandi investimenti su cui contare.

Come in ogni campo della vita, anche nel calcio i risultati raggiunti sono frutto delle scelte che vengono compiute a monte, in questo caso dalle Istituzioni che governano il mondo del pallone. Per restare alle parole del numero uno della FIGC, auspicare che il calcio femminile possa allargare il numero di tesserate e possa cogliere l’attenzione dell’opinione pubblica non basta. Servono idee, pianificazione e investimenti e, possibilmente, il serio e fattivo coivolgimento delle principali squadre della serie A maschile e politiche che spingano i club a credere nel calcio femminile.

Più facile da dirsi che da farsi, in verità. Eppure la finale di Champions League ospitata a Reggio Emilia può e deve essere uno stimolo per parlare di calcio femminile, per spingerlo a superare gli ostacoli che oggi ne fanno uno sport di nicchia, di promuoverlo affinché diventi popolare come quello giocato dagli uomini. Con tecnica, fisicità e dinamiche diverse – è naturale – ma con la stessa passione di chi ci gioca e di chi lo segue.

Se c’è un insegnamento che la finale del Città del Tricolore può dare a tutti è proprio questo: le giocatrici di Lione e Wolfsburg che si sono sfidate per la conquista del prestigioso trofeo in palio hanno tutte una storia da raccontare, fatta di sacrifici, sforzi, infortuni, di forza di volontà, di gioie e dispiaceri. Storie che meritano di essere narrate, conosciute, apprezzate. Spesso la differenza sta tutta qui.

Viviamo in un Paese che si infiamma per i particolari dell’ultima storia di gossip del calciatore famoso di turno ma che non sa apprezzare le belle e vere storie sportive, comprese quelle che riguardano il calcio al femminile. Con giocatrici che oltretutto sono costrette a fare il doppio degli sforzi e della fatica rispetto alle loro colleghe che giocano nel resto d’Europa semplicemente perché in Italia il calcio femminile non rientra tra gli sport professionistici e coloro che vogliono giocare sono costrette a farlo come secondo lavoro.

Dunque ben venga la finale di Champions League degnamente organizzata e promossa in Italia (doverosi complimenti alla città di Reggio Emilia per la promozione effettuata, 20.000 persone presenti allo stadio sono il frutto di un capillare lavoro che ha portato ottimi frutti), ma che non resti una vetrina di cui farsi belli, in cui stringere mani, far scattare i flash delle macchine fotografiche e di cui poi dimenticarsi appena il sipario viene calato, magari spostandosi in fretta e furia a Milano, dove sabato sera andrà in scena l’ultimo atto della Champions League maschile.

Da questo punto di vista la prestigiosa sfida ospitata al Città del Tricolore deve essere il punto di partenza a cui devono seguire fatti concreti, mirati ad aumentare gli investimenti economici e mediatici che permettano di accendere un faro sul calcio femminile e lo tengano ben acceso finché la gente non si accorga di quanto sia interessante questo sport. Non per 90′ (anzi, per 120′, visto che sono serviti i calci di rigore per determinare la vincitrice), ma per intere stagioni, in modo da spingere il maggior numero di persone a seguire le partite. Perché è seguendo le partite e conoscendo le storie che le persone si possono davvero appassionare e divertirsi. Provare per credere!

Nasce la squadra femminile dell’Andora Calcio

Il piano sportivo dell’Andora Calcio (Savona) prevede, nella prossima stagione agonistica 2016/17, la presenza di una squadra femminile.
“Il percorso della società Andora non può prescindere dal cercare di costruire, anche nella nostra realtà, un movimento connesso alla crescita del calcio femminile
– afferma il presidente  Paolo Morelli – dalle prime analisi e valutazioni riteniamo di avere concrete possibilità di riuscire nel nostro intento”.
“Questa bella opportunità, conclude Morelli, credo sia l’ennesima conferma della bontà del nostro “progetto”.

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