Partnership Master Sole 24 Ore
Home Blog Pagina 5185

Calcio femminile, ecco l’insegnamento della Women’s Champions League di Reggio Emilia

Un grande entusiasmo ha circondato la finale della Champions League femminile di calcio, disputata da Olimpique Lyonnais e Wolfsburg allo stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia. Un’occasione importante per il nostro Paese per conoscere uno sport che dalle nostre latitudini è circondato da un’attenzione minima da parte di tutti: addetti ai lavori, responsabili della comunicazione, tifosi. Sarà l’occasione giusta per rilanciare il calcio femminile in Italia?

“Accogliere questa prestigiosa partita nel nostro Paese ci dà una grande opportunità per far sì che i nostri progetti per lo sviluppo del calcio femminile possano allungare il passo e ispirare sempre più ragazze a unirsi a questo gioco”. Parole di Carlo Tavecchio, presidente della Federcalcio, riportate sulla guida ufficiale distribuita allo stadio di Reggio Emilia in occasione della finale di Champions League. Alla quale non ha preso parte nessuna squadra italiana, nonostante il dignitosissimo cammino compiuto dalle fresche campionesse d’Italia del Brescia, eliminate ai quarti di finale dalle tedesche del Wolfsburg.

La verità è che vedere una squadra italiana lottare per un traguardo così prestigioso oggi è un’autentica chimera. È sbagliato ridurre il calcio a una mera questione di investimenti e strutture, ma la verità è che l’Italia paga un gap enorme nei confronti degli altri Paesi europei, nei quali il calcio femminile ha grande considerazione, grande seguito e, di conseguenza, grandi investimenti su cui contare.

Come in ogni campo della vita, anche nel calcio i risultati raggiunti sono frutto delle scelte che vengono compiute a monte, in questo caso dalle Istituzioni che governano il mondo del pallone. Per restare alle parole del numero uno della FIGC, auspicare che il calcio femminile possa allargare il numero di tesserate e possa cogliere l’attenzione dell’opinione pubblica non basta. Servono idee, pianificazione e investimenti e, possibilmente, il serio e fattivo coivolgimento delle principali squadre della serie A maschile e politiche che spingano i club a credere nel calcio femminile.

Più facile da dirsi che da farsi, in verità. Eppure la finale di Champions League ospitata a Reggio Emilia può e deve essere uno stimolo per parlare di calcio femminile, per spingerlo a superare gli ostacoli che oggi ne fanno uno sport di nicchia, di promuoverlo affinché diventi popolare come quello giocato dagli uomini. Con tecnica, fisicità e dinamiche diverse – è naturale – ma con la stessa passione di chi ci gioca e di chi lo segue.

Se c’è un insegnamento che la finale del Città del Tricolore può dare a tutti è proprio questo: le giocatrici di Lione e Wolfsburg che si sono sfidate per la conquista del prestigioso trofeo in palio hanno tutte una storia da raccontare, fatta di sacrifici, sforzi, infortuni, di forza di volontà, di gioie e dispiaceri. Storie che meritano di essere narrate, conosciute, apprezzate. Spesso la differenza sta tutta qui.

Viviamo in un Paese che si infiamma per i particolari dell’ultima storia di gossip del calciatore famoso di turno ma che non sa apprezzare le belle e vere storie sportive, comprese quelle che riguardano il calcio al femminile. Con giocatrici che oltretutto sono costrette a fare il doppio degli sforzi e della fatica rispetto alle loro colleghe che giocano nel resto d’Europa semplicemente perché in Italia il calcio femminile non rientra tra gli sport professionistici e coloro che vogliono giocare sono costrette a farlo come secondo lavoro.

Dunque ben venga la finale di Champions League degnamente organizzata e promossa in Italia (doverosi complimenti alla città di Reggio Emilia per la promozione effettuata, 20.000 persone presenti allo stadio sono il frutto di un capillare lavoro che ha portato ottimi frutti), ma che non resti una vetrina di cui farsi belli, in cui stringere mani, far scattare i flash delle macchine fotografiche e di cui poi dimenticarsi appena il sipario viene calato, magari spostandosi in fretta e furia a Milano, dove sabato sera andrà in scena l’ultimo atto della Champions League maschile.

Da questo punto di vista la prestigiosa sfida ospitata al Città del Tricolore deve essere il punto di partenza a cui devono seguire fatti concreti, mirati ad aumentare gli investimenti economici e mediatici che permettano di accendere un faro sul calcio femminile e lo tengano ben acceso finché la gente non si accorga di quanto sia interessante questo sport. Non per 90′ (anzi, per 120′, visto che sono serviti i calci di rigore per determinare la vincitrice), ma per intere stagioni, in modo da spingere il maggior numero di persone a seguire le partite. Perché è seguendo le partite e conoscendo le storie che le persone si possono davvero appassionare e divertirsi. Provare per credere!

Nasce la squadra femminile dell’Andora Calcio

Il piano sportivo dell’Andora Calcio (Savona) prevede, nella prossima stagione agonistica 2016/17, la presenza di una squadra femminile.
“Il percorso della società Andora non può prescindere dal cercare di costruire, anche nella nostra realtà, un movimento connesso alla crescita del calcio femminile
– afferma il presidente  Paolo Morelli – dalle prime analisi e valutazioni riteniamo di avere concrete possibilità di riuscire nel nostro intento”.
“Questa bella opportunità, conclude Morelli, credo sia l’ennesima conferma della bontà del nostro “progetto”.

Castelfranco e AGSM Verona si affrontano per un posto nella finalissima di Coppa Italia

Messo in archivio il campionato di serie A 2015/2016 con l’ottimo secondo posto ottenuto dall’Agsm Verona e la conseguente qualificazione Champions, per la formazione scaligera non è ancora tempo di vacanze. Questo sabato le veronesi saranno infatti impegnate in Toscana contro il Castelfranco per la semifinale di Coppa Italia in gara unica ad eliminazione diretta. Il fischio d’inizio è fissato per oggi alle ore 15,00 allo Stadio  Osvaldo Martini di Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa.
Il Castelfranco, società affiliata all’Empoli,  milita nel girone C della serie B e nel campionato appena concluso ha sfiorato la promozione nella massima serie piazzandosi al secondo posto in classifica ad una sola lunghezza dalla capolista Cuneo.
In Coppa Italia le toscane allenate da Alessandro Pistolesi hanno raggiunto la semifinale, traguardo storico per una formazione della serie cadetta, dopo un lungo cammino iniziato con il girone preliminare dove hanno ottenuto la qualificazione come seconde dietro la Fiorentina dopo aver battuto il Bologna 6-0, il Riviera di Romagna di serie A 3-1, ed essere state sconfitte 3-1 dalla squadra viola.
Negli ottavi di finale il Castelfranco ha eliminato il Perugia (4-3 dopo i calci di rigore) e nel quarti di finale ha vinto 2-1 sul campo del Chieti neo promosso nella massima serie.
Più breve il cammino delle gialloblù di Longega che sono entrate nella competizione tricolore direttamente agli ottavi di finale dove  si sono imposte 4-0 sul campo della Res Roma. Identico punteggio ottenuto anche nei quarti dove hanno superato il Fimauto Valpolicella nel derbissimo veronese.
Nell’altra semifinale si affrontano nell’acceso derby lombardo il deluso Mozzanica e le neo-campionesse d’Italia del Brescia. La finale è in programma domenica 12 giugno alle ore 17,00 a Firenze.
Il club scaligero in passato si è già appuntato per tre volte la coccarda tricolore sulle maglie. L’ultima finale disputata risale alla stagione 2012-2013 con le gialloblù che uscirono sconfitte 2-0 ad opera del Tavagnacco sul neutro di Forlì.
Soliti problemi di formazione per mister Longega che dovrà ancora rinunciare alle infortunate  Ohrstrom, Gabbiadini, Salvai e Marconi. Il tecnico veronese potrebbe tenere precauzionalmente in panchina la nazionale Marta Carissimi per ottenere un pieno recupero per l’eventuale finale. Le veronesi dovranno comunque mantenere alta la concentrazione contro una compagine di buon livello per centrare l’obiettivo della finale di Coppa Italia.

Ampia sintesi in TV martedì alle 22,20 su Telearena Sport
(canale 90 digitale terrestre per tutto il Veneto)

LE PROBABILI FORMAZIONI:
CASTELFRANCO: Baldi, Di Guglielmo, Maltomini, Varriale, Parrini, Ferrara, Prugna, Cinotti, Mastalli, Di Lupo, Borghesi.
Allenatore: Alessando Pistolesi
AGSM VERONA: Harrison, Belfanti, Di Criscio, Squizzato, Laterza, Ledri, Carissimi (Brutti), Fuselli, Nichele, Bonetti, Pirone.
Allenatore: Renato Longega

Arbitro: Luca Zucchetti di Foligno
Assistenti: Riccardo Corti e Francesco Boccolini di Pisa.

Women’s Champions League, soldi e tv. I motivi del successo “povero” del calcio femminile

“Abbagliante”. È così che L’Equipe ha titolato la prima pagina interamente dedicata all’Olimpique Lione femminile che si è aggiudicata la finale di Champions League di Reggio Emilia ai calci di rigore contro il Wolfsburg. Le transalpine hanno dominato per gran parte della partita, con un gioco spettacolare e con gesti tecnici di grande classe, soprattutto quelli del numero 10, la franco algerina Louisa Necib. Il quotidiano sportivo più autorevole di Francia festeggia così la terza coppa conquistata dall’OL, superando proprio le tedesche ferme a due. Il meglio del calcio femminile europeo (anche se il premio MVP se l’è aggiudicato la centrocampista giapponese Saki Kumagai): primo tempo perfetto, secondo evanescente, supplementari in ripresa e rigori decisivi, come nel 2011, quando dal dischetto il Giappone vinse il Mondiale contro gli Stati Uniti. Circa 18.000 gli spettatori allo stadio Città del Tricolore, grazie al coinvolgimento della città e al prezzo dei biglietti: 10 euro per le tribune, 7 per le curve, 8 e 5 se erano di gruppo. Assolutamente incomparabili con quelli della finale maschile, bagarinati last minute per 1.000 euro e oltre.

Di cosa parliamo, in termini numerici, quando parliamo di calcio femminile in Europa? Oltre un milione di giocatrici – sette Paesi ne hanno più di 60.000 (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Danimarca, Svezia) – ci sono più di 3.000 arbitri donna e più di 13.000 allenatrici, in 49 stati c’è un campionato e 50 hanno la rappresentativa nazionale, circa 2.000 le donne impiegate (29 per cento). Solo in tre squadre nazionali le atlete però vengono pagate, altre diciassette danno una diaria a partita, ben undici non coprono nemmeno le spese alle loro giocatrici. E la copertura mediatica? Solo in tre federazioni i campionati sono trasmessi da televisioni a pagamento, in trentasette gratuitamente e in otto non esiste copertura televisiva. In quelle più evolute la presenza media allo stadio è di circa 3.000 spettatori, si scende poi a 1.000 in Italia, Spagna, Portogallo, per esempio, mentre la maggioranza si avvicina ai numeri che ognuno di noi ha vissuto nel calcio dilettante. Il budget delle 54 federazioni è di 96.724.824 euro, di questo il 24,99 per cento è per le nazionali, il 20 circa per i settori giovanili e la crescita del movimento, solo il 13,26 per cento per i salari.

E l’Italia? Secondo il report dell’Uefa la federazione investe nel calcio femminile 3 milioni di euro, contro i 9 circa della Germania: “Ma ai club italiani non arriva niente”, dice al Foglio Milena Bertolini allenatrice del Brescia, fresco vincitore del campionato, e tra le più titolate del calcio femminile tricolore. “In Germania le squadre di serie A ricevono 800.000 euro di contributi e quelle di B 150.000, da noi nemmeno le briciole dei diritti televisivi. Il problema? La mentalità, non è cambiato niente da quando Guido Ara (mediano della Pro Vercelli nei primi anni del Novecento, ndr) diceva che il calcio non è sport per signorine e quindi il movimento non cresce”, sottolinea Milena, una delle artefici della finale di Reggio Emilia: “L’arbitro poteva non esserci e questo credo sia un messaggio potentissimo, che clima e che giornata magnifica. Ecco, spero che i nostri dirigenti abbiano compreso cos’è il calcio femminile ai massimi livelli e come si fa”. L’O. Lione, campione d’Europa, investe 4-5 milioni di euro l’anno (più di quello che si spende in Italia), contro i 500-600mila del Brescia, che si affida esclusivamente a sponsor privati.

La calciatrice che guadagna di più è la statunitense Alex Morgan, campionessa olimpica e del mondo che gioca per le Portland Thorns, con 450.000 dollari l’anno, che arrivano al milione grazie ai contratti con gli sponsor. Al secondo posto c’è la brasiliana Marta Vieira da Silva (Rosengard, Svezia) con 400.000 dollari, al terzo un’altra statunitense di origini canadesi, Sydney Leroux (Seattle Reign) con oltre 90.000. La collega di Nazionale Abby Wambach ne guadagnava 245.000 ma ha smesso di giocare nel 2014 e la bellissima, nonché ricercatissima dagli sponsor, Hope Solo (Seattle Reign) arriva appena a 65.000. La prima europea in questa speciale classifica è Nicole Banecki, tedesca di origini camerunensi, che milita nel Friburgo e che ha uno stipendio di 90.000 dollari.

In queste ultime settimane, negli Stati Uniti, si è aperto un aspro dibattito fra calciatrici e federazione sugli stipendi, molto diversi tra uomini e donne, una disuguaglianza che non trova nessun appiglio tantomeno nei risultati sportivi, dove quest’ultime sono nettamente più forti. “Anche sei i dati finanziari confermano che siamo la forza trainante del calcio statunitense la nostra proposta di compensi migliori è stata rigettata come non razionale e inaccettabile”, ha scritto la nazionale Carli Lloyd sul New York Times, annunciando battaglia e scatenando negli Usa una vera e propria guerra tra sessi, con il soccer a fare da cornice. Mentre in Italia Milena Bertolini (tra le altre cose curatrice del libro, riflessione, “Giocare con le tette”) spera che dopo lo spettacolo di Reggio Emilia non si spengano nuovamente i riflettori sul movimento. Molti uomini ritengono che il paragone sia improponibile e sicuramente siamo presi alla sprovvista da questa richiesta di spazio e attenzione, ma nella finale di Champions abbiamo visto gioco, forza, agonismo, qualità (tanta qualità) che non potranno essere sottaciute a lungo e che forse valgono la pena di essere raccontate, magari senza ripetere gli errori che hanno portato all’attuale narrativa del calcio maschile: isterica.

Tutto in novanta minuti

Ci siamo. Oggi sul campo di via Aldo Moro va in scena Mozzanica-Brescia, atto terzo. Thriller mozzafiato, vietato ai deboli di cuore. Milena Bertolini e le sue arrivano a Mozzanica fresche del secondo scudetto, ma chi spera in una squadra dalla pancia piena non ha forse ben capito cosa sia un derby tra rondinelle e bergamasche, specialmente se in palio c’è una finale di coppa Italia. Le campionesse d’Italia ardono dalla voglia di fare un dispetto alle biancocelesti e vendicare quel 4-0 caricato sul groppone alla quarta di campionato. Ma dall’altra parte c’è invece una squadra che delusa dal finale storto di questo torneo ha un solo imperativo: vincere! Vincere per riscattare le amarezze recenti, vincere per dare un senso a questa stagione, vincere per dimostrare che il Mozzanica non è quello visto a Bolzano e con il San Zaccaria, ma quello ammirato per tutto l’arco della stagione fino a cinque giornate dal termine.

“Le ragazze sanno che sabato non c’è una partita, c’è LA partita. Una gara che può raddrizzare una stagione, positiva per sette mesi e purtroppo scivolata dalle mani in meno di tre settimane. La differenza in campo la faranno la voglia di vincere, di sacrificarsi e superare le difficoltà. Ci stiamo preparando bene, come abbiamo sempre fatto anche per gli altri impegni, consapevoli della forza dell’avversario che andiamo ad affrontare.” Nazzarena Grilli non si nasconde e in sunto così si è espressa sul derby di coppa.

La partita è in pratica un revival della sfida dell’anno scorso, quando di questo periodo le due squadre si affrontarono sempre per la semifinale di coppa Italia. In quell’occasione si giocò sul campo amico delle rondinelle e il risultato fu impietoso: 5-0 per la ciurma di Milena Bertolini. Ovviamente i tifosi biancocelesti si augurano che la storia sia diversa questa volta. Mister Grilli non dovrebbe stravolgere nulla nello scacchiere orobico. Vista la sicura assenza di Rizza e Mason, il Mozzanica dovrebbe scendere in campo con le stesse undici di partenza di Roma. L’altra semifinale vedrà opporsi il Castelfranco, fresca vincitrice del proprio girone di B e quindi prossima partecipante al massimo campionato, e il Verona di Renato Longega. Le gare saranno giocate oggi alle ore 16.00. In caso di parità al termine dei novanta minuti si procederà direttamente all’esecuzione dei calci di rigore.

Probabili formazioni:
MOZZANICA (4-3-3): GRITTI; ZANOLETTI, SCHIAVI, LOCATELLI, BARTOLI; SCARPELLINI, STRACCHI, GALLI; IANNELLA, GIACINTI, GIUGLIANO. All. Nazzarena Grilli.

BRESCIA (3-4-1-2): MARCHITELLI; GAMA, D’ADDA, LINARI; BONANSEA, ROSUCCI, CERNOIA, WILLIAMS; GIRELLI; SABATINO, TARENZI. All. Milena Bertolini.

Arbitro: Massimo Lombardelli di Torino; Assistenti: Boggiani e Rainieri di Monza.

Olympique Lyone domina l’All-Stars della Women’s Champions League

Le 18 calciatrici inserite nella Squadra della Stagione della UEFA Women’s Champions League:

Portieri
Sarah Bouhaddi (Lyon)
Sandra Paños (Barcelona)

Difensori
Emma Berglund (Rosengård)
Wendie Renard (Lyon)
Amel Majri (Lyon)
Griedge M’bock Bathy (Lyon)
Nilla Fischer (Wolfsburg)
Pauline Bremer (Lyon)

Centrocampisti
Simone Laudehr (FFC Frankfurt)
Saki Kumagai (Lyon)
Camille Abily (Lyon)
Shirley Cruz Traña (Paris)
Louisa Necib (Lyon)
Lena Goessling (Wolfsburg)

Attaccanti
Dzsenifer Marozsán (FFC Frankfurt)
Eugénie Le Sommer (Lyon)
Ada Hegerberg (Lyon)
Cristiane (Paris)

Danone Nations Cup: il Bologna conquista l’ultimo pass per le finali

Il Bologna conquista l’ultimo pass per le finali nazionali della Danone Nations Cup, il più grande torneo di calcio under 12 al mondo con 2,5 milioni di partecipanti in oltre 40 paesi, che in Italia è riservato alla componente femminile sotto la regia del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC.

Nella fase interregionale disputata ieri pomeriggio presso l’impianto sportivo di via Mogadiscio a Reggio Emilia, a poche ore dalla Finale della UEFA Women’s Champions League andata in scena allo Stadio del Tricolore, dove tutte le partecipanti hanno potuto seguire la sfida tra Lione e Wolfsburg vinta dalle francesi ai rigori, il Bologna ha preceduto nell’ordine Imolese (qualificata insieme alle felsinee dalla fase regionale Emilia Romagna), Perugia e Fiorentina (ammesse invece di diritto).

Ora tutto è pronto per l’ultimo appuntamento del torneo in programma al Centro Tecnico Federale di Coverciano, l’11 e il 12 giugno; in campo As Roma, AGSM Verona, Genoa Cfc, Bologna fc, vincitrici rispettivamente delle fasi interregionali di Roma, Genova, Milano e appunto Reggio Emilia. La vincitrice della Fase Nazionale parteciperà a una manifestazione che porterà le vincitrici sino allo Stade de France di Parigi, in occasione della finale worldwide il prossimo autunno.

Il primo bilancio del torneo: in campo 36 squadre, con un coinvolgimento di circa 800 giovani calciatrici, 9 eventi preliminari, 5 eventi interregionali, 82 gare disputate, 368 reti realizzate.

Di seguito il riepilogo della Fase Interregionale Reggio Emilia.

Fase Interregionale REGGIO EMILIA, 26 Maggio 2016 – Fase a 4 squadre
Centro Sportivo AC Reggiana 1919 SpA di Via Mogadiscio. Orario da definire.

Ammesse direttamente: Fiorentina Women’S FC SSD ARL, AC Perugia Calcio Srl
Qualificate dalla Fase Regionale: Bologna e Imolese Femminile

RISULTATI
Fiorentina – Imolese         0-3
Bologna – Perugia         3-1
Imolese-Perugia         2-1
Bologna – Fiorentina         3-0
Fiorentina – Perugia         0-3
Imolese – Bologna         1-2

Classifica: Bologna punti 11, Imolese 8, Perugia 6, Fiorentina 0
Qualificata alla Fase Nazionale: Bologna

Cenni sull’impiantistica sportiva

Non avranno la storia del Camp Nou, il Bernabeu o il Meazza, non saranno stracolmi ogni domenica e non vanteranno migliaia di abbonati, tuttavia anche gli “stadi” che ospitano le partite del calcio dilettantistico femminile e maschile, raccolgono comunque la loro dose di pubblico e di interesse.
Ma cos’è tecnicamente uno stadio?
Pe rispondere si ricorre alla nozione di impianto sportivo che è l’ “insieme di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso, che hanno in comune i relativi spazi e servizi accessori, preposto allo svolgimento di manifestazioni sportive” (DM 6 giugno 2005).
Da questa definizione si evince che l’impianto sportivo non debba essere esclusivamente uno stadio o un’arena, ma comprenda anche altre strutture (edifici scolastici per esempio) adibite ad ospitare una manifestazione sportiva, anche in diverse attività/discipline.
Definizione a parte, la legge si occupa anche dei criteri per la concessione di un impianto sportivo che nella maggior parte dei casi appartiene ad un ente territoriale.
In ambito dilettantistico si può citare la Legge 289/2002 che all’art. 90 prevede che nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intende gestire direttamente gli impianti sportivi, può affidarne la gestione ad un terzo e in questo la legge prevede una preferenza per le società ed associazioni sportive dilettantistiche, il che è un’interessante precisazione, volta a previlegiare gli enti che già partecipano all’attività sportiva organizzato dall’ente pubblico CONI.
La concessione di gestione di un impianto sportivo, ottenuta rispettando i principi di trasparenza e concorrenza, è inquadrabile nella ‘concessione di pubblico servizio’, volta a realizzare un’attività economica esercitata per erogare prestazioni concernenti la soddisfazione di bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale.
Sui gestori gravano obblighi di sicurezza e di idoneità degli impianti secondo quanto previsto dalla legge in materia. Ma anche la normativa sportiva non va ignorata. In ambito dilettantistico infatti la Lega verifica le caratteristiche degli impianti sportivi ai fini dell’omologazione, in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento del Giuoco del Calcio e nelle decisioni ufficiali della FIGC.
Le caratteristiche proprie dei singoli impianti vengono poi suddivise a seconda che l’attività sia organizzata dal Dipartimento Interregionale (serie D e Campionato Nazionale Juniores), dai Comitati Regionali e dai Comitati Provinciali Autonomi di Trento e Bolzano, dal Dipartimento Calcio Femminile e dalla Divisione Calcio a Cinque.

Roberto Moroso è già carico in vista della prossima stagione

«Una stagione altalenante ma, proprio per questo, ricca di emozioni». Il presidente dell’Upc Tavagnacco, Roberto Moroso, traccia un primo bilancio al termine del campionato di serie A femminile, il quindicesimo consecutivo nella massima serie per la compagine friulana. «Abbiamo disputato delle ottime partite contro le ‘grandi’ del torneo, mentre abbiamo faticato più del dovuto contro le cosiddette ‘piccole’. Comunque sono contento per la stagione appena conclusa, e mi è piaciuto molto l’atteggiamento delle ragazze durante l’ultima partita: hanno saputo trovare grinta e determinazione fino alla fine».
A questo proposito il presidente ci ha tenuto a ringraziare tutte le sue calciatrici e i componenti dello staff tecnico, oltre, ovviamente, ai dirigenti della società. «Un grazie anche al nostro pubblico, che nell’ultimo match casalingo ha riempito lo stadio, emozionandomi».

La squadra ha chiuso al quinto posto in classifica con 41 punti. Un campionato cominciato con Sara Di Filippo in panchina, e terminato (per gli ultimi tre incontri) con Amedeo Cassia. Proprio il futuro del mister di Cervignano è ancora da decidere: «Mi prendo una settimana di pausa per poi ripartire e programmare la prossima stagione – assicura Moroso –. Parleremo con il mister e capiremo cosa fare. Ci stiamo già occupando della costruzione della nuova squadra, cercando di apportare i correttivi necessari». Nulla, quindi, è ancora stato deciso per il futuro della panchina gialloblu. Di certo, per ora, c’è il fatto che, anche nel prossimo campionato, a supportare l’Upc Tavagnacco, ci sarà lo sponsor Megavision, come conferma Moroso. «Abbiamo trovato in Domenico Bonanni, ad di Megavision, una persona non solo generosa, ma appassionata di calcio femminile. Una dimostrazione in più del fatto che chi si avvicina al calcio in rosa poi difficilmente se ne distacca».

Le vacanze, per le ragazze del Tavagnacco, sono già cominciate. Martedì c’è stato l’ultimo allenamento e la squadra si ritroverà ad agosto per iniziare la preparazione. Chi, invece, dovrà ancora scendere in campo è la Primavera, impegnata a metà giugno nella fase nazionale del torneo Under 19. «Quest’anno il vivaio ci ha dato grandi soddisfazioni – chiude Moroso – confermando la validità del nostro progetto e gettando le basi per un futuro florido della società».

Un calcio in rosa alla sordità La Nazionale femminile è made in Bg

Parte da Bergamo la prima avventura della Nazionale Italiana di Calcio Femminile Sordi per partecipare al campionato mondiale di calcio a 11 che si svolgerà tra un mese in Campania. Alla guida della rappresentativa c’è un bergamasco. Alessandro Recenti di Sarnico. E in campo ben 6 giocatrici della società Ussb (Unione sportiva sordi Bergamo): Michela Bottini, Beatrice Benna, Stella Di Perna, Michela Bianchini, Claudia Basciano e Valentina Cerri. La prima è la veterana della squadra, mentre le altre 5 sono all’esordio assoluto.

Sabato scorso ad Onore, allenamento molto intenso sotto la guida di Recenti, con il collaboratore tecnico Lorenzo Rivaroli e dil consigliere federale Giuseppe Pignataro. Domenica mattina, invece, amichevole presso a Clusone. dove la neonata Nazionale Fssi ha vinto 3-0 contro la Rappresentativa Val Seriana, la prima amichevole della sua giovane storia. «La società Ussb è molto orgogliosa perché i due gol sono state segnate da due sue atlete : Cerri e Bottini. Un grande bocca al lupo alla squadra azzurra che parteciperà al Campionato Mondiale dal 19 Giugno al 2 Luglio».

DA NON PERDERE...