“Il vero rammarico non è per la mancata elezione, ma per tutto quello che avremmo potuto realizzare insieme”, così esordisce Andrea Abodi, battuto da Carlo Tavecchio nelle ultime elezioni per la presidenza della FIGC.
Tre round, fino a quello decisivo, che con il 54,03% contro il 45,97% ha deciso di proseguire un progetto già intrapreso circa due anni fa, non lasciando, quindi, la strada vecchia per quella nuova, sostenuta fino alla fine e considerata dalle rappresentanti Aic per il calcio femminile la più giusta.
“Fa piacere sapere che tra i voti di fiducia ci siano stati anche quelli del calcio femminile, un movimento in cui credo e per cui si deve fare ancora molto. Se fossi stato eletto, prima di tutto avrei cercato di elaborare un piano di sviluppo, almeno quadriennale, affidato a un gruppo di lavoro di professionisti con tre obiettivi: aumentare il numero delle società femminili affiliate alle maschili, così come quello delle nuove tesserate, attraverso un importante progetto di promozione sul territorio a partire dai circuiti scolastici.
E ancora, avrei fornito supporti di marketing e comunicazione per dare consistenza di prodotto sia alla serie A che alla B, creando le condizioni per la nascita di una Lega Calcio Femminile. Terzo punto, avrei elaborato con il Coni un programma di medio periodo finalizzato alla prima qualificazione olimpica, coinvolgendo tutta la filiera delle nazionali azzurre. In tutto ciò, nell’ambito del piano di sviluppo, avrei costruito un budget finanziario di mandato, ben diverso da quello attuale, dedicato alla sfida relativa alla crescita, andando a cercare altre risorse per dare dignità al progetto”.
Proprio a margine degli esiti elettorali finali, tra le voci del calcio in rosa, quella di una delle rappresentanti Aic, Gioia Masia, convinta della necessità di un cambio di rotta:
“Tutti, in questi ultimi anni, vedono una crescita nel calcio femminile, ma io non la riscontro. A dimostrazione di questo ci sono i tornei con la Nazionale. E credetemi, non è una questione di forza o meno, ma di una politica che in Italia non fa crescere questo movimento. Carlo Tavecchio ha parlato di numeri, però sotto di essi non c’è un lavoro suo, ma quello di persone che amano il calcio giocato dalle donne e si prodigano per migliorare la situazione. Ci sono i soliti problemi, e quindi società che falliscono, giocatrici che abbandonano, la scelta fra calcio e lavoro”.
Un mondo, quello calcistico femminile, per gran parte schierato con Andrea Abodi, che continua:
“Forse le calciatrici mi hanno scelto perché hanno avuto più fiducia in quello che ho scritto e detto. O magari qualcuno le ha informate di quanto ho cercato di fare in questi due anni e mezzo del primo mandato Tavecchio. Disinteressatamente, o meglio, semplicemente interessato a dare un’altra dignità al contesto. Comunque, mi piace pensare che mi abbiano votato perché sicure che avrei affrontato i problemi del calcio femminile con competenza, ma soprattutto con convinzione e non per convenienza”.
E mentre Carlo Tavecchio proseguirà il suo percorso, magari una telefonata ad Andrea Abodi, tanto appassionato di calcio femminile, la farà, ricevendo questo consiglio:
“Se davvero mai mi dovesse contattare, gli dirò di non trattare il tema perché politicamente corretto, ma per il bene del calcio che ha bisogno anche in Italia dello sviluppo del movimento femminile e delle donne in generale. C’è il campo di gioco, ma la questione riguarda la presenza negli organi di rappresentanza, nei quadri dirigenziali e nelle strutture organizzative, così come la qualità dei nostri stadi e dei servizi che offrono, troppo spesso inospitali per la loro inadeguatezza, tanto più per le donne. La verità è che qualcuno pensava sarebbe bastato dimettere con sdegno Felice Belloli per dimostrare maturità e civiltà di contesto sul tema, ma in realtà ci voleva e ci vuole ancora ben altro. Senza ipocrisie, e chi conosce i fatti sa a cosa mi riferisco”.