Non viviamo in una monocultura sportiva, ma è evidente a tutti che il calcio sia non solo lo sport nazionale, ma anche uno straordinario fenomeno, con connotazioni economiche, sociali, sentimentali. Ma da qualche tempo, questo variegato mondo ha espresso nei confronti della sua versione femminile una sorta di rifiuto pregiudiziale, a volte volgare e discriminatorio in senso stretto. Non rifacciamo qui la storia di alcune uscite penose e offensive, perché ne proviamo vergogna per chi se n’è reso responsabile: resta la sostanza di un problema che le cifre confermano essere enorme. Al punto da diventare malessere e porre l’Italia al di fuori dei flussi sportivi internazionali.
NUMERI — Parliamo naturalmente dell’impietosa cifra che vedete nell’infografica qui in pagina: oltre un milione e 77 mila tesserati uomini del calcio, contro poco più di 22 mila donne. Incredibile. Questo vero e proprio sottosviluppo si perpetua nel nostro Paese nel momento in cui nel mondo ha luogo la rivoluzione sportiva più prorompente da un secolo a questa parte, proprio legato alla pratica femminile del calcio, che sta esplodendo in ogni continente a ritmi e incrementi straordinari. Non ci sono soltanto gli Stati Uniti, dove le calciatrici, partendo da un numero zero negli anni 70, hanno già quasi raggiunto i due maggiori sport di squadra, basket e pallavolo. C’è la Germania, ci sono i Paesi Scandinavi, l’Inghilterra, il Giappone l’America Latina, ora anche la Francia e la Spagna. I grafici del numero delle praticanti s’impenna dovunque. Tranne che in Italia. Siamo un caso.
NUMERI — Parliamo naturalmente dell’impietosa cifra che vedete nell’infografica qui in pagina: oltre un milione e 77 mila tesserati uomini del calcio, contro poco più di 22 mila donne. Incredibile. Questo vero e proprio sottosviluppo si perpetua nel nostro Paese nel momento in cui nel mondo ha luogo la rivoluzione sportiva più prorompente da un secolo a questa parte, proprio legato alla pratica femminile del calcio, che sta esplodendo in ogni continente a ritmi e incrementi straordinari. Non ci sono soltanto gli Stati Uniti, dove le calciatrici, partendo da un numero zero negli anni 70, hanno già quasi raggiunto i due maggiori sport di squadra, basket e pallavolo. C’è la Germania, ci sono i Paesi Scandinavi, l’Inghilterra, il Giappone l’America Latina, ora anche la Francia e la Spagna. I grafici del numero delle praticanti s’impenna dovunque. Tranne che in Italia. Siamo un caso.
COSTUMI — I motivi sono chiaramente riferibili alla nostra arretratezza nel costume: un’idea distorta di femminilità è diventata una vera e propria prigione per le bambine che vengono indotte a trascurare gli sport di contatto a favore di altri ritenuti «più consoni al loro sesso», e usiamo di proposito un linguaggio ottocentesco. Da questo nascono pregiudizi, luoghi comuni, vere e proprie discriminazioni. Un terreno di sicuro interesse per le attenzioni della Fondazione Candido Cannavò per lo Sport, che è quasi nata con le donne e l’agonismo, nel segno di Candido e delle sue prime pagine della rosea riservate all’altra metà del cielo. Nel 2011, infatti, la Fondazione varò la prima mostra sullo sport femminile italiano dalle origini a oggi, che ha girato l’Italia raccogliendo e diffondendo il messaggio del nostro ispiratore.
MESSAGGIO — Discutendo di questi temi con la Federcalcio, abbiamo trovato un’immediata eco di sensibilità e interesse prima da parte del direttore generale Michele Uva e poi del presidente Carlo Tavecchio, con i quali abbiamo rapidamente trovato un punto d’incontro. Una mobilitazione al fine di rimuovere un’anomalia. Figc, Gazzetta e Fondazione insieme a favore del calcio femminile in Italia e soprattutto contro ogni pregiudizio di genere. L’idea è stata quella di diffondere il messaggio con una campagna di comunicazione che ha qualche punto di contatto con quelle di Pubblicità e Progresso.
AUTORI — Concordata e decisa la natura dell’intervento, ci siamo rivolti a due collaudati grafici/ creativi, Piero Bagolini e Silvano Cattaneo, perché ideassero slogan e immagini a sostegno. Di solito, in una campagna, si selezionano uno o due messaggi di più forte impatto nell’ambito di quelli proposti: ma tutti quelli suggeriti ci sono sembrati di tale forza evocativa da indurci a programmare una campagna multispot, alla quale, rispetto alla formulazione iniziale, abbiamo apportato pochissime variazioni. Sottoposta a chi di dovere – la Direzione della Gazzetta, il suo Marketing, la Federcalcio nelle varie declinazioni – la campagna, annunciata inizialmente durante il Candido Day del marzo scorso, è stata approvata dopo gli Europei anche dalla Figc, che l’ha sostenuta convintamente, e ha trovato sistemazione definitiva (scelta delle modelle, taratura dei messaggi, tempistica di uscita) nelle scorse settimane. Tra poco la vedrete dappertutto sul pianeta Gazzetta. Ringraziamo i tanti che hanno collaborato, da chi ha curato la definitiva sistemazione grafica (Marina Pica di Lazurite), al fotografo Enrico Lunardi, a chi ha gestito il casting, alle modelle che hanno interpretato la realtà come non è, ma come vorremmo fosse.
IN USCITA — Adesso è pronta per apparire sulle pagine della Gazzetta e di SportWeek, e sui social del mondo rosa, e su tutti gli altri mezzi che ce la chiederanno. E ques ta è un’altra novità importante: la campagna è a disposizione gratuitamente dei media. E speriamo che tanti vogliano adottarla. Non ne vantiamo proprietà intellettuale, coltiviamo solo il des ider io di contribuire a porre fine a un’intollerabile e anomala discriminazione di genere. Come diceva Candido, a proposito delle attività nel sociale, e in campo sportivo, in riferimento allo sport femminile, «certi recinti ce li costruiamo noi». Abbiamo provato a uscirne, invitandovi a farlo attraverso questi messaggi. Il calcio è sport universale, ma in Italia l’universo è monco: proviamo a dargli una dimensione più integrata, affinché il calcio sia davvero totale, cioè di tutti e per tutti.