Il calcio femminile è in crescita in Italia, gradualmente i tifosi stanno iniziando ad apprezzare le gesta delle giocatrici che in campo danno il meglio di se per portar lustro sia al proprio club di appartenenza che alla maglia azzurra (in ambito Nazionale).
Nonostante ciò è frequente leggere di squadre che per i motivi più disparati (economici e mancati accordi con le società d’appartenenza per citarne solo due) non riescono ad iscriversi al campionato della divisione di cui fanno parte.
In genere a farne le spese maggiori sono le serie cadette, che a differenza della serie A ormai professionistica, ancora faticano a farsi notare dagli investitori. Eppure i loro campionati sono ricchi di giovani talenti e di squadre che non aspettano altro che un’occasione per farsi notare.
In questo ambito, vorrei oggi prendere in esame il caso del Cosenza femminile perché nella sua vicenda si intrecciano diverse tematiche. In primis c’è la difficoltà della squadra nel trovare qualcuno che, di fatto, investa in maniera seria sul progetto, che creda nelle potenzialità delle calciatrici e dello staff. In secundis, c’è anche la scarsa considerazione dimostrata dalla società verso il calcio femminile considerato più come un fastidio che come una risorsa.
La vicenda ha scosso l’opinione pubblica dapprima a livello locale e poi a livello nazionale perché quanto accaduto rende quanto di buono fatto sino a quel momento vano: a nulla è servito l’impegno di tutti gli addetti ai lavori, l’entusiasmo dei tifosi che diventavano sempre più numerosi e affezionati alle gesta della squadra.
A parlare dell’argomento anche “La Repubblica” che dopo aver esposto i fatti ha intervistato la delegata del CONI in Calabria Francesca Stancati che (e cito testualmente) parla di “un ritorno al 1945” e la coach della squadra Luisa Orlando.
Anche noi di Calcio Femminile Italiano abbiamo raggiunto Luisa Orlando per un’intervista in esclusiva con l’intento di dare voce alla questione come giornale che si occupa di calcio al femminile ad ogni livello.
Nonostante i passi avanti del movimento calcistico femminile, è purtroppo ancora frequente venire a conoscenza di realtà che per diversi motivi non riescono a partecipare ai campionati di competenza. Come si potrebbe ovviare, secondo il tuo parere, a questa situazione?
“Non si può ovviare, bisogna solo che gli addetti ai lavori capiscano che non siamo solo una spesa ma una risorsa, un’opportunità di crescita e (mediante un progetto serio) anche una fonte di guadagno”. 
Vorrei fare, adesso, un passo indietro e tornare alla vittoria in campionato del Cosenza femminile ottenuto meritatamente giornata dopo giornata. In quel momento il futuro delle lupe pareva molto più che roseo. Finiti i festeggiamenti, però, qualcosa si è rotto e la squadra non è stata iscritta al campionato di serie C. A cosa imputi questa scelta improvvisa?
In realtà noi non sappiamo quali sono i reali motivi di questa scelta, perché ancora nessuno ci ha dato un’informazione in tal senso. Sappiamo che ci era stato chiesto lo scorso anno di fare un passo indietro per poi farne due avanti, di guadagnarci la promozione sul campo: così abbiamo fatto”. 
Questa decisione porta immediatamente indietro di anni un movimento che faticosamente cerca, ad ogni livello, di emergere. Perché questo trattamento da persone che nei giorni dei festeggiamenti parevano ben felici di far parte del progetto?
“Effettivamente un po’ indietro ci porta. Nessuno contesta il fatto che un imprenditore possa decidere come e dove spendere i suoi soldi, ma quello che si imputa a questa decisione e a chi l’ha presa sono le modalità è la mancanza di rispetto.
Non averlo detto alle ragazze tesserate, non averle preparate e non aver dato loro le possibilità di trovare altre soluzioni prima del 15 luglio. Questo é stato un grandissimo passo indietro verso la considerazione proprio delle atlete come persone”. 
A fare le spese di questa decisione sono le atlete, ma anche lo staff e i tifosi. Come si ha intenzione di procedere a questo punto avendo a favore anche l’opinione pubblica? 
“Come ho detto prima questa per le atlete é stato un boccone amaro da digerire, perché avevano già impostato i loro programmi in modalità Serie C e con queste Società.
Ora bruscamente qualcuno non ha permesso loro di sognare e di potersi mettere in gioco; devono ripartire, devono farsi forza e decidere di fare crescere il calcio femminile calabrese nonostante quello che é successo.
Il calcio femminile calabrese ha una grande tradizione: magari non ha avuto club blasonati negli ultimi 30 anni, ma ha visto crescere atlete e staff che hanno portato avanti il nome della Calabria”.
Cosenza, solo qualche mese fa, ha ospitato nello stadio Marulla la Nazionale di Andrea Soncin, offrendo un bello spettacolo di calcio a tutti i tifosi accorsi.
Quanto questa scelta della dirigenze del Cosenza femminile può essere può nuocere anche alla città? 
“Si é vero con la Nazionale e con la partita contro i Paesi Bassi, la città di Cosenza ha iniziato a capire che cosa è il calcio femminile di élite e che cosa significa, anche solo per un giorno, essere una città internazionale.
Tralasciando le solite polemiche sterili di maschilisti che ci (e vi) vogliono ancora in cucina, é stato un momento bellissimo in città: c’erano tanti bambini che si sono divertiti tantissimo, hanno tifato, hanno cantato l’inno tutti con la stessa fierezza.
Finalmente quel giorno ho visto tifare per una partita di Calcio della Nazionale, non per una partita di calcio maschile o femminile”. 
Ti chiedo, ad ultimo, di lasciare un messaggio ai nostri lettori
“Grazie a tutti per il sostegno ed il coraggio dimostrato in questa occasione. Ringrazio chi ci sta aiutando in questa nostra missione: quella di chiedere rispetto in quanto atlete, donne e persone dello sport.
Voglio lasciare, infine, un messaggio alle mie ragazze e a tutte le ragazze che amano giocare a calcio: nonostante le brutture che incontrerete sul vostro cammino, gli stereotipi da superare, le ingiustizie che vi circonderanno, andate avanti sempre a testa alta senza indietreggiare di un passo.
Siate fastidiose sempre con il sorriso e sappiate che avete diritto a tutto. Nessuno vi può dire cosa fare e cosa non fare: il mondo é vostro, quello sportivo ancora di più.
Siamo il futuro e ce lo andremo a prendere!”
Federica Pistis
Sono nata in provincia di Cagliari il 29/08/1992. Mi sono laureata in scienze dell'educazione e della formazione primaria e ora frequento la magistrale di pedagogia presso l'Unimarconi di Roma. La mia passione per il calcio è nata quando ho iniziato a seguire questo sport perchè mio fratello è un grande tifoso del Milan e io cercavo un punto d'incontro con lui. Ho iniziato a guardare le partite, e a comprenderne i meccanismi poi è arrivato quello femminile che mi ha conquistata al punto da sentire un po' mie anche le loro imprese.