C’era una volta il pastore bretone che, mentre guidava il gregge su e giù per i pascoli della Francia nord-occidentale, si dilettava col proprio bastone ricurvo chiamato hoquet a colpire i ciottoli che incontrava lungo il cammino. Le prime testimonianze di forme di giochi sul ghiaccio provengono da dipinti di origine olandese e fiamminga realizzati nel XVI secolo. A fondare le basi dell’hockey saranno proprio gli europei emigrati in America del Nord, in particolare nel Québec, in Canada, dove si svolgerà la prima partita ufficiale di questo sport.
C’è una storia di emigrazione anche nel passato familiare della protagonista odierna della nostra rubrica: i suoi genitori, di origine albanese-kosovara, poco più di 30 anni fa emigrarono in Svezia per sfuggire alle violenze di un’imminente guerra che avrebbe martoriato per un decennio l’Europa balcanica, dove ancora oggi spicca il volo, in aria di leggenda, la celebre aquila bicefala, un’aquila a due teste rivolte in direzioni opposte che, apparsa per la prima volta in Mesopotamia ai tempi dei Sumeri, simboleggia l’unione di due imperi. Nel suo caso rappresenta l’unione delle sue “due” origini, quella balcanica e quella svedese, per questo la porta tatuata sulla caviglia nel nome della lotta contro ogni forma di razzismo. Il nostro racconto inizia nella cittadina svedese di Kristianstad dove è nata e cresciuta Kosovare Asllani, per spostarsi poi in Italia dove “Kosse”, questo il suo soprannome, veste attualmente la maglia numero 9 del Milan.
Rapinatrice d’area e all’occorrenza assist-woman a seconda dello schieramento sul terreno di gioco e dello svolgimento dell’azione, Asllani è una calciatrice dal fisico snello ma dotata di grande forza fisica che sfrutta a dovere, a perfetta copertura del ruolo offensivo di attaccante, seconda punta o trequartista, nel proteggere la sfera quando in suo possesso e nel contendere le palle alte per tentare una sponda di testa oppure un colpo a rete.
Dotata di un dribbling elegante e allo stesso tempo efficace, sfida le avversarie nell’uno contro uno sia nella metà campo nel corso di un contropiede, sia nei pressi dell’area di rigore durante la fase conclusiva di un’azione. Mette in luce tutta la sua finezza nella preparazione al tiro e, al momento di finalizzare, risulta concreta e precisa: una dote, quella della precisione, che emerge anche quando calcia dalla distanza o trasforma i calci di rigore, piazzandoli nell’angolino basso, principalmente a destra, senza eccedere in potenza, con tiri tanto angolati da accarezzare il palo e risultare quasi imprendibili per i portieri. Il suo piede preferito è il destro, ma usa sapientemente anche il sinistro nel controllo della palla, nella sua conduzione e, talvolta, per concludere verso la porta come nel caso della seconda rete messa a segno nel match casalingo contro la Juventus.
L’infanzia trascorsa sui pattini, a giocare con mazza e disco sui campi ghiacciati da hockey, ha predisposto il suo fisico a quelle caratteristiche di equilibrio, agilità e potenza che la rendono un pericolo costante per le difese avversarie, una rivale difficile da marcare e da raggiungere quando prende campo in velocità col pallone tra i piedi o alla ricerca di esso: a livello atletico, infatti, si dimostra rapida nella corsa e capace di movimenti ed accelerazioni improvvise, sia con che senza palla, che minano l’organizzazione difensiva avversaria disorientandone le interpreti.
Partecipa alla fase difensiva abbassando la propria posizione centralmente o lungo le corsie laterali per alimentare le possibilità di recupero palla e chiudere gli spazi ad eventuali tiri e soluzioni avversarie. Scende lateralmente anche per proporsi in ricezione della palla sulle rimesse laterali a favore. In fase di transizione attiva lascia spazio alle incursioni delle esterne di centrocampo dirette verso l’area di rigore, rimanendo all’esterno e, in taluni casi, servendole sulla corsa. Infine, effettua correttamente azioni di disturbo esercitando un buon pressing sulla portatrice di palla avversaria ostacolandone la giocata.
C’era una volta una bambina che veniva trascurata e lasciata indietro dai maschietti quando si trattava di giocare a calcio. In un campetto senza porte, rimediato tra sentieri ed alberi nel verde del Tivoliparken di Kristianstad, con i maglioni buttati a terra a delineare l’idea dei pali, prese possesso del pallone e cominciò a sfidare gli altri ragazzini. Quella bambina, nel tempo, è diventata grande in campo e fuori ed oggi siamo qui a raccontare la sua storia. Per noi ha vinto due argenti olimpici con la nazionale svedese. Per lei, che ha un carattere forte e un’ambizione smisurata, ha perso due ori. La differenza tra una calciatrice ed una fuori classe, tra chi il calcio lo vive e chi il calcio lo è, è tutta qui. Un detto popolare svedese recita: “Giustificare un errore significa sbagliare di nuovo”. Per Kosovare Asllani, giustificare una sconfitta, significa perdere di nuovo…
Tornerai al Tivoliparken, Kosse, non è così? Ci sarà una bambina, magari straniera, esclusa dal gioco perchè bambina e perché straniera, la prenderai per mano e la accompagnerai in mezzo a quello stesso campetto dove, rispetto a 20 anni fa, saranno cambiati solo i maglioni a terra. Al tuo “Stay strong”, inizierà a giocare dominando campo e avversari per poi diventare, da grande, un punto di riferimento nella propria nazionale, perché i tuoi valori e la tua esperienza saranno da esempio per le nuove generazioni e potranno dare inizio alla favola di un’altra futura campionessa in campo e nella vita.