Il risultato sportivo rende grande l’atleta, ma sono certi valori come la modestia e l’umiltà a rendere grandi le persone. Modestia, umiltà e grandezza rimandano ad un nostalgico aneddoto del 1949, più precisamente al tardo pomeriggio del 4 maggio, quando l’aereo su cui viaggiavano i campionissimi del Grande Torino, di ritorno da Lisbona, si schiantò contro la Basilica di Superga portando in cielo 31 anime. Toccò a Vittorio Pozzo prepararsi mentalmente e procedere allo straziante riconoscimento dei corpi: tra i poveri resti del numero uno granata Valerio Bacigalupo venne rinvenuto, in un taschino del portafoglio, la foto del proprio rivale sportivo pari ruolo e di sponda bianconera. Nonostante l’incommensurabile talento tra i pali di Bacigalupo, spettava al rivale Sentimenti IV il posto da titolare in Nazionale a fronte di una maggiore esperienza maturata sul campo. Questa umiltà rendeva grande l’uomo Valerio ancor prima del portierone “Baciga”.
Il talento che metti in luce quando giochi, la grinta con cui affronti le avversarie, la forza fisica con cui ti imponi su di esse e poi calci verso la porta, la tecnica e la visione di gioco con cui servi le tue compagne, fanno di te, Beccari, l’attaccante ideale.
Il sorriso con cui scendi in campo, l’umiltà con cui ti esprimi ai microfoni, la modestia con cui attribuisci i tuoi risultati personali al lavoro di tutte le tue compagne fanno di te, Chiara, la campionessa a cui tutte le nuove leve guarderanno, ispirandosi sempre a quell’attaccante della squadra di Como…
Hall of Talent: Chiara Beccari… Quel ramo del lago di Como, quel sorriso sul viso di Chiara…
La fotografia “scattata” dal Manzoni nell’incipit dei suoi promessi sposi serve solo a fare da sfondo a una narrazione che avrebbe potuto anche farne a meno nel raccontare le tormentate vicende degli umili, così socialmente categorizzati dallo scrittore, Renzo e Lucia. L’immagine di Chiara in divisa e scarpini in mezzo a un campo da calcio presenta, invece, un elemento imprescindibile nella costruzione della figura della vera campionessa.
Il presente e il futuro del calcio femminile italiano passano dai piedi e dal sorriso delle giovani promesse. C’è un sorriso che appare sul viso di qualunque attaccante che vede la rete gonfiarsi, ma in Chiara Beccari, attaccante del Como Women in prestito dalla Juventus, nata a San Marino nel 2004, il piccolo cenno di un sorriso appare quando semplicemente gioca, indipendentemente dal gol. Si tratta di un sorriso non di circostanza, naturale, che trasmette serenità al gruppo e a chi la osserva, ma che non cela quella grinta e quella forza fisica che mette sul terreno di gioco ogni domenica e che l’hanno portata a realizzare, nel match casalingo di Coppa Italia disputato contro la Roma, la rete del momentaneo 1-0 con la caviglia dolorante a causa di una frattura scoperta solo l’indomani.
Prestante fisicamente, usa la propria forza nei contrasti e non si lascia sbilanciare dagli attacchi delle avversarie quando porta palla, conducendola brillantemente e con tecnica fino al termine delle azioni dove conclude con tiri potenti e mirati verso lo specchio della porta o fornisce assist alle compagne del reparto offensivo.
La prima caratteristica che emerge dalle sue parole, così come agli occhi di chi la segue, è l’umiltà . Chiara è l’umile attaccante che gioca per la squadra: dotata di visione di gioco e di comprensione tattica, è capace di carpire i movimenti delle centrocampiste e di servirle con calibrati palloni filtranti, facendo fruttare al meglio i loro scatti in avanti e gli inserimenti tra le linee. Inoltre, è sempre attenta a cambiare la propria attitudine mentale da offensiva a difensiva e disponibile a scattare indietro per ricucire lo spazio creatosi tra difesa e centrocampo o tra centrocampo o per fermare la portatrice di palla avversaria in fase di transizione negativa.
Nei calci di punizione e sui calci d’angolo a favore prende posizione nei pressi dell’area piccola dove non esita ad affrontare duelli aerei per rendersi pericolosa di testa ed impensierire il portiere avversario. Anche nelle palle inattive contro si rende utile, posizionandosi all’interno della propria area all’altezza del primo palo, pronta ad intercettare i palloni bassi o a colpire di testa quelli alti per far partire il contropiede.
Con l’esperienza ha imparato a dare importanza all’aspetto mentale nella preparazione di una partita, un po’ come Vittorio Pozzo, il più vincente Commissario Tecnico italiano, guida della nazionale azzurra nel doppio trionfo ai campionati del mondo disputati negli anni ’30, prima della sua partita più dura, una partita che non metteva in palio alcun trofeo.Â