Nei giorni scorsi Sandy Iannella è stata intervistata dalla testata toscana Labrosport. L’ex calciatrice, dopo aver salutato il calcio giocato, aveva recentemente annunciato il suo addio dal Pontedera, club del quale ha guidato la Primavera maschile nell’ultima stagione. Questo un estratto delle parole rilasciate a Labrosport della livornese classe ’87 che parte proprio dalla separazione con il Pontedera:
“Ho pensato molto a questa decisione prima di renderla pubblica, purtroppo in questo momento non ci sono più le condizioni per proseguire insieme e credo che la separazione farà bene sia a me che alla società stessa. Che succede ora? È ancora presto per dirlo, ci sono alcuni progetti che mi interessano e che potrebbero vedermi protagonista a breve”.
Iannella poi a riguardo continua: “Qui ho capito che avrei potuto realmente pensare di fare l’allenatore nonostante le remore iniziali. L’incontro con Renzo Ulivieri, al tempo responsabile tecnico del Pontedera femminile, è stato determinante per la mia crescita così come lo è stata la proposta di Emiliano Branca, un’occasione che ho colto con entusiasmo e che mi ha portato ad allargare i miei orizzonti partendo dal basso. La Sandy di oggi è una persona più matura e preparata rispetto ad un anno fa, un upgrade di cui vado molto fiera e che, spero, potrà portarmi verso traguardi più ambiziosi”.
Sul calcio femminile di oggi poi aggiunge: “Da giocatrice mi sarebbe piaciuto vivere il calcio femminile al giorno d’oggi, una conquista per la quale abbiamo lottato per anni e che finalmente oggi è realtà. Sono soddisfatta della mia carriera ma fare la calciatrice professionista nel 2024 è cosa ben diversa rispetto a vent’anni fa”.
Sulle cose da migliorare, poi, Iannella non ha dubbi: “Personalmente ho avuto la riprova di come il calcio maschile, specialmente in Italia, sia inavvicinabile per noi donne. In Inghilterra, in Francia ed in Spagna le cose sono ben diverse, conosco ragazze che giocano nella Women’s Super League e nessuna di loro mi ha mai parlato male dell’ambiente che frequentano: stadi sempre pieni, un nutrito seguito ed un business che funziona a meraviglia, questa è la differenza tra chi pensa il calcio come uno sport e chi ne fa una questione di genere”.