Il calcio femminile, che come movimento sta crescendo di giorno in giorno, ci regala assieme alle gesta sportive delle atlete anche le loro storie di vita. Vissuti diversi, accomunati però dalla voglia e dal bisogno di esprimersi non solo a parole, ma anche sul rettangolo verde con un pallone tra i piedi.
Le loro storie di vita sono, a diversi livelli, di ispirazione per chi ne viene a conoscenza: per le bambine che sono mosse dalla voglia di avvicinarsi a questo sport, ma anche per i tifosi che seguono dagli spalti e si emozionano con i traguardi raggiunti dalle loro beniamine.
La passione, la necessità di perseguire un obiettivo, di poter semplicemente vivere la propria vita senza avere paura, è il filo rosso della vita di Nadia Nadim.
Nadia è nata ad Herat, in Afghanistan: in quell’ Afghanistan che ha subìto e subisce ancora il terrorismo e una guerra civile che pare non finire mai.
Sin da piccola ha mostrato di essere attratta dallo sport, e più nello specifico dal calcio. Suo padre, resosi conto, le ha regalato il suo primo pallone con cui lei giocava nel cortile di casa protetta dagli sguardi di chi giudicava il calcio un pericoloso mezzo di colonizzazione occidentale.
I primi anni della sua vita sono trascorsi così, tra le piccole gioie di un’infanzia che le è stata strappata senza preavviso nel 1998. Suo padre, militare per l’esercito afghano, è stato arrestato e poi giustiziato dai talebani.
Con un dolore così grande nel cuore, assieme a sua madre e alle sue sorelle Nadia ha lasciato il suo paese, e da qui la sua storia si allinea a quella di tanti profughi con la necessità di ricominciare assieme e di non vivere nella paura.
Attraversato il confine, sono giunte in Pakistan e poi hanno preso quell’aereo verso l’Italia che rappresentava la loro libertà. Da lì lo scopo era toccare il suolo londinese ma il camion in cui era nascosta si è fermato in Danimarca.
Qui, nel campo profughi in cui ha trovato rifugio ha ripreso a giocare a pallone, stavolta però senza la paura di venir punita e quella che nella sua terra d’origine pareva solo lo svago di una bambina diventa amore.
Calcio dopo calcio, gol dopo gol è stata notata dagli addetti ai lavori e a 16 anni è stata chiamata a vestire prima la maglia dell’Alboorg e poi del Viborg.
Anni dopo il suo talento è giunto all’attenzione del Fortuna Hjorring, squadra con cui ha avuto modo di farsi notare anche a livello internazionale. Nel 2014 ha, infatti, partecipato alla sua prima Champions League esordendo con una doppietta al Glasgow, quella partita è stata vinta dalla sua squadra.
Dalla Danimarca è stata chiamata a giocare negli States: prima tra le ragazze dello Sky Blue, poi per il Portland Thorns (2016-2018). Nelle due stagioni al Portland si è imposta come capocannoniere della squadra vincendo anche il Campionato nella stagione 2016-2017.
Le sue gesta hanno attirato anche lo sguardo delle grandi squadre europee. Nadia dopo che il Manchester City ha fatto carte false per averla in squadra, ha scelto proprio la società inglese per il proseguo della sua carriera. In Inghilterra, però, non è mai nato il feeling con la società (nonostante le buone prestazioni) e, un anno solo dopo la firma del contratto, ha scelto di rescinderlo.
Durante la sua permanenza al PSG, nei due anni in cui ha militato nella squadra francese, ha messo a segno 18 gol in 27 presenze. Nel primo anno ha vinto il campionato, nel secondo è diventata anche Capitano della squadra.
Dopodiché ha militato al Racing Louisville.
Il 27 gennaio 2024, poi, con un comunicato stampa che le dà il benvenuto, il Milan ha fatto sapere che Nadia ha scelto l’Italia per continuare la sua carriera. L’atleta, che ha scelto di vestire la maglia numero 8, ha firmato fino a fine stagione con la sponda rossonera di Milano.
Nadia Nadim è però anche volto simbolo della Nazionale danese. Compiuti 18 anni ha chiesto e ottenuto la cittadinanza, diventando convocabile. Gli addetti ai lavori, consapevoli del suo talento, nonostante qualche iniziale problema con la FIFA, la hanno convocata. In quasi cento gare ha segnato 40 gol circa.
Oltre il calcio, però, c’è un altro grande obiettivo, la laurea in medicina perché, come lei stessa ha detto più volte, smessi gli scarpini indosserà il camice da chirurgo.
Libri e conoscenza sono sempre andati pari passo per l’atleta che parla ben otto lingue e che, determinata e chiara nei propri obiettivi di vita, è stata inserita tra le personalità più influenti al mondo da Forbes.
La sua scelta di mettere la propria visibilità al servizio delle donne e delle ragazze di tutto il mondo le è valso, nel 2019, il titolo di “Campionessa UNESCO per l’istruzione delle ragazze e delle donne”.
A fianco dell’UNESCO lavora per garantire il diritto delle ragazze di potersi esprimere attraverso lo sport, in tutti i suoi livelli.