Ludovica Mantovani, figlia del presidente storico della Sampdoria, ad oggi Presidente della divisione Calcio femminile per la Figc, ed anche Presidente della “Fondazione Ravano”, famosa e storica per il suo Torneo denominato “Coppa Paolo Mantovani”, che opera nelle Fondazioni di partecipazione del Terzo Settore.
La Fondazione, ideata dal padre, non ha scopo di lucro e in particolare sviluppa e favorisce i valori dello sport, promovendo con particolare riferimento a quello giovanile e non agonistico nello spirito dell’integrazione, della tolleranza e del rispetto mediante il coinvolgimento, delle organizzazioni, della scuola e delle famiglie.
Con l’ingresso ufficiale da parte dei blu-cerchiati alla divisione del Calcio femminile italiano, dal prossimo anno, la Sampdoria aggiunge una sfumatura rosa a quella che molti, e non soltanto tra i suoi tifosi, considerano la maglia più bella del mondo. Ed è pronta a iniziare l’avventura nel campionato di Eccellenza Femminile.
Sono passati ormai 34 anni, da quando il grande “Paolo” ebbe la visione che il calcio, un giorno, avrebbe aperto le porte anche “alle donne”. La figlia Ludovica continua a portare avanti questa grande eredità: trasmettere la magia del torneo fuori dal Palasport e costruire un calcio senza distinzioni di sesso.
In una lunga intervista rilasciata alla Repubblica, la stessa dichiara:
“Sicuramente un momento importante. Lo scorso anno ho premiato il Genoa dopo la promozione in C. Adesso mi piacerebbe assistere alla prima della Sampdoria. Ho avuto la fortuna al Ravano di poter vedere, dal 1987, pari diritti e pari opportunità. Mio padre, lo ricordo ancora con orgoglio, ha dato la possibilità a tutte le bambine delle elementari di potersi divertire. All’inizio il torneo era previsto solo per i maschietti, ma ha cominciato a cambiare e non si è più fermato. L’idea di base non cambia: sport per tutti”.
Alla domanda se avesse visto dei cambiamenti, sia in chiave Genoana che Sampdoriana, nel calcio femminile di quest’ ultima stagione, ha confessato:
“Sembra che calcio femminile sta cambiando anche a sotto la Lanterna. E ne sono orgogliosa. Le radici sono forti e chiare. Il primo campionato Figc è stato vinto a Genova. In Italia dal 2015 si è introdotta l’obbligatorietà a livello di U12 per i club professionistici. È stato un primo tassello per strutturare tutto un mondo, con la possibilità di acquisire anche il titolo sportivo di squadre dilettantistiche femminili. Prossimi obiettivi il professionismo sostenibile, raddoppiare le bambine tesserate entro il 2025, lavorare sulle infrastrutture. Sviluppare il ‘mondo rosa’ comporta una grande responsabilità e trovo corretto chi ha scelto di osservare da fuori e crescere gradualmente costruendo un ambiente idoneo e protetto”.
Ma qual’ è la cosa che più appresi di questo mondo ?
“Vivo dall’età di diciassette anni dieci giorni all’anno tra le bambine, condivido le emozioni ed ascolto le loro richieste. Ancora adesso mi chiamano, ringraziano, e si raccontano.
Percepisco la loro felicità e passione. Visto che abbiamo la conferma che piace, questa disciplina deve poter essere una scelta di gioco dalle scuole elementari. Quanto dura poi questo innamoramento conta relativamente, l’importante che possa svolgere sempre questa funzione sociale su tutto il territorio italiano perché far praticare calcio è alla portata delle nostre famiglie”.
Come vivi ogni giorno nel ruolo di “ Presidente Divisione Calcio Femminile”?
“Tra tutti i fratelli ero sicuramente la più lontana a ritrovarmi un giorno in Federazione, non ho mai pensato a questa opportunità prima che mi contattassero, richiedendo il mio curriculum, ma è successo. Adesso lavoriamo per un calcio senza aggettivi. Mi ripeto, uno sport per tutti”.