Quando si parla di sport, la maglia azzurra è un sogno che tutte le bambine e i bambini custodiscono e coltivano fin da piccoli. Quando poi arriva, l’esordio, è un’emozione travolgente. Se, dopo l’esordio, continui a distinguerti nel tuo ruolo in campionato e nelle varie competizioni, la fiducia di allenatrici e allenatori viene nuovamente riposta in te per anni e anni, e diventa quasi un’abitudine, una certezza, qualcosa che ti rappresenta e che fa parte del tuo essere. La maglia della nazionale è anche un altro motivo di orgoglio: sei tra quei migliori e meritevoli che, dando tutto, hanno fatto quel qualcosa in più.
Non è automatico indossare la maglia azzurra, neanche se dai tutta te stessa, neanche se l’hai vestita con orgoglio, sudore e lacrime per anni, neanche se, grazie a te e qualche tua altra compagna, il calcio femminile italiano è diventato di dominio pubblico ed è entrato nelle case degli italiani in modo più continuativo durante il Campionato del Mondo del 2019. e i sostenitori hanno continuato a fare il tifo nel 2023. Neanche se ti chiami Cristiana Girelli, sei il numero 10 della Juventus Women, capolista in Serie A, se giochi tutte le partite traghettando le tue compagne e comandi la classifica delle marcatrici insieme a calciatrici molto più giovani di te.
Cristiana Girelli sa bene cosa vuol dire “maglia azzurra”: per fare di nuovo un salto al Mondiale del 2019, un sogno sfumato ai quarti contro i Paesi Bassi, proprio lei è stata inquadrata, a match terminato, con la testa tra le mani per nascondere le lacrime della sconfitta. Proprio lei, che contro la Giamaica aveva realizzato una tripletta (al Mondiale, non all’oratorio), che ha deciso la partita contro l’Argentina nel Mondiale del 2023 nell’unica vittoria di quel cammino, per certi versi, valutabile come una disfatta; eppure, lei ha portato a casa i tre punti per le Azzurre. Sempre Cristiana Girelli, poi, ha segnato il goal di apertura della Juventus Women alla Partita del Cuore 2021 andando a bucare la rete di un portiere del calibro di Dida, a dimostrazione che le donne sanno giocare a calcio, e che il pregiudizio contro di loro, oltre a essere infondato, è del tutto ridicolo. Forse, Cristiana Girelli non fa abbastanza per meritarsi la maglia azzurra.
Nella lista delle 29 convocate per la partita contro la Germania stilata dal ct della nazionale Andrea Soncin e dal suo staff ci sono volti nuovi, alcuni ritorni e lo zoccolo duro che da anni fa parte della nazionale, tranne lei, Cristiana Girelli. Viene da chiedersi per quale motivo non si sia potuto riservare un posto a lei, o far diventare quei “29” posti “30” per portare con sé una calciatrice del suo peso tattico e nel gioco.
Non è la prima volta che, sotto la guida di Soncin, Girelli fa fatica a farsi spazio tra le compagne di squadre, gioca sempre meno e la fascia da capitana la vede solo in certe occasioni, quando la partita sembra “facile” e “già decisa”, quasi a sottovalutare il valore di una giocatrice che, invece, ne incarna ben più di uno: perseveranza, determinazione, intelligenza tattica, fisicità, velocità, grinta, solidarietà. Eppure, forse, non è abbastanza per indossare la fascia da capitana in una partita “che conta.”
Qualcuno diceva: “I calciatori passano, l’Italia rimane”. Nel caso di Cristiana Girelli, invece, si può dire la frase inversa: “Può anche non essere in Nazionale, ma il valore di Cristiana Girelli rimane”, e resta dunque da chiedersi il motivo di questa mancata convocazione, specialmente se si tiene in considerazione che la sua sola presenza, tra le giovani viene vista come “un modello” e non come “qualcosa di troppo” e che, dal punto di vista dei meriti, si parla di una delle capocannoniere più titolate della Serie A e un punto di riferimento per il calcio femminile. Sicuramente Soncin e il suo staff sapranno motivare quest’assenza che, a oggi, risulta incomprensibile.