La maternità nel mondo del calcio è sempre stata un nervo scoperto. Fortunatamente, però, le cose stanno lentamente cambiando anche se di fatto, sono ancora molto lontane da mutamento radicale, come sottolineato da Mayca Jiménez, redattrice della testata giornalistica Relevo.
Nel 2021 la FIFA ha diramato un documento importantissimo garantendo, a tutte coloro che scelgono di costruirsi una famiglia ancora da giocatrici, dei diritti fondamentali: l’indispensabile flessibilità degli orari lavorativi, così come permessi retribuiti e la possibilità di seguire figlie e figli anche in un orario che, tecnicamente, dovrebbe essere lavorativo per loro, ora in termini di allenamenti, ora in termini di conferenze stampa.
Alex Morgan ha dato grande visibilità alla gravidanza, e porta con sé la figlia anche alle interviste, alle conferenze stampa: fa parte della sua vita. Anche le coppie che decidono di adottare, come Ali Krieger e la ormai ex moglie Ashlyn Harris, sono apparse nelle interviste insieme ai loro bambini.

Diverso è quando si tratta di concepire una figlia o un figlio con le nuove ‘tecniche’.
Si tratta di decisioni che lasciano ancora perplesse molte persone, ragion per cui si sta cercando di dar loro sempre maggior visibilità perché diventino la normalità.
Oltre alla conosciuta inseminazione artificiale (tecnica di cui hanno usufruito Lina Hurtig e la moglie per mettere al mondo la loro bambina) a partire dagli anni del Covid si è diffusa un’altra pratica, denominata social freezing.
Il social freezing, come scrive Stacey Colino per il National Geographic, esiste fin dagli anni ’80 del secolo scorso, ma fino al 2012 è stato ritenuto una pratica sperimentale e controversa. La giornalista ha poi riportato le parole di Sandra Ann Carson, endocrinologa riproduttiva e ostetrica-ginecologa dell’Università di Yale, che ha spiegato brevemente come, congelando gli ovuli, questi manterranno la loro fertilità e la donna in questione potrà scegliere quando farne uso; dovrà però prima sottoporsi a un processo che potrebbe risultare doloroso, quindi questa scelta non viene fatta a cuor leggero.
Sono due le motivazioni che spingono le donne a ricorrervi nonostante i possibili rischi: ragioni di stampo medico se la donna sta combattendo contro una malattia, oppure semplicemente la decisione di posporre la maternità.
In ambito sportivo, fin da una tenera età le donne vengono sottoposte a grandi sforzi fisici e viene richiesto loro di mantenere alto il livello per molti anni, questo percorso aiuterebbe molte donne a dare anima e corpo allo sport senza comunque rinunciare ad avere una famiglia, anche se non esattamente nell’immediato.

La pattinatrice giapponese Misato Komatsubara, medaglia di bronzo alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, ha condiviso la sua esperienza.
La testata giornalistica online The Asahi Shimbun ha dedicato un articolo alla storia di quest’atleta, che si sta preparando per le Olimpiadi del 2026 e ha ben chiaro di volersi dapprima dedicare anima e corpo al suo sport, per poi fare lo stesso con una famiglia in un secondo momento. Pur sapendo che questo processo non le garantirà al 100% di avere figli, ha scelto di sottoporvisi per continuare a competere a livelli altissimi.
Un po’ prima di lei, nel panorama sportivo giapponese anche la snowboarder Tomoka Takeuchi si è affidata a questo iter.
Nel mondo del calcio, la giocatrice delle Matildas Katrina Gorry, proprio durante il Covid, ha deciso di intraprendere questo percorso, come ha dichiarato in un articolo scritto da Charlie Calver nel 2022 per Vogue Australia:

“Ho sempre saputo di voler diventare mamma, ma ho anche sempre saputo che essere un’atleta professionista comporta seguire delle tabelle ben precise, cosa che è sempre molto difficile. Ci ho pensato tanto, nel corso degli ultimi due anni. Sapevo che il 2021 sarebbe stato un anno propizio e che avrei avuto tempo a sufficienza per prepararmi al meglio per la Coppa del Mondo del 2023”, ha dichiarato.
La calciatrice si è accorta fin da subito dei cambiamenti che il suo corpo stava subendo con l’iniezione degli ormoni, e ha anche capito quanto sia facile perdere la propria condizione atletica. Per riuscire a ritornare in campo al meglio, Gorry si è sottoposta a una lunga serie di sacrifici fisici: ad esempio, ha smesso di correre soltanto al settimo mese, e questa sua decisione ha avuto conseguenze positive sul suo rientro, dato che, un corpo allenato come il suo, non ha avuto problemi a rimettersi in forma.

Negli ultimi giorni questo tema è tornato a far parlare di sé in Italia: Alia Guagni si è espressa su questo percorso medico, comunicando di aver congelato i propri ovuli.
Alia per chi segue il Calcio femminile non è certamente una sconosciuta: difensore classe 1987, con le sue gesta sportive ha dato lustro al movimento calcistico femminile in Italia. Lo ha fatto militando in squadre blasonate sia italiane (Fiorentina e Milan per citarne solo due) sia estere (Atletico Madrid).
La sua presenza è stata, inoltre, fondamentale anche in contesti come quello della Nazionale, vestendo con orgoglio la maglia azzurra già nell’U19 per poi passare alla prima squadra (prima sotto la guida tecnica di Cabrini e poi di Bertolini). In ogni partita giocata sia a livello di club che in Nazionale ha portato in campo tutte le sue qualità di “difensore con la passione per il gol” come lei stessa ama definirsi.

La calciatrice ha fatto sapere in un lungo post su Instagram di aver deciso di usufruire del procedimento di congelamento degli ovuli perché, ha spiegato, a 36 anni ha tanto amore da donare ma non si trova nella situazione migliore per poter avere un bambino al momento. Si tratta di una scelta coraggiosa e di cuore, fatta con la consapevolezza dell’impegno che diventare madre comporta, con ritmi che difficilmente si sposano con la vita frenetica di una sportiva di professione.
Questo suo spaccato di vita, che ha scelto di condividere con tutti coloro che la seguono, è emblematico: spinge, infatti, a riflettere innanzitutto sull’importanza della condivisione.
I social che fanno ormai parte della nostra vita, rappresentano un po’ una finestra sul mondo e vengono utilizzati in maniera talmente frequente che parlare anche di argomenti importanti (e delicati) come quello trattato puo’ essere sia di supporto che semplicemente utile ad informare sulla tematica. C’è poi da pensare anche al sacrosanto desiderio di diventare madre, che per le donne negli ambienti lavorativi è ancora oggi non semplice ad ogni livello. Ancora troppo spesso si sente parlare di donne che rischiano il licenziamento perché hanno consapevolmente scelto di coniugare la propria occupazione con il loro essere madri.
Nel mondo dello sport al femminile la situazione, come già detto in precedenza, è migliorata sensibilmente rispetto ad anni fa ma per raggiungere lo stesso livello di libertà degli sportivi uomini (proprio come avviene nel resto degli ambienti lavorativi), sono ancora tanti gli step da superare.
La coraggiosa scelta di Alia è la sintesi di tutte queste situazioni, c’è da augurarsi che in un futuro prossimo non sarà più necessario trovarsi davanti ad un tale bivio.

Federica Pistis
Sono nata in provincia di Cagliari il 29/08/1992. Mi sono laureata in scienze dell'educazione e della formazione primaria e ora frequento la magistrale di pedagogia presso l'Unimarconi di Roma. La mia passione per il calcio è nata quando ho iniziato a seguire questo sport perchè mio fratello è un grande tifoso del Milan e io cercavo un punto d'incontro con lui. Ho iniziato a guardare le partite, e a comprenderne i meccanismi poi è arrivato quello femminile che mi ha conquistata al punto da sentire un po' mie anche le loro imprese.