Oltre a Cristiana Girelli, anche Barbara Bonansea ha parlato di sé durante l’intervista per la Serie A in collaborazione con RDS e, anche lei come la compagna di squadra, ha ripercorso a tappe la sua carriera nel mondo del calcio, soffermandosi sui momenti che di più le hanno forgiato la memoria e hanno creato in lei ricordi indelebili.

La numero 11 bianconera è partita da lontano nel tempo, ovvero dalla sua infanzia, quando Barbara Bonansea era soltanto una bambina che vedeva il pallone e il gioco del calcio come un divertimento, un passatempo che non richiedeva obiettivi, giocando quindi con spensieratezza, un qualcosa che rifarebbe: «Se m’immagino Barbara da piccola, mi ricordo che ero una bambina che si divertiva, e che ha continuato a divertirsi, senza mai pretendere di porsi qualche obiettivo difficile. Se dovessi tornare indietro negli anni, direi a me stessa da piccola di fare la stessa cosa, e quindi di divertirsi», ha esordito la calciatrice. Senza divertimento e sotto troppa pressione, infatti, quello che è un piacere diventa soltanto un peso che grava sulle tue spalle e non ti fa respirare.

Gli artefici del suo avvicinamento in punta di piedi al mondo del calcio sono stati suo padre e suo fratello ma, forse, lo è stata ancora di più una forza che sentiva dentro e che la spingeva a impegnarsi in quello sport nonostante, in quel momento, il calcio in rosa fosse quasi del tutto sconosciuto e senza modelli di riferimento a cui ispirarsi: «La motivazione per cui ho iniziato a giocare a calcio penso che sia stata mio fratello e mio papà, credo che sia anche stata, di più, qualcosa che avevo dentro. Mio fratello e mio papà erano appassionati e mio fratello giocava, era più grande di me di tre anni. Ho iniziato nel cortile di casa, non c’erano donne a cui ispirarsi, anzi, fino a dodici, tredici anni ignoravo l’esistenza del calcio femminile, credo che sia stato qualcosa che sentivo da dentro, e l’ho seguito con il cuore.»

Non essendoci modelli di riferimento al femminile, la centrocampista bianconera sognava di ripetere le gesta della Juventus sponda maschile, e ha ben chiaro nella sua mente quali erano quei calciatori che hanno creato un sogno, un percorso e, infine, una realizzazione professionale: «Quando ero piccola, il mio calciatore idolo era Pippo Inzaghi quando giocava nella Juve, negli anni mi riguardavo i video su internet, poi guardavo quelli di Ibrahimovic e di Cristiano Ronaldo.»

Anche se la carriera di qualsiasi atleta è fatta di alti e bassi anche sotto l’aspetto fisiologico, Bonansea non riesce, guardando a ritroso quanto fatto con gli scarpini ai piedi sul rettangolo verde, a trovare qualcosa che somigli a una difficoltà. Forse, il momento più difficile da gestire è stato l’inizio, quando ha dovuto prendere la difficile decisione di separarsi dalla famiglia per provare a coronare il suo sogno: «È stata una carriera liscia, mi sono sempre divertita. Magari ci sono stati dei momenti in cui non era così semplice, però per questo devo ringraziare i miei genitori, perché non mi hanno mai fatto pressioni sia nella vita calcistica sia nella vita scolastica, non si sono mai permessi di giudicare una scelta, mi hanno sempre e solo accompagnato assecondandomi, anche quando ho scelto di cambiare squadra allontanandomi da loro. Giocavo a Torino e, quando ho deciso a 21 anni di andare a giocare a Brescia, loro sono stati al mio fianco», l’appoggio delle famiglie in scelte così difficili è un tema di cui si parla poco e che, invece, è davvero importante.

«Mi ricordo di lei perché c’era questa Girelli che aveva fatto tripletta in Champions League, e tutti ne avevano parlato. Avevo quindi pensato: “è brava, questa Girelli”», ha poi scherzato in un battibecco con la compagna di squadra sia per il Club sia per la Nazionale. L’incontro fra Cristiana Girelli e Barbara Bonansea è stato un momento speciale, in cui le due si conoscevano soltanto per fama, e da lì è nata una splendida amicizia.

Juventus Women, Nazionale azzurra, due facce della stessa medaglia, due facce di Barbara Bonansea. La squadra bianconera è la passione che si trasmette di generazione in generazione, la Nazionale è una seconda pelle e un onore che si deve rispettare ogni volta che si ha l’occasione di rappresentare il proprio paese. Per Bonansea, le due squadre sono importantissime e, al tempo stesso, un sogno da portare avanti: «La Juventus prima era la squadra del cuore, da quando ho scoperto la nascita della Juventus Women diciamo che è diventato uno dei miei sogni, e poi entrare a farne parte è stato qualcosa di speciale. Essere stata una delle prime a essere qui su questi campi è una cosa che porterò sempre con me. Con la Nazionale, quando ero nelle giovanili sognavo di vestire la maglia della maggiore, se ci penso è strano pensare di aver fatto così tanta strada con la Juve e con la Nazionale, non l’avrei mai pensato.»

Le 200 presenze in bianconero, un traguardo tagliato a stagione in corso, ha cominciato a farsi sentire quando ne mancavano davvero poche al suo raggiungimento, soprattutto perché i colori della maglia con cui è arrivata a quella cifra sono quelli della sua infanzia, dei suoi sogni, del suo cuore, la riflessione con cui ha concluso l’intervista: «Non ho mai festeggiato troppo i traguardi, non ci ho mai dato troppa importanza, però quando stavano arrivando le 200 le ho proprio sentire. Le ultime cinque o sei, perché prima non ci pensavo, le ho proprio sentite, e non vedevo l’ora di arrivare a quel giorno, perché sicuramente era una cosa che in futuro avrei ricordato come un’emozione che non saprei spiegare. Far parte di questa squadra è qualcosa di indescrivibile.»

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.

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