Dal primo Luglio 2022 il calcio femminile avrà le sue professioniste e sarà sicuramente un passaggio epocale.
In quella data, infatti, inizierà un percorso che ha preso il via due anni fa, sul quale la Federcalcio ha investito tanto nelle ultime stagioni.
La riforma che riguarda la serie A, rischia, però, di penalizzare le altre categorie dalla B in giù.
Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha dichiarato: “Finalmente ci saranno le norme che disciplinano l’attività e l’esercizio del professionismo del calcio femminile. Siamo la prima Federazione in Italia ad attuare questo importante percorso”.
Da parte sua il presidente della Divisione Calcio Femminile Ludovica Mantovani ha sottolineato: “Con il Consiglio Federale abbiamo aggiunto un ulteriore tassello al nostro percorso di crescita, personalmente lo vivo come un punto di partenza, atteso e necessario, che ci spinge a lavorare con grandissimo impegno per raggiungere e garantire nel tempo la sostenibilità di tutto il nostro sistema”.
Come, dunque, non essere felici per tutte le ragazze che sognano una vera e propria carriera da protagoniste nel calcio femminile, sport che in questi anni sta movendo passi da giganti e sta bruciando le tappe della notorietà finalmente anche in Italia?
Ma permettetemi di essere contento solo a metà, permettetemi il dubbio di essere un pochino scettico su questo trionfale annuncio, infatti, ci sono tante cose che chi vi scrive sta tenendo in considerazione e che teme.
In primis, temo che la poesia che in questi 50 anni in cui le nostre calciatrici hanno fatto di necessità virtù, pur di giocare a calcio, contro tutti i pregiudizi del caso e con tantissimi sacrifici, in particolare studiando e aprendosi anche ad altre attività e carriere oltre al campo, questa poesia, dicevo, può terminare per essere sostituita dal business.
Infatti, con il professionismo, lo scenario cambierà totalmente, molte giovani atlete vedranno questo mondo, e già un po’ questo sta accadendo per le giovanissime, come una possibilità di lavoro con cui mantenersi e guadagnare, perché il rischio di un vortice attrattivo in questo senso c’è.
Ma non solo quello, ci sono diversi tasselli tecnici da analizzare.
In primo luogo quali potranno essere le conseguenze dello sfacelo economico della Serie A maschile sulla consorella femminile che di fatto ne è il clone, dal momento che quasi tutti i club iscritti alla Superlega saranno partoriti nel corrispettivo maschile?
E viene da chiedersi: se diversi club di serie A maschile avranno problemi economici questi colpiranno inevitabilmente anche il versante femminile, facendo di conseguenza sparire squadre storiche che hanno segnato gli ultimi campionati femminili?
E altre squadre che verranno chiamate a cicatrizzare la ferita della perdita del titolo di queste, arrivando dal non professionismo potranno reggere il peso economico che si delineerà fra le professioniste della serie A e il dilettantismo che, dalla serie cadetta va in verso il basso di questo movimento?
Proprio a questo proposito, penso anche che si andrà a creare un pesante solco fra la serie A a 10 squadre e il resto del movimento, con la conseguenza di poter spezzare inevitabilmente un equilibrio che fino ad ora aveva prodotto tante sinergie, ma che rischia di diventare un spartiacque fra squadre ricche e povere.
Inoltre sempre più spesso negli anni a venire, vedremo arrivare nel nostro massimo campionato giocatrici straniere che costeranno sempre meno ai club della serie A, e la serie B diventerà, a tutti gli effetti, il campionato delle italiane che cercheranno in tutti i modi una vetrina per mettersi in mostra e per fare un salto di qualità, dunque ci sarà un notevole inquinamento anche nella serie cadetta, con un giro squallido di procuratori che cercheranno di speculare al massimo dove potranno.
Altro punto chiave e domanda più che legittima: su quali forme di sostenibilità economica e di finanziamenti ad hoc potranno contare i club della Serie A Femminile?
E poi ancora….
Come sarà organizzato e sostenuto il calcio minore che resterà dilettantistico: una legione di club che va dalla Serie B in giù?
Insomma, ben venga certamente il riconoscere alle ragazze il professionismo, ma la preoccupazione arriva dal fatto che solo un parte del movimento, una piccolissima punta, un apice di 10 squadre entrerà in questa fase, mentre attualmente non si è pensato nulla per tutte le altre categorie che sono, oggi come non mai, la linfa che da poi vita al movimento, ad esempio una ragazza di 16-17 anni con l’avvento del professionismo sarà molto difficile che trovi spazio, come del resto già avviene in serie A, magari invece troverebbe più spazio in B o in C, giocando in strutture e campi più disastrati e poveri.
Perché questa riforma se pur bella e affascinante rischia davvero inevitabilmente di spezzare gli equilibri del nostro tanto amato movimento, con i suoi pro ma anche con tutti i suoi contro.
Una sola risposta: servono soldi. Questi risolverebbero i problemi. Si potrebbe parallelamente pensare ad uno status di semi-professionismo “ufficiale” per la serie B (a Como è già realtà), ma anche a promuovere massicciamente la stagione 2022/23, con tutti i trofei ed i tornei che la riguardano, con la UWCL per Roma e Juventus, con gli impegni della nazionale (Europei e Mondiali).
Tutto ciò con servizi televisivi, magari anche un film (cortometraggio) ed allargare la cosa a tutti i social media ed a carta stampata. I quotidiani sportivi dovrebbero (per parità di genere) creare uno spazio fisso al proprio interno per il calcio femminile.
Per la pubblicità alla serie e la sua promozione si dovrebbe osservare attentamente ciò che si fa in Inghilterra e negli USA…
A proposito di questi ultimi: se non sbaglio, nonostante la loro vastità, il massimo campionato (quello professionistico) è anche la composto da 12 squadre, mentre il vasto bacino al di sotto è dilettantistico.
Ma oltreoceano il calcio nasce nelle scuole, seriamente, non superficialmente. Altro spunto per i nostri responsabili ed organizzatori.