Alisha Lehmann è tra le giocatrici più famose al mondo a livello mediatico con ben 16,8 mln di followers su Instagram eppure, come lei non manca mai di dire nelle sue interviste, non ha mai avuto l’ambizione di diventare famosa: è semplicemente ciò che è successo. Questa visibilità rende, inevitabilmente, ogni suo passo dentro e fuori dal rettangolo verde analizzato come sotto una lente d’ingrandimento. E’ ciò che succede anche in un museo davanti ad un’opera d’arte: gli estimatori si soffermano ad scrutare ogni dettaglio, trovando interessante ogni ombra e ogni sfumatura di colore. La Gioconda con la sua espressione enigmatica, le opere di Caravaggio e la mistura di colori che attira e costringe a rimanere incantati. Assieme a loro, c’è chi invece è più superficiale e non ha alcun interesse ad andare oltre ad una bella immagine. I social e la promozione di modelli estetici spesso inarrivabili, non sono che una vetrina e spesso non ci si sofferma a pensare cosa ci sia dietro.
Nel caso di Alisha Lehmann ci sono anni di sacrifici e una passione per il calcio nata sin da piccola: dare calci ad un pallone era ben più attraente di qualsiasi altra occupazione. La Repubblica, nella persona di Domenico Marchese, l’ha intervista nel settembre del 2024 e qui Lehmann si è aperta sulla sua passione per il calcio: “Da quando sono piccola gioco a calcio e mi piace tantissimo. Mi piace tanto fare la rabona o giocate del genere. Mi rende felice”. Partita dallo Young Boys, in cui ha militato per tre stagioni, poi è giunta in Super League: West Ham, Everton e Aston Villa (dove l’attaccante classe 1999 ha raggiunto la maturità calcistica: in tre stagioni 9 gol e 4 assist).
Come attaccante apprezza il brivido del gol ma (e questo si riflette anche nel suo carattere) allo stesso modo ama anche servire dei buoni assist, sottolineando l’importanza di un buon gioco di squadra. Il suo arrivo alla Juventus Women, manco a dirlo, è stato un evento: le testate giornalistiche, anche quelle che raramente si occupano di calcio femminile, non hanno parlato che di questo e i social hanno fatto altrettanto. Al contempo è nota la presenza dell’attaccante nella Nazionale Svizzera, suo paese di origine, affianco alla compagna di squadra bianconera Viola Calligaris (il difensore è arrivata a Torino dal PSG dapprima in prestito e poi in cessione definitiva).
L’influenza di Lehmann sui social ha in se parecchi aspetti positivi ma, contemporaneamente, ad uno sguardo attento non è possibile non notare il rovescio della medaglia. Ci si dimentica, spesso e volentieri, del suo valore come giocatrice che, proprio come le sue compagne, è pronta a dare tutto una volta in campo esaltando, al contrario, il suo aspetto esteriore. Ogni sua qualità sul campo da gioco, ogni sua conquista faticosamente raggiunta, viene resa vana da chiunque consideri la sua presenza solo conseguenza dei numeri social. La calciatrice stessa è solita definire la squadra come una seconda famiglia, e la sua influenza mediatica niente più che un valore aggiunto alla sua occupazione primaria, il calcio. Il suo esempio, infatti, può contribuire ad avvicinare le ragazze ad uno sport che meriterebbe una visibilità ben più ampia di quella che ha in questo momento e a portare avanti delle battaglie, (come quella della parità salariale) con i social che fanno da cassa di risonanza.