È ancora un anno con il segno meno per il mondo del calcio: l’impatto del Covid sul sistema, infatti, ha portato a mancati incassi per 434 milioni. E a rivelarlo è l’undicesimo “Report del Calcio”, pubblicato dalla Figc e presentato al governo dal presidente Gabriele Gravina.
La Federcalcio ha sintetizzato i punti salienti del documento poco di conforto per il pallone. “Il mondo del calcio – afferma Gravina – rappresenta un valore per il sistema Italia, a livello sportivo, economico e sociale. È un asset strategico che fonda il suo impatto su numeri importanti e sul radicamento pressoché totale sul territorio nazionale. Report Calcio fotografa bene questa multidimensionalità e analizza anche le criticità del movimento nel suo complesso, acuite dalla crisi generata dalla pandemia da Covid-19. La Figc ha avviato un processo di autoriforma finalizzato a rendere il calcio italiano più patrimonializzato e meno indebitato, ma in virtù del ruolo che recita nel nostro Paese sarebbe determinante che il governo riconoscesse tale importanza: da soli non si esce da questa crisi, sostenere il calcio vuol dire aiutare l’Italia in questa difficile ripartenza”.
Inoltre, l’interruzione delle competizioni calcistiche, si legge nel report, ha portato alla disputa di 47.825 partite ufficiali in meno tra il 2018-2019 (571.865) e il 2019-2020 (524.040). La Figc tra il 30 giugno 2019 e il 15 marzo 2021 ha perso oltre il 23% dei propri calciatori tesserati, una stima di quasi 245.000 giocatori in meno, con impatti particolarmente significativi sul calcio dilettantistico e giovanile.
Gli spettatori potenziali andati persi a causa della pandemia ammontano a oltre 22,1 milioni (5,9 milioni nel 2019-2020, stagione analizzata nel ReportCalcio 2021, insieme ad altri 16,2 milioni stimati nel 2020-2021).
Il Covid ha accelerato lo squilibrio del settore nella stagione 2019-20: i ricavi totali sono diminuiti di 434 milioni, si diceva, passando da 3.897 a 3.463 milioni, con impatti significativi prodotti dai minori ricavi per ingresso stadio (-75 milioni di euro). Il decremento del costo del lavoro (-112 milioni) non è stato sufficiente per compensare la diminuzione dei ricavi, a causa soprattutto della crescita di ammortamenti e svalutazioni (+222 milioni di euro); la perdita totale aumenta dai 412 milioni di “rosso” del 2018-2019 agli 878 del 2019-2020. In crescita anche i debiti totali (+490 milioni, per un totale pari a 5,3 miliardi), mentre peggiora la posizione finanziaria netta, negativa nel 2019-2020 per un valore pari a quasi 1,3 miliardi.
Secondo il report del Calcio 2021, nelle prime due stagioni con il coronavirus, si stima che il calcio professionistico abbia perso circa un miliardo di euro di ricavi in relazione agli effetti negativi prodotti dalla pandemia, mentre il costo della produzione è rimasto sostanzialmente stabile (con un lieve aumento, pari a 163 milioni); l’impatto netto totale dell’emergenza sanitaria nel biennio 19-20 e 20-21 è stimabile quindi in oltre 1,1 miliardi di euro.
Anche a livello indiretto e indotto, la pandemia ha prodotto un significativo impatto su tutti i settori della filiera produttiva (12 settori merceologici coinvolti) e della catena del valore attivata dal calcio italiano: la spesa diretta è scesa del 5,7% (da euro 5.050m a euro 4.762m), l’impatto sul PIL del 18,1% (da euro 10.066m a euro 8.249m), mentre l’occupazione generata dal comparto del calcio ha visto il decremento di oltre 27.000 posti di lavoro attivati (da 121.737 a 94.462).
Anche nel calcio dilettantistico, non è da meno, dove in Italia si poteva contare su 4,6 milioni di praticanti e 1,4 milioni di tesserati per la Figc, per un totale di circa 570.000 partite ufficiali disputate ogni anno (una ogni 55 secondi) e un impatto socioeconomico stimabile in 3,1 miliardi di euro.
Insomma, a livello economico, prima dell’emergenza sanitaria, il sistema calcio produceva un fatturato diretto stimabile in 5 miliardi di euro, il 12% del Pil del football business mondiale, con un impatto indiretto e indotto sul Pil italiano pari a 10,1 miliardi e oltre 120.000 posti di lavoro attivati. A livello fiscale e contributivo, il solo calcio professionistico ha prodotto nel 2018 un gettito complessivo pari a 1,4 miliardi di euro, circa il 70% del contributo fiscale generato dall’intero sport italiano.
Complessivamente negli ultimi 13 anni la contribuzione ammonta a circa 14 miliardi di euro, e per ogni euro “investito” dal governo italiano nel calcio, il sistema Paese ha ottenuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a euro 17,3.
Adesso la Figc chiede al governo di sostenere il mondo del pallone.
In un confronto con il resto d’Europa una vasta area di potenziale inespresso è quello che riguarda, poi, la Serie A. Nell’ultima stagione sportiva pre-Covid, il massimo campionato ha prodotto 300,9 milioni di euro di ricavi da ticketing, rispetto ai 776 della Premier League inglese e ai circa 520 della Liga spagnola e della Bundesliga tedesca. Negli ultimi 5 anni pre-pandemia, i ricavi mancati nel calcio professionistico ammontano a 1,3 miliardi di euro, a fronte di quasi 82 milioni di biglietti invenduti, a causa dello scarso riempimento della capienza degli stadi, che in Serie A non superava il 63% (49% in Serie B e 30% in Serie C), a fronte del 95% della Premier League inglese e dell’89% della Bundesliga tedesca (campionato nel quale l’affluenza media allo stadio si attestava prima del Covid a 43.490 spettatori, rispetto ai 24.106 della Serie A italiana).
Nella speranza che il nostro governo, con riforme specifiche, possa raddrizzare la tendenza economica negativa del nostro calcio; anche in virtù dell’entrata nel mondo professionistico del settore femminile.