Negli ultimi giorni ha avuto grande eco internazionale la decisione della Federazione venezuelana relativa alla storia di Rayveliz Hernández giocatrice venezuelana di 24 anni del Flor de Patria, della città di Valera, in provincia di Trujillo; con il Flor de Patria Rayveliz vinse il campionato nel 2016.
Il passato agosto Rayveliz venne licenziata dal suo club per aver comunicato il suo stato di gravidanza e in aggiunta le venne ordinato di restituire il materiale sportivo, come succede nei casi in cui la relazione tra giocatore e club si rompe in maniera drastica (“riporta la borsa al campo!”).
Nonostante Rayveliz avesse avuto il coraggio di denunciare il suo licenziamento, il Tribunale di Risoluzione delle Controversie della Federazione venezuelana ha considerato legittimo il licenziamento, ritenendo che la giocatrice non potesse più rispettare le sue obbligazioni contrattuali.
Meno male che lo Statuto della Federazione venezuelana (FVF) richiama i principi di eguaglianza sanciti dalla Carta ONU, dalla Carta Olimpica, dalla legge venezuelana dello sport e che l’art.93 dello stesso Statuto venezuelano stabilisce: “la FVF lavorerà con il fine di: a) eliminare la discriminazione contro le donne e le ragazze nella pratica del calcio, in tutte le sue modalità e categorie [1]”.
Meno male che c’era il citato art. 93, perché se non ci fosse stato cosa avrebbe rischiato la giocatrice, la radiazione?
Purtroppo la discriminazione subita da Rayveliz Hernández non rappresenta una novità, visto le ancora presenti clausole anti-gravidanza, anche nei paesi a noi vicini.
Quello che si rappresenta una novità ed un punto di partenza è la decisione di FIFpro di agire in difesa della giocatrice e di averlo fatto così rapidamente e pubblicamente; a questo va aggiunto anche che molti mezzi di comunicazione internazionali hanno parlato o quantomeno accennato al caso della giocatrice venezuelana.
Non sarà certo facile ribaltare una decisione di un tribunale federativo venezuelano, soprattutto perché il Venezuela oggigiorno non può essere considerato uno Stato di Diritto né ordinario né, visti i fatti in oggetto, di diritto sportivo.
Lo statuto è l’atto normativo fondamentale di ogni associazione o ente pubblico o privato. È quella norma che fissa i principi fondamentali che andranno a reggere l’organizzazione dell’ente, in questo caso la Federazione. E in tema sportivo, le federazioni calcistiche a livello globale di solito si dotano di uno statuto, di un regolamento generale, di un codice disciplinare e di un codice etico.
Per rimanere dentro i nostri confini, è opportuno chiedersi cosa prevedono le norme della FIGC in tema di maternità il cui statuto è stato approvato dal Presidente del CONI con deliberazione 112/52 del 31 luglio 2014.
E per fare chiarezza, il CONI è quell’ente di diritto pubblico il cui obiettivo è il miglioramento e la gestione dello sport italiano ed è posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
A rafforzare la natura di ente pubblico del CONI bisogna ricordare che il presidente del CONI è nominato con Decreto del Presidente della Repubblica.
Quindi, i principi di eguaglianza e i diritti delle donne dovrebbero essere parte anche dell’ordinamento sportivo considerato l’evidente legame con l’ordinamento giuridico ordinario e con la pubblica amministrazione.
Tuttavia, se andiamo a pensare alle norme fondamentali dell’ordinamento sportivo possiamo farci la seguenti domande:
Esiste anche un solo articolo dedicato alla gravidanza o al congedo di maternità delle giocatrici nello Statuto o nelle Norme Organizzative Interne della FIGC?
Esiste anche un solo articolo dedicato alla gravidanza o al congedo di maternità delle giocatrici nello Statuto della Lega Nazionale Dilettanti?
Esiste anche un solo articolo dedicato alla gravidanza o al congedo di maternità nello Statuto del CONI?
No.
[1] Statuto della Federazione Venezuelana:
http://www.federacionvenezolanadefutbol.org/pdf/estatutos_fvf.pdf
Ottimo articolo che contribuisce a rendere il calcio come un’organizzazione inserita nelle normali attività di una comunità civile e non, come spesso avviene, un mondo a sé con regole che non trovano riscontri neanche nel buon senso comune.