La storia del pallone insegna come ci siano state imprese contro pronostico, alcune delle quali entrate di diritto nella leggenda. L’ultima in ordine di accadimento è la partita di Coppa Italia Inter – Pordenone, finita nel modo più epico, e per gli ospiti anche più crudele, ai rigori. Queste imprese sportive, pur se a volte solo sfiorate, hanno il grande potere di affascinare anche chi di sport si intende poco poiché contengono in sé grandi insegnamenti, stanno lì a dirci che ciò che è successo una volta può ricapitare in teoria sempre. Molto sta nel differente approccio alla partita.
Il presidente del Pordenone Mauro Lovisa prima dell’incontro di Coppa Italia, aveva richiamato diversi concetti interessanti che poi hanno anche consentito alla squadra di affrontare l’impegno nel modo corretto. “Siamo sereni e tranquilli anche perché non abbiamo niente da perdere. Siamo contenti di essere arrivati sin qui, sarà sicuramente una bella esperienza e un test di maturità”. Dichiarare di non avere niente da perdere indica che il focus della squadra è concentrato su obiettivi di prestazione; la pressione sul risultato è azzerata: una situazione che favorisce lo stato di Flow, ossia la condizione ideale per una performance eccellente. In che modo? Il Flow è un equilibrio tra sfida e capacità, presuppone mete chiare, una concentrazione totale sul compito, un senso di controllo e un coinvolgimento talmente profondo che tutto diventa automatico, semplice. Noi siamo nel gesto, noi siamo nello strumento, noi sappiamo esattamente cosa fare.
Da questo punto di vista la squadra che ha fatto patire l’Inter fino ai calci di rigore ha seguito alla lettera i dettami del suo numero uno. I giocatori in campo, spesso e volentieri, hanno dato l’impressione di divertirsi e di assaporare un momento che per molti sarà presumibilmente unico in tutta la carriera: giocare sul prato di San Siro contro una Grande e con in palio un traguardo. Viceversa i giocatori dell’Inter avevano un unico obiettivo, la vittoria e il passaggio del turno, il loro focus era completamente sul risultato. E sappiamo che il risultato non dipende solo e unicamente da noi, ma da una serie di fattori esterni che non sempre è possibile controllare.
Due approcci alla gara molto lontani che portano il primo ad un incremento della prestazione, il secondo ad un calo della performance.
Insomma, gli ingredienti per l’impresa c’erano tutti e anche se è sfumata solo all’ultimo respiro, il Pordenone è tornato a casa pieno di certezze.
Come, del resto, aveva dichiarato il suo Presidente: “Una partita che servirà per valutare anche il nostro lavoro come società. L’ambiente ha risposto bene in tutti i sensi, sia a livello organizzativo che di movimento. Abbiamo la tensione giusta per una gara importante come questa avendo molto rispetto di una società come l’Inter e siamo al contempo fiduciosi dei nostri mezzi. Vogliamo onorare la nostra maglia e fare bella figura”.
Missione evidentemente compiuta con oltre 30 pullman che sono partiti dal Friuli per non perdersi l’evento con la E maiuscola e portare entusiasmo alla squadra.
Sembra proprio che il Pordenone abbia affrontato la serata con il flow azzeccato, con notevoli benefici postumi: “Questa gara potrà essere d’aiuto per l’autostima dei nostri calciatori per continuare a fare un campionato importante, indipendentemente da come andrà a finire.”
Flavio Suardi e Alice Buffoni
Team Psicosport