Nel calcio di oggi sono molti i tecnici che puntano su giocatrici che ricoprano più ruoli, soprattutto in attacco, o che, comunque, abbiano caratteristiche piuttosto ampie, quali capacità di usare entrambi i piedi, disponibilità a rientrare per coprire le ripartenze della avversarie, gestione dell’ uno contro uno in entrambe le fasi e, perché no, buone capacità realizzative per le giocatrici offensive.
Un esempio di quanto appena descritto è la ventiquattrenne Martina Gelmetti che, nella stagione appena trascorsa, ha contribuito al raggiungimento del primo posto del Napoli in Serie B con ben 9 gol, ma soprattutto tanto sacrificio.
“Al Mozzecane ero una esterna pura, l’allenatore mi chiedeva di giocare piuttosto larga e di rientrare parecchio in fase di non possesso palla, per poi ripartire velocemente – spiega Martina – più che segnare gol, fornivo assist”.
Al Napoli, però, qualcosa è cambiato e Martina Gelmetti sforna assist e gol: “All’ombra del Vesuvio ho trovato un ambiente che mi rispetta e mi capisce come giocatrice e come donna. Il Mister mi tiene sempre esterna, ma il gioco è molto più accentrato e riesco anche a vedere la porta. Poi, chissà, magari è cambiata la testa”, racconta sorridendo la giovane attaccante azzurra.
L’aspetto mentale è sicuramente un dettaglio che fa la differenza, ma sul quale ancora si lavora poco, sia al maschile che al femminile, nel mondo del calcio. “Ho avuto la fortuna di giocare nel Verona scudettato nella stagione 2014-2015 insieme a giocatrici del calibro di Cecilia Salvai, Patrizia Panico, Tatiana Bonetti e, soprattutto, Melania Gabbiadini, con la quale conservo un buon rapporto e a cui mi sono sempre ispirata. Dopo quell’incredibile esperienza, a soli 19 anni ho deciso di andare a giocare lontano da casa, a Lugano, nella Svizzera italiana. Ricordo che la maggior parte delle mie compagne erano lì per pura passione, lavoravano e poi venivano ad allenarsi, mentre la stagione successiva mi sono spostata a Neunkirch, sponda tedesca della Svizzera, squadra con impostazione ben diversa e giocatrici per lo più straniere che giocavano a calcio per lavoro; ci si allenava due volte al giorno e alla fine siamo riuscite a vincere il campionato. Conservo un gran bel ricordo di quell’avventura e molti contatti. Credo sia stata un’esperienza, quella in Svizzera, che mi ha fatto crescere tanto a livello umano.”
Indubbiamente, Martina rappresenta quel tipo di giocatrice che può far gola a molte squadre, vista la sua capacità di ricoprire più ruoli: “Avrei voluto giocare come trequartista, ma purtroppo non ho mai avuto la possibilità di farlo – spiega con un pizzico di nostalgia – ho imparato a giocare da esterna, anche se non credo che sia il ruolo più indicato per le mie caratteristiche fisiche, mi vedo meglio come seconda punta. Mi piace tirare in porta e, giocando sulla fascia, ho imparato a usare anche il piede debole per crossare e fornire assist alle mie compagne non solo convergendo, ma anche arrivando sul fondo.”