L’8 ottobre 2008 per Firenze rimarrà una giornata storica: quella sera allo stadio Artemio Franchi 25mila tifosi viola rendevano omaggio al loro “bomber” Stefano Borgonovo caduto nella rete della «stronza », la Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) o Morbo di Gehrig. «Il mio più grande desiderio è vedere crescere i miei figli…», ripeteva l’ex gemello del gol della “B2” viola ( Borgonovo- Baggio) che per colpa di quel Morbo che ha ucciso tanti calciatori (circa 60 vittime dagli anni ’ 70 ad oggi) se ne è andato via per sempre, il 27 giugno 2013, a 49 anni. Quel desiderio paterno, il bomber non lo ha realizzato, ma i suoi figli, Andrea (28 anni) Alessandra (25 anni), Benedetta (18) e Gaia (12) – avuti con la compagna di una vita, la loro “mamma coraggio”, Chantal – stanno comunque crescendo molto bene. Alessandra addirittura è entrata a pieno titolo nel mondo di papà Stefano, quello del calcio: appena eletta vicepresidente della Lega Pro.
Prima donna a salire ai vertici in 59 anni di storia della Lega della vecchia serie C. Ruolo condiviso con l’altro vicepresidente Mauro Grimaldi e piena fiducia accordatagli dal presidente Gabriele Gravina che ha salutato la sua elezione così: «Alessandra Borgonovo è una donna a mio avviso speciale, perché è giovanissima, ha molta emotività da far esplodere e credo che le società della Lega Pro potranno avere sicuramente un grande vantaggio dalla presenza di questa ragazza. È una bella testimonianza. Noi abbiamo anche bisogno di testimoni in questo momento».
Una testimone forte che in casa Borgonovo ha mangiato, fin da piccola, “pane e pallone”. E forse ha anche praticato il calcio…
«Avrei tanto voluto praticarlo a livello agonistico, ma la mamma era diffidente e papà gli è andato dietro emettendo il verdetto finale: “No, meglio che ti dai al tennis”. E così ho fatto. Ma fino a 15 anni mi divertivo a giocare a pallone con i maschi. E non ero neanche male se proprio devo dirla tutta » .
Alessandra ricorda la sua prima volta allo stadio?
«I miei genitori mi hanno raccontato che sarei entrata allo stadio di Firenze una domenica che avevo due anni. In casa la passione condivisa con i miei fratelli erano le figurine Panini e poi il videogioco Fifa: sceglievo sempre di tenere il Milan del 1989 e ovviamente schieravo Borgonovo titolare fisso e gli facevo fare un sacco di gol, ma non gli risparmiavo neppure gli infortuni…».
Insomma una calciofila fin da bambina.
«Mi è sempre piaciuto il gioco in sé, ma raramente seguivo le partite in tv. Neppure quelle di papà che però appena usciva dal campo metteva in atto la sua tattica personale: “Il calcio deve restare fuori dalla nostra casa”. Così sono diventata un interista blanda, in una famiglia in cui papà giocava per la Fiorentina e il Milan, ma non ha mai smesso di tifare per la Juve».
Possiamo dire che, paradossalmente, in lei la vera passione per il pallone è sbocciata in concomitanza con la malattia di suo padre…
«Vero. E forse è stata una delle poche cose positive di quegli anni duri e a volte bui, in cui però siamo rimasti uniti: tutti nella nostra casa di Giussano abbiamo fatto squadra. Le mie care figurine Panini a un certo punto si sono materializzate in carne ed ossa, da Roberto Baggio a Gullit fino a David Beckham, calciatori amici o solo conoscenti di nostro padre sono venuti ogni giorno a trovarci, non ci hanno mai fatto sentire soli».
Qual è il ricordo più intenso di quegli anni di lotta alla “stronza”?
«Ce ne sono tanti, ma la partita di Firenze dell’ottobre 2008, è stata una grande emozione collettiva, irripetibile. Quella sera la tristezza e il dolore a un certo punto l’ha spazzata via il calore, l’amore sincero di tutta quella folla che era venuta solo per salutare papà. C’era tutta la vecchia guardia della Fiorentina e del Milan, ma soprattutto c’era la gente comune, i tifosi che fino alla fine hanno continuato a scrivere a Stefano Borgonovo ricordandogli sempre “sei uno di noi”, come cantano i ragazzi impagabili della Fossa Lariana di Como».
Che idea si è fatta della possibile relazione tra la Sla e il calcio?
«Che esistono dei dati scientifici preoccupanti che non vanno sottovalutati e il mondo del calcio deve rifletterci sopra… Al tempo stesso questo sport non va colpevolizzato, ma anzi va messo nelle condizioni di aiutare la Medicina. Stefano Borgonovo era convinto che un giorno sarebbe stato proprio il calcio ad aiutare la ricerca scientifica ad assestare il colpo di grazia alla Sla. E forse quel giorno non è neppure così lontano…».
L’insegnamento più importante che le ha lasciato suo padre?
«Lo stesso che ha trasmesso a tutta la mia famiglia: non arrendersi mai, anche di fronte alle difficoltà più grandi come la malattia. Dinanzi alla Sla ognuno sarebbe giustificato a mollare, ma lui con il suo sorriso e la sua positività ogni giorno ci dava la forza per andare avanti. Ci ha donato il coraggio per continuare a credere e sperare assieme a nostra madre: Chantal Borgonovo è un esempio altrettanto eccezionale di grinta e di tenacia».
Con la stessa grinta e tenacia, cara Vicepresidente, come affronterà questa nuova sfida in forza alla “squadra” della Lega Pro?
«Con lo stesso spirito con cui presiedo alla Fondazione Stefano Borgonovo. So bene che ho tanto da imparare, ma intendo seguire il principio guida del presidente Gravina che è deciso a far rispettare le regole, a garantire campionati trasparenti e regolari anche a rischio di apparire impopolare. La Lega Pro deve puntare ad essere un modello del professionismo calcistico italiano e io conto di dare il mio contributo incominciando, da subito, a conoscere in profondità tutte le realtà che la compongono».
Da donna come vede il futuro del nostro calcio femminile, fin qui abbastanza bistrattato?
«Intanto ci tengo a sottolineare che il Brescia femminile in Champions è andato più avanti della Juventus e di tutto il resto del movimento maschile italiano – sorride – . Il calcio rosa in Italia deve fare ancora tanta strada e il punto di partenza non può che essere la base. La creazione obbligatoria di società femminili affiliate alle maschili di Serie A e B – con almeno 20 tesserate under 12 che diventeranno 40 per la stagione 2016-2017 – mi pare una svolta epocale che nel tempo porterà dei benefici importanti».
A sentirla parlare così e vedendola tanto impegnata in questo nuovo ruolo, cosa le avrebbe detto papà Stefano?
«Sarebbe stato molto orgoglioso, mi avrebbe riempito di consigli tecnici preziosi… E poi penso che mi avrebbe preso da parte per dirmi: “Vai Alessandra, adesso giocatela tutta fino in fondo”».