Giocare in un campionato dall’elevato tasso tecnico e competitivo come la Serie B non è facile, a maggior ragione se lo si sta facendo per la prima volta. Farlo da titolare, in particolar modo da portiere, ancora meno. Eppure, nonostante i suoi appena vent’anni, Matilde Macera ci sta riuscendo in maniera egregia, dimostrando grande professionalità e una maturità fuori dal comune. Senza ombra di dubbio, l’immensa passione per il calcio e un’innata caparbietà hanno fortemente contribuito a questa sua crescita personale e sportiva, spingendola a superare ogni ostacolo per raggiungere i propri obbiettivi.
Grande merito va anche riconosciuto alla sua famiglia, da sempre pronta a supportare e incoraggiare questo grande amore sbocciato per l’appunto tra le mura domestiche. Un sostegno più forte dei pregiudizi e per nulla scontato che la talentuosa calciatrice rossoblu sta ripagando alla grande sul campo e fuori. Il percorso calcistico del portiere genoano, da piccola appassionata di questo sport e tifosissima del Grifone a punto fermo del Genoa Women, potrebbe inoltre essere d’ispirazione per tante altre bambine, genovesi e no, che sognano di giocare a calcio.
E chissà se, magari leggendo proprio le sue parole, qualcuna tra loro possa davvero decidere di iniziare la sua nuova avventura nel mondo del calcio. Ad ogni modo, la nostra redazione è fiera di presentarvi questa intervista in esclusiva con Matilde Macera, alla scoperta di un’atleta che, continuando a lavorare sodo con la serietà e l’abnegazione dimostrate finore, farà sicuramente parlare di sé positivamente negli anni a venire.
Iniziamo con la classica e immancabile domanda di rito: com’è nata la tua passione per il calcio e come mai hai scelto proprio il ruolo di portiere?
La mia passione per questo sport è nata in famiglia, siccome sia mio padre sia mio fratello giocavano a calcio. La scelta del mio ruolo è stata invece frutto del caso e risale ai tempi in cui mi allenavo con i maschi. Ricordo che mancava proprio un portiere, motivo per cui finii per farlo io.
Ripercorriamo insieme le tappe principali della tua carriera: dove hai mosso i primi passi da calciatrice e cosa ti ha portato a vestire la maglia del Genoa?
Ho mosso i primi passi nel mondo del calcio alla Polis di Genova, per poi passare alla Valpolcevera a 11 anni. Essendoci poche squadre femminili in Liguria quando iniziai a giocare, ho naturalmente incontrato alcune difficoltà che ho superato appoggiandomi ad una società maschile come tante altre ragazze. Per circa 6 anni ho continuato a giocare con i maschi, avendo così l’opportunità di allenarmi e seguire la mia passione, per poi proseguire il mio percorso sportivo alla Valpolcevera dopo aver raggiunto un’età che non mi permetteva più di scendere in campo con i ragazzi.
Sono rimasta per un paio di stagioni in questa squadra femminile che, purtroppo, è fallita qualche anno fa. A quel punto ho sostenuto e superato un provino al Genoa, iniziando la mia avventura in rossoblu. Ricordo che l’allenatore era Luca De Guglielmi, tecnico con cui avevo già lavorato alla Valpolcevera e che, in un certo senso, mi ha portato qui.
Cosa significa, per te, essere parte di una società importante e storica come il Genoa?
È un traguardo molto importante per me e, sicuramente, anche un privilegio che non tutti hanno. Già dopo aver vissuto un paio di anni qui, ti senti parte di un qualcosa di grande e della storia del club. Inoltre, essendo una tifosa rossoblu, essere qui è doppiamente emozionante!
Grazie alle ottime prestazioni delle ultime stagioni sei diventata un punto fermo di questa squadra. Quali sono gli aspetti su cui lavori di più in allenamento e quali sono i tuoi punti di forza?
Gli aspetti su cui lavoro di più sono l’esplosività e l’elevazione sui palloni alti, cercando di compensare la mia statura. Tra i miei punti di forza inserirei i riflessi, in quanto mi sembra di riuscire a padroneggiarli abbastanza bene!
E se dovessi invece individuare un tuo punto debole, quale sceglieresti?
Non essendo altissima, come detto prima, i palloni alti potrebbero mettermi un po’ più in difficoltà.
Secondo te, quali caratteristiche non dovrebbero mai mancare ad un buon portiere? E tu, pensi di possederle tutte o non ancora?
Sicuramente la gestione podalica, in quanto, pur essendo un aspetto non sempre considerato nei portieri, si è parte attiva della squadra e bisogna sempre avere una certa capacità nel gestire la palla, nel vedere le compagne libere e nel servirle efficacemente. Riuscendo a smistare bene i palloni dal basso si riesce, l’estremo difensore ha infatti la possibilità di avviare una nuova azione. Personalmente, penso di essere ancora in una via di mezzo, riuscendo ad accompagnare discretamente le ripartenze con i piedi ma dovendo ancora lavorare sui rilanci lunghi. Ho ancora molto tempo e occasioni per migliorare, anche se la vera sfida è riuscire a gestire la pressione in campo.
Nonostante la tua giovane età hai già dato ampia dimostrazione del tuo carattere forte, affrontando senza timore anche avversarie più grandi ed esperte. Qual è dunque il tuo segreto per riuscirci?
Una cosa che mi ha sempre aiutato è, in totale sincerità, “non conoscere l’avversario”. Non conoscendone l’età o l’esperienza pregressa, riesco infatti ad essere più tranquilla in campo, senza troppe ansie. Naturalmente, studio e memorizzo altri aspetti delle giocatrici che affronteremo, tralasciando però i caratteri più generali e concentrandomi su me stessa. Senza ombra di dubbio, un altro aspetto fondamentale è la fiducia nei propri mezzi.
Con la massima oggettività, quanto pensi di essere migliorata dal tuo arrivo al Genoa ad oggi e quanto ancora potrai crescere nei prossimi anni?
Beh, considerando che ero molto piccola quando arrivai al Genoa, più o meno a 14/15 anni, posso dirti di aver compiuto un grande salto in avanti rispetto ad allora. Passare da quell’età ai vent’anni è stata una tappa calcistica davvero importante in cui si iniziano a vedere tanti cambiamenti. Penso infatti che ci siano stati una trasformazione e un miglioramento evidenti, facilitati dall’essere seguita dallo stesso preparatore ormai da un paio d’anni, riuscendo così a lavorare in maniera più specifica sui miei punti deboli. Non so quanto riuscirò a crescere nei prossimi anni… spero il più possibile! Ci sono infatti tante variabili che non si possono prevedere.
Parlando di questa prima metà di stagione, come giudichi il percorso fatto finora e cosa ti aspetti da gennaio in poi?
Di primo acchito, ti dico che il nostro percorso è in crescendo. Dopo un inizio più lento, dovuto alle tante novità della rosa e al repentino cambio di categoria avvenuto a poca distanza dall’inizio del campionato, il nostro gioco e la coesione dello spogliatoio stanno iniziando a dare i loro frutti. Secondo me, questa tipologia di cammino caratterizza ogni nostra stagione, con la sola differenza che il tempo di adattamento in Serie C è più breve rispetto alla Serie B. Essendo infatti un torneo di una categoria inferiore, è più facile ambientarsi e abituarsi a ritmi e avversarie. In B, invece, se non riesci a adattarti in tempo diventa complicato risalire la classifica e restare al passo.
Detto ciò, penso che le nostre ultime prestazioni siano ottime per il percorso intrapreso, essendosi vista una reazione concreta e positiva nonostante alcuni risultati finali non abbiano premiato i nostri sforzi. Quanto fatto prima della sosta invernale ci aiuterà sicuramente molto da gennaio in poi, a partire dalle ultime tre sfide del girone d’andata in cui daremo il massimo per portare a casa quanti più punti possibile. I primi incontri di ritorno saranno invece scontri diretti per la salvezza contro formazioni maggiormente alla nostra portata contro cui, a causa delle iniziali difficoltà di adattamento, non siamo riuscite a vincere in avvio di stagione. Nonostante ciò ci abbia penalizzate, siamo fiduciose e pronte a ripartire dall’ottima prestazione contro la Ternana.
Tra tutte le partite giocate quest’anno, quale ti è rimasta più impressa e perché?
Sicuramente questa con la Ternana. È stata infatti una partita tosta contro un avversario molto aggressivo e più “pesante” di noi che abbiamo affrontato con uno dei migliori atteggiamenti in campo della stagione. Date le loro caratteristiche, c’era dunque il rischio di patire la loro fisicità, eppure abbiamo gestito bene la situazione. Una delle cose più importanti del match, però, è stata la nostra capacità di reagire e recuperare lo svantaggio, un merito non da poco specialmente perché, nel corso del campionato, abbiamo spesso vissuto una situazione opposta, passando in vantaggio e permettendo alle avversarie di rimontare.
Domanda spinosa, quali sono i tuoi progetti e le tue ambizioni per il futuro?
Il mio obbiettivo principale è continuare a migliorare, approfittando anche della mia giovane età e cercando di crescere di anno in anno. Ogni stagione mi pongo degli obbiettivi e do il massimo per raggiungerli, ponendomene poi degli altri una volta conseguiti.
Hai anche progetti e sogni non inerenti al mondo del calcio oppure non ancora?
Al momento sono iscritta all’Università e seguo il corso di Biotecnologie, motivo per cui spero di riuscire a portare a termine il mio percorso di studi.
Cosa consiglieresti invece ad una giovane ragazzina che sogna di intraprendere questo percorso sportivo e professionale?
In primis, le suggerirei di giocare senza pressioni e senza prestare attenzione a pregiudizi o alle parole di chi cerca di farla desistere dal continuare. Ogni ragazza che intraprende questo percorso incontra sicuramente ostacoli e persone che non concepiscono il calcio come uno sport femminile, pensando erroneamente che una bambina debba piuttosto iscriversi a danza o cose del genere… Tutte noi ci siamo passate almeno una volta, motivo per cui le direi di non badare a nessuna di queste cose. Altro elemento fondamentale è il supporto della famiglia, dunque le augurerei di poter contare sull’aiuto dei suoi genitori!
Parlando del movimento calcistico femminile in Italia, secondo te, quanto è migliorata la situazione negli ultimi anni e cosa si potrebbe ancora fare per far crescere e diffondere questo sport?
La condizione del calcio femminile in Italia è decisamente migliorata rispetto agli inizi, anche perché era difficile fare dei passi indietro… Secondo me, inoltre, i mondiali del 2019 hanno dato una spinta cruciale alla crescita del movimento, essendo stati trasmessi dalla Rai e avendo incentivato tante nuove ragazze a intraprendere questo percorso sportivo. Nonostante ciò, penso che il nostro paese sia ancora molto indietro, soprattutto per quanto riguarda i settori giovanili. L’attenzione dedicata dalle società ai vivai è spesso minore rispetto a quella riservata alla prima squadra, limitando così lo sviluppo dei rispettivi campionati di categoria. In Liguria, ad esempio, ci sono pochissime squadre e ciò ostacola fortemente la crescita e il miglioramento del calcio a livello regionale.
Dunque, penso ci sia ancora molto su cui lavorare, specie perché questo mancato progresso si ripercuote anche sulla visibilità del calcio femminile, sul coinvolgimento di un pubblico più ampio e sulla sua pubblicizzazione. Dal mio punto di vista, per cercare di cambiare le cose, si potrebbe insistere di più sulla sponsorizzazione di questo sport. Naturalmente, non si può obbligare la gente a guardare un qualcosa che non la coinvolge, motivo per cui penso sia fondamentale un miglioramento tecnico dalle basi. A tal proposito, una soluzione potrebbe essere unire i settori giovanili femminile e maschile fino ad una certa età, permettendo così alle ragazze di allenarsi con un maggior numero di compagni e di partecipare a più partite, tornei e sessioni.
Per via di queste occasioni in più, molti sostengono che una ragazzina aggregata ai coetanei maschi giochi meglio di una facente parte di un vivaio prettamente femminile. D’altronde, non esistono differenze fisiche o mentali tra bambine e bambini in queste categorie, al di là dei pregiudizi che, purtroppo, continuano ad esserci. Conosco infatti alcuni addetti ai lavori che riducono la quantità di esercizi fisici delle ragazze più giovani, lasciandosi quindi influenzare da questi preconcetti.
Dulcis in fundo, una domanda inusuale: dovendo trovare tre aggettivi che possano descriverti al meglio, quali sceglieresti e perché?
È una domanda un po’ difficile… ad ogni modo, il primo che mi viene in mente è “testarda”. Aggiungerei poi “razionale”, in quanto ragiono sulle cose da fare prima di farle, essendo un po’ più restia nel seguire l’istinto, anche in partita. Dulcis in fundo, per quanto non sia propriamente un aggettivo, mi ritengo una persona che “pensa troppo”. Se sia un pregio o un difetto dipende dalle situazioni, consapevole delle difficoltà che potrei incontrare in partita, rischiando ad esempio di perdere il tempismo giusto per un intervento. Stessa cosa vale anche per la testardaggine: positiva, perché può aiutarmi a raggiungere l’obbiettivo che mi sono prefissata; negativa, in quanto potrei fossilizzarmi su un blocco mentale o su una difficoltà in allenamento, non riuscendo così a superarla e a passare a un altro esercizio.