Credit Photo: Stefano Petitti - Photo Agency Calcio Femminile Italiano

La rubrica #VisteDaVicino dell’Hellas Verona Women nasce per mostrare, tramite interviste pubblicate sui canali social e il sito ufficiale del club, la storia delle giocatrici della squadra scaligera. Nella puntata numero 2, dopo Alessia Pecchini, è toccato a Giulia Mancuso, centrocampista classe 2003 promossa quest’anno vicecapitana (e per omonimia da non confondere con Giulia Mancuso della Lazio, difensore classe 1999).

Ero alle elementari. Ricordo che un giorno mentre tornavo a casa insieme a un mio amico, eravamo con i nostri nonni, ci siamo detti ‘perché non andiamo a provare?’ e da lì ho iniziato. Tutti i giorni ero al campo ad allenarmi oppure al parco a giocare, tutti i pomeriggi di ogni giorno fino alle scuole medie. Mio nonno tutte le sere mi aspettava per portarmi a casa. Da piccolina gli altri bambini un pochino mi escludevano, allora mi mettevo a palleggiare con mio nonno, a fare qualche passaggio con lui. Ho iniziato così, ma nessun altro in famiglia giocava a calcio“.

Ho iniziato a giocare nel San Martino Speme, con i maschi, perché era la squadra del mio paese, di San Martino Buon Albergo. Ho iniziato a cinque anni e fino al 2013 ho giocato lì. Dall’anno successivo sono passata all’AGSM Verona, praticamente l’unica squadra femminile a Verona, che poi è diventata l’Hellas Verona Women attuale. Per quanto riguarda il calcio femminile io ho sempre giocato qui, nella squadra della mia città“.

Rappresentare la mia città è un onore. Verona è la mia città, e io lotto per questi colori da una vita. Me li sento addosso ogni domenica“.

Devo dire che fin dall’inizio la mia famiglia mi è stata vicina. All’inizio mi allenavo vicino a casa e mio nonno mi accompagnava tutti i giorni, lo ringrazio tanto per questo. Passare al Verona voleva dire andare fino in città: mio papà ogni giorno mi accompagnava e poi mia mamma mi veniva a prendere, sempre così finché non ho preso la patente tre anni fa. I miei genitori mi hanno sostenuta dal primo giorno e li ringrazio per questo. Venivano a vederci anche in trasferta, a Trento, a Milano, loro c’erano sempre quando potevano. Mia mamma mi seguiva ovunque come fa anche ora, vuole vedermi giocare sempre, non vorrebbe perdersi mai una partita. Mi hanno seguita sempre fin da piccola. Quando andavamo alle partite in pullman, i miei venivano comunque in macchina, ci seguivano con anche altri genitori; sono venuti così anche fino a Roma per vederci giocare“.

Sono molto contenta, anche questo è un onore per me. Fin da piccola ho sempre voluto essere una bandiera per questa squadra, e questo è un piccolo passo verso un mio personale sogno. Per me significa essere una bandiera della mia città, sono molto fiera del mio percorso”.

“Mi divertiva giocare con i maschi perché strutturalmente erano più forti di me, ma mi piaceva confrontarmi in campo con loro. Lottavo come faccio anche adesso: battaglio sempre in mezzo al campo, mi piace. Nei primi anni di calcio femminile non erano molte le squadre, quindi si giocava sempre contro le stesse avversarie e si facevano gli stessi tornei, ma per me è stato bello anche vedere la crescita di questo movimento da dentro”.

 

“Al giorno d’oggi per le bambine che vogliono iniziare a giocare è più semplice. Anni fa eri quasi costretta ad andare dove trovavi, oggi è più facile invece individuare una squadra in cui giocare. Io sono molto contenta di questo cambiamento, che ho vissuto in prima persona e che sto ancora vivendo perché ogni anno vedo dei miglioramenti. Anche in Serie A femminile rispetto a quattro o cinque anni fa è tutta un’altra storia adesso”.

“Per la Serie A ho esordito da piccolissima per la categoria, nel 2020 in periodo covid, precisamente l’8 novembre 2020. Tutte le nostre compagne si erano ammalate e sono dovuta scendere in campo. È stato un momento terribilmente ansioso per me, (ride ndr) avevo addirittura la nausea prima della partita”.

“Fuori dal campo sono una persona timida, ma in campo mi sento libera. Cerco di giocare sempre come se fosse l’ultima partita, ci metto una grinta immensa perché questa sono io. Voglio lottare sempre fino all’ultimo centimetro, fino alla fine della partita, non mollare mai niente. In campo parlo abbastanza con le mie compagne, fuori invece non mi piace stare sotto i riflettori”.

“Quest’estate ho fatto una preparazione molto carica. Ero davvero entusiasta di iniziare questa nuova avventura sapendo che quest’anno avremmo avuto una squadra giovane. Ho pensato che avrei potuto trovare il mio posto, il mio ruolo, e che sarei potuta essere anche un buon punto di riferimento per le mie compagne. Le più giovani hanno anche quattro o cinque anni meno di me, io sono giovane ma sono qui da tanto”.

“L’infortunio al crociato è stata una sfida da cui bisognava rialzarsi. Quando ti capita un infortunio del genere devi affrontarlo nel miglior modo possibile, devi lottare, sono momenti duri. Solitamente non sono una persona troppo positiva, invece in questa situazione mi sono sentita spronata, caricata, e l’ho affrontata bene, nella maniera giusta. Non vedevo l’ora di tornare più forte di prima. Dopo sei mesi ho finito la fisioterapia e sono rientrata con una voglia matta di giocare. Non ho avuto paura di rientrare: volevo giocare a calcio ed è ciò che sono tornata a fare e che sto facendo. Sembra strano da dire, ma paradossalmente per me è stato un bene farmi male. Con l’infortunio sono cresciuta tanto, sia mentalmente che fisicamente. Ho iniziato a curarmi di più, a fare attenzione a tanti particolari”.

“Il calcio è la mia vita. Vivo per il calcio, mi sveglio la mattina e vado a letto la sera pensando al calcio. Se non so cosa fare guardo in televisione partite o programmi relativi al calcio. In futuro mi vedo calciatrice, spero di giocare a livelli da Serie A o Serie B. Non faccio altro per ora, magari vorrei trovare qualcosa da fare che mi occupi le mattine, ma i pomeriggi per me sono dedicati solamente all’allenamento”.

“Ho i miei idoli, alcuni giocatori che ammiro fin da quando sono piccola, come Pirlo e Del Piero. Mi sono sempre piaciuti, ricordo che da bambina mi divertivo a fare dei disegni su di loro, li guardavo sempre giocare. Pirlo è un maestro, da centrocampista in campo mi ispiro a lui”.

“L’obiettivo è mantenere la categoria in primis, ma penso che possiamo fare anche di più. Come squadra, per come siamo, possiamo fare meglio. Dobbiamo solo crederci, volerlo davvero tutte insieme da squadra. Dobbiamo essere consapevoli del nostro potenziale, possiamo fare bene. Penso che abbiamo bisogno di uscire dal nostro guscio per fare bene, ce lo meritiamo. Abbiamo raccolto poco finora, avremmo meritato di più in alcune partite, ma noi prima di tutto dobbiamo crederci di più. Bisogna lottare, far vedere che abbiamo voglia di fare bene, di vincere”.

“Ho tanti ricordi ma se devo dirne uno mi piace pensare alla prima volta in cui ho segnato dopo l’infortunio lo scorso anno. Quando riguardo quel video piango, e potrei farlo anche ora. È stata un’emozione fortissima. Stavamo già vincendo 4-0 e io ho segnato la rete del 5-0, non contava molto ai fini del risultato, di solito non si esulta molto quando è così, anche se è sempre un gol. Invece in quel momento ho visto tutta la squadra correre verso di me, felici per il mio gol e per me. Mi sono emozionata molto, è stato bellissimo. Quando ho dei momenti in cui sono un po’ giù riguardo quel video, non tanto per la rete in sé ma per vedere le mie compagne e quanto ci tenevano, è davvero un bel ricordo. Questa squadra per me è sempre stata una famiglia. Tante persone e compagne con cui ho giocato me le porterò sempre nel cuore. Penso che i legami per stare bene siano importantissimi, perché vanno oltre al campo. Ad esempio, gioco dal 2018 con ‘Case’: di lei ho anche visto l’esame di terza media e quello di quinta superiore. Ciò che resta poi va oltre”.