Essere capitano di una squadra, indipendentemente dalla categoria in cui si gioca, non è mai facile. Esserlo di una formazione alla prima storica stagione in Serie B, a maggior ragione, lo è ancor meno. Nonostante la sua giovanissima età e un campionato decisamente competitivo e di livello, Giada Abate ci sta riuscendo nel migliore dei modi, mostrando in ogni partita una grinta e una determinazione degna delle calciatrici più esperte e abituate a questi palcoscenici.
Genovese di nascita e genoana d’adozione, la talentuosa classe 2003 ha già dato ampia dimostrazione delle proprie abilità in campo e della propria leadership nel corso della lunga storia d’amore con il suo Genoa. Senza alcun dubbio, l’esperienza in nazionale ha permesso alla giovane Giada, perno della squadra di mister Oneto, di crescere esponenzialmente, osservando compagne e avversarie più esperte e imparando ad affrontare ogni partita con la giusta concentrazione e intensità.
La storia che la lega al Grifone affonda le sue radici nel lontano 2014, anno dell’arrivo in società da una squadra della sua zona, Sampierdarena, in cui aveva mosso i primi importanti passi nel mondo del calcio. In questi anni in rossoblù, la centrocampista ha saputo adattarsi al meglio alla nuova dimensione, mettendosi a servizio della squadra e diventandone presto anima e leader, in campo e fuori, grazie alla sua passione e al suo attaccamento a questi colori. La nostra redazione ha avuto l’onore di intervistarla, ripercorrendo le prime battute di questa prima e particolare stagione in Serie B.
Dovendo individuare tre momenti chiave della tua carriera calcistica, quali sceglieresti?
Il primo è stato sicuramente l’arrivo al Genoa nel 2014, passando dal Don Bosco, una squadra dilettantistica delle mie zone, ad una società così importante che rappresenta il punto più alto della mia carriera. Il secondo, invece, è stata la chiamata in nazionale, un’esperienza che mi ha lasciato davvero tanto, mostrandomi cosa volesse dire rendere il calcio un vero e proprio lavoro. Ho infatti capito cosa significasse allenarsi di mattina e di pomeriggio, seguire un’alimentazione specifica, avere delle regole a cui non eravamo ancora abituate all’epoca.
Nel vestire quella maglia ho provato un mix di emozioni, dall’ansia all’orgoglio e all’onore per poter difendere quei colori. Un altro momento chiave, sempre legato a quell’esperienza in nazionale, è stato cantare l’inno insieme alle mie compagne prima del fischio d’inizio, perché penso che non ci sia cosa più emozionante e bella di vivere attimi così intensi. Per non parlare della possibilità di visitare altri paesi che ho avuto nel corso degli Europei, tra cui l’Inghilterra e il Portogallo. L’ultimo, infine, è stato sia il passaggio dal campionato di Eccellenza alla Serie C, sia quello in Serie B, nonostante sia ancora presto per poterne parlare appieno.
Cosa significa per te vestire i colori del Genoa ed esserne il capitano?
È una domanda che mi è stata fatta in tante altre occasioni nel corso degli anni e, ogni volta, non so mai trovare una parola che riesca a spiegare appieno cosa provo, da nove anni a questa parte, quando scendo in campo con questi colori e con la fascia da capitano. Posso solo dirti che ad ogni partita mi sento emozionata ed elettrizzata come la prima volta.
È sicuramente un grande onore poter rivestire questo ruolo nel club più antico d’Italia, nonché uno dei più ben strutturati, entrando a far parte della sua storia e assumendomi la responsabilità di difenderlo sul campo, onorandone i colori. Specialmente in questo momento, il mio compito è ancora più importante. Infatti, pur non essendo una che ha paura, devo dire che si è trattato di un periodo in cui la responsabilità pesa un po’ di più sulle spalle.
Come giudichi questo inizio di stagione e, in completa oggettività, qual è il vostro principale obbiettivo stagionale?
Il nostro obbiettivo stagionale è ovviamente la salvezza, dimostrando di meritare la Serie B nonostante qualche naturale difficoltà iniziale, la giovane età della rosa e la minore esperienza in questa categoria rispetto ad alcune avversarie. L’inizio del campionato è stato caratterizzato da alti e bassi.
Certo, avremmo potuto portare a casa più punti in alcune partita, tuttavia sono davvero orgogliosa della mia squadra e del massimo impegno profuso in campo ogni domenica. L’impatto del passaggio da C a B è stato notevole, ciononostante abbiamo ancora tanto da dimostrare e stiamo reagendo bene, prendendo sempre più le misure alla nuova categoria.
Hai già dato grande dimostrazione, specialmente durante la passata stagione, di saper dare una grande mano in fase offensiva e di avere anche un’interessante propensione al tiro e al goal. Quali sono gli aspetti su cui lavori di più in allenamento e quali sono i tuoi punti di forza?
In allenamento lavoro su tutti gli aspetti, da quello atletico e fisico, con esercizi mirati in palestra, alla tecnica. Alcune abilità in particolare che sto cercando di sviluppare sono il lancio lungo e i cambi di gioco, allenandomi con mister Oneto anche al termine della sessione di gruppo. Secondo lui ho le capacità giuste per riuscirci, motivo per cui punta molto su di me in partita, facendomi esercitare anche nella battuta di calci di punizione e corners.
Naturalmente devo ancora migliorare molto e, a volte, mi riescono delle giocate fantastiche mentre in altre occasioni no, tuttavia il mister punta sempre su di me per un lancio lungo, un passaggio alto morbido o un cambio di gioco. Ho importanti capacità pure nel tiro e a volte sono un po’ più egoista, come contro la Fiorentina, anche se a volte tentenno, preferendo fare assist per le mie compagne. Diciamo che il nostro allenatore si arrabbia quando non tiro, perché dovrei assecondare di più l’istinto e sfruttare al meglio questa mia capacità con un pizzico in più di sano egoismo.
E se dovessi invece individuare un tuo punto debole, quale sceglieresti?
Non sono una giocatrice che per saltare l’avversario utilizza troppe finte, fatta esclusione della veronica; quindi, penso di dover migliorare nel dribbling. Per il resto, non sono una calciatrice molto elegante e, a volte, pur riuscendo a recuperare tanti palloni in partita o facendo bene nel mio ruolo, posso risaltare meno agli occhi di uno spettatore rispetto alla singola giocata di fino di un’altra. Un altro aspetto, stavolta caratteriale, su cui sto lavorando molto è il saper accettare la sconfitta. Pur essendo ancora giovane, posso dire di essere migliorata davvero tanto rispetto al passato, non piangendo più dopo una sconfitta e sfruttando in positivo la competitività che mi contraddistingue da quando sono piccola.
Cosa stai facendo per migliorare sotto questo aspetto e quanto ti aspetti di crescere, calcisticamente e non solo, nei prossimi anni?
Penso che la cosa più importante sia continuare ad allenarmi duramente e spesso vado al campo prima della sessione insieme ad alcune compagne e al mister. Ho ancora 19 anni e penso di avere ampi margini di crescita che spero mi facciano arrivare a livelli sempre più alti.
Affrontare squadre più esperte di voi cosa vi sta insegnando e, soprattutto, cosa vi manca ancora per ridurre questo divario?
Credo che tutte noi abbiamo avvertito profondamente la differenza tra Serie C e B, affrontando avversarie più esperte di noi sia da un punto di vista anagrafico sia per via della loro maggiore praticità in questa categoria. In B devi infatti essere in grado di pensare più velocemente, di agire in minor tempo rispetto all’anno scorso e c’è bisogno di un periodo più lungo di allenamenti e preparazione mentale per affrontare un campionato tanto impegnativo.
Nonostante ciò, essendo una squadra tanto giovane, abbiamo appunto un margine di miglioramento molto ampio e non potremo che imparare e crescere notevolmente nel corso della stagione, cercando ovviamente di raggiungere l’obbiettivo salvezza e di arrivare ancor più preparate alla prossima Serie B. Certo, l’aver iniziato in ritardo ci ha dato una bella botta, tuttavia la stiamo gestendo bene e, con il duro lavoro e anche qualche innesto d’esperienza nel mercato invernale, questo bellissimo gruppo squadra potrebbe riuscire ad affrontare con maggiore facilità la seconda metà di stagione.
Quali sono state le tue emozioni alla prima di campionato in Serie B? Cosa hai detto alle tue compagne prima di scendere in campo per mantenere alto il morale della squadra?
Penso che all’inizio ognuno abbia vissuto quei momenti a modo suo. Sentivo naturalmente un po’ di sana tensione nello spogliatoio ma, ad esser sincera, siamo riuscite egregiamente ad “ubriacarla”. Personalmente, cerco di mantenere sempre la stessa mentalità contro ogni avversario, dalla Juventus ad una squadra di provincia, cercando di non farmi prendere troppo dall’ansia. Nonostante ciò, appena scese in campo e poste dinnanzi a formazioni quali, ad esempio, la Lazio, è normale avvertire un po’ di tensione che spinge a dare il massimo per i tuoi colori.
Ad ogni modo, per me ogni partita richiede stesse attenzione e grinta e, come accaduto contro la Fiorentina, ci guardiamo sempre tutte prima del fischio d’inizio e ci ripromettiamo di dare il massimo indipendentemente dal blasone e dalla forza, su carta, dell’avversario. A proposito del match contro la Viola, ricordo di aver ricordato alle mie compagne nello spogliatoio quanto meritassimo di giocare quella partita, ripensando agli importanti progressi fatti negli anni dalla nostra squadra e dalla società. Poi, ti ripeto, non sono una persona che si lascia prendere troppo dall’ansia e, anche quando sono un po’ più tesa, cerco di non farla trasparire per evitare di impensierire le compagne, dando piuttosto loro forza e grinta.
Volendoci soffermare su un evento chiave di questa tua stagione, vorrei rivivere insieme a te il tuo goal alla Fiorentina in Coppa Italia. Cosa hai provato in quel momento?
Penso che questo goal rappresenti appieno il cambio di mentalità e la crescita, non solo individuale, di cui abbiamo parlato prima. Nonostante fossimo sotto di sei goal, abbiamo tutte continuato a pressare nel tentativo di recuperare palla e, mentre in passato mi sarei messa in disparte e avrei maggiormente accusato il colpo, sono riuscita a trascinare le mie compagne, suonando la carica al di là dello svantaggio. Proprio per questo, posso dire che abbiamo disputato una gara più bella e intensa di altre in Serie B o in Serie C.
Un momento in particolare prima del goal è stato il duello con una mia vecchia compagna di nazionale, Emma Severini. Mentre in passato avrei difficilmente tentato uno sprint per anticiparla e intercettare il passaggio, stavolta ho assecondato l’istinto e ci sono riuscita, accompagnata dalle mie compagne. Ricordo di essermi guardata attorno e, non potendo servire nessuno, di aver tirato senza paura, nonostante la stanchezza di un match contro un’avversaria che pressava incessantemente e che faceva girare bene palla. Penso che tutta la squadra abbia meritato quel goal, non lasciandosi demoralizzare dallo svantaggio accumulato.
Cosa consiglieresti invece ad una giovane ragazzina che sogna di intraprendere questo percorso sportivo e professionale?
Senza dubbio, le direi di non mollare mai, nonostante gli ostacoli che potrebbe incontrare lungo il suo percorso, perché non conosco giocatrice che non ne abbia affrontati e superati. Inoltre, le suggerirei di non lasciarsi spaventare dai pregiudizi o dalle prese in giro che potrebbe ricevere, in quanto i tempi stanno fortunatamente cambiando in meglio rispetto al passato, con una maggiore diffusione del calcio femminile sui social o in televisione e una crescita esponenziale di tutto il movimento.
Dunque, si potrebbe finalmente iniziare a pensare a quello della calciatrice come un vero e proprio lavoro futuro, nonostante ci sia ancora tanta strada da fare. Anche se penso che il calcio femminile sarà sempre guardato un po’ con un occhio di riguardo rispetto al maschile, le consiglierei di non mollare mai, inseguendo il suo sogno e approfittando anche delle maggiori opportunità rispetto al passato.
Allontaniamoci brevemente dal campo da gioco per conoscere Giada Abate al di là del calcio. Dunque, quali sono i tuoi sogni e i tuoi obbiettivi per il futuro? Quali, invece, le tue passioni?
Il mio obbiettivo primario è vivere di calcio, lavorando appunto come calciatrice. Sogno anche di ritornare, se ci sarà la possibilità, in nazionale. Dovendo trovare un’alternativa, vorrei comunque rimanere in questo mondo, come allenatrice o intraprendendo il percorso di studi in fisioterapia a partire dal prossimo anno. Quest’ultima, però, è un’ipotesi su cui vorrò ragionare ancora un po’ prima di decidere. Ad ogni modo, ripeto, voglio restare nel in questo ambito e, pur amando ballare e la musica e avendo hobbies, non ho passioni tanto forti come il calcio.
Dulcis in fundo, una domanda inusuale. Secondo te, nel raccontare al meglio il calcio femminile in Italia il giornalismo sportivo italiano sta facendo un buon lavoro o è ancora lontano dal riuscirci?
Secondo me, giornali e social hanno fatto importanti passi in avanti rispetto al passato. Sto provando sulla mia pelle questo esponenziale aumento di interesse e visibilità rispetto agli anni scorsi, specialmente per quanto riguarda Serie A e B. Tuttavia, penso che ci sia ancora tanta strada da fare, cercando di dar voce a più ragazze e a più storie, coinvolgendo anche persone che non vivono in questo ambiente e aumentando sempre di più la copertura mediatica di tutte le categorie.