Photo Credit: Mircea Gida - Como Women

Sul campo, dentro e fuori, Rosa Lappi-Seppälä ha scritto capitoli importanti della sua vita calcistica attraversando Finlandia, Belgio, Stati Uniti e Italia. Da giocatrice d’élite a mentore esperta, Rosa oggi porta al Como Women non solo le sue conoscenze tecniche, ma anche una visione illuminata sullo sviluppo del calcio femminile.

Rosa inizia a giocare a calcio per passione negli anni ’80, quando il calcio femminile era ancora ai margini della scena sportiva in Europa. “Ricordo che mia madre mi chiese più volte se fossi sicura di praticarlo” racconta.  “All’epoca il calcio era considerato uno sport da maschi e troppo violento per le ragazze. Nonostante questi dubbi iniziali, però, la mia famiglia non mi ha mai ostacolato in questa scelta”. Dopo aver mosso i primi passi nei quartieri di Helsinki, arriva al HJK con cui conquista otto campionati e cinque coppe di Finlandia, imponendosi come una delle figure più rilevanti del calcio finlandese. L’esperienza internazionale la porta a giocare in Belgio e negli Stati Uniti, dove si dedica anche agli studi alla Barry University di Miami Shores.

Ma è in Italia che Rosa vive il periodo più lungo e significativo della sua carriera internazionale, indossando le maglie di Torino, Foroni, Fiammamonza e Milan tra il 1999 e il 2004. In un’epoca di pregiudizi e scarse risorse per le squadre femminili, Rosa si distingue per il suo impegno: “Vivevamo di passione,” racconta. “A quell’epoca c’erano tantissime calciatrici molto brave come Patrizia Panico e Carolina Morace. Quella generazione di giocatrici era molto brava nella gestione del pallone e dal punto di vista della visione di gioco, però atleticamente si faceva più fatica rispetto a oggi. Non c’era ancora il professionismo e non potevamo allenarci tutti i giorni. Giocavamo a calcio solo per passione e lo praticavamo con orgoglio pensando anche alle future generazioni e ai loro diritti. Tutto quello che abbiamo fatto ce lo siamo conquistate da sole e con l’aiuto di qualche appassionato ed entusiasta presidente e allenatore che credeva nel calcio femminile. Non c’erano i fondi, le strutture odierne e nemmeno il professionismo: era tutto più complicato”. 

Curiosamente, Como era destinata a far parte del percorso di Rosa già alla fine della sua carriera da calciatrice. Dopo il Milan, infatti, avrebbe dovuto unirsi al Como 2000, ma un infortunio le impedisce di vivere quell’esperienza. “Anni dopo, allenare qui è diventato un sogno realizzato,” confida Rosa. “Essere qui è come un ritorno, un’opportunità di crescita personale e professionale”.

La connessione con l’Italia non si è mai spenta: Rosa e la sua famiglia hanno mantenuto una casa a Monza, e il legame con il calcio italiano è sempre rimasto forte. “Qui c’è un’intensità nel vivere il calcio che è unica,” spiega. “Mi sento come a casa e adoro la passione e l’agonismo che si respirano nei club italiani”.

Una visione per il futuro del calcio femminile

Con una lunga carriera anche come allenatrice, oggi Rosa è un’importante risorsa per il Como Women. Grazie alla sua esperienza, che spazia dalla guida di squadre giovanili della Finlandia all’allenamento di formazioni competitive, Rosa osserva con ottimismo l’evoluzione del calcio femminile. Ma invita a riflettere su quanto ancora sia necessario fare in Italia: “Abbiamo fatto molti passi in avanti, soprattutto negli ultimi cinque anni, ma dobbiamo investire di più. Il potenziale c’è, e l’Italia ha una cultura calcistica profonda. Ora servono fondi e visibilità per continuare a crescere. Se compariamo con altri paesi come l’Inghilterra, l’Italia deve fare molto di più. Il prossimo passo bisogna farlo con fondi economici: senza quelli non si può migliorare. Bisogna investire sul marketing e tanti altri aspetti che facciano crescere questo movimento”. Lo scarso investimento economico, però, non è l’unico ostacolo per la crescita del movimento calcistico femminile, il problema è soprattutto sociale: “Bisogna coinvolgere di più le scuole, le comunità locali e soprattutto le ragazzine: bisogna portarle allo stadio e avvicinarle maggiormente al mondo delle giocatrici, in modo che possano rivedersi in loro e vederle come un modello a cui ispirarsi. In questo senso ci sono ancora tante barriere da abbattere”. 

Tanta strada ancora da percorrere in Italia per dare al calcio femminile la visibilità e l’importanza che merita, ma sottolinea i grandi passi in avanti rispetto al passato. “Il cambiamento più grosso visto in Italia negli ultimi 25 anni è stato fatto all’interno delle società, nelle strutture e negli staff tecnici”. 

In Italia, Rosa ha trovato un calcio in cambiamento, più strutturato e ambizioso rispetto ai primi anni 2000. Tuttavia, ricorda che in Scandinavia la mentalità delle famiglie è più aperta: “Là il calcio femminile è accettato in modo naturale. Le famiglie sono felici di avere figlie che giocano a calcio. In Italia c’è ancora del lavoro da fare su questo fronte, ancora oggi i genitori invitano le loro figlie a praticare altri sport e non il calcio. In questo senso gli investimenti nel movimento e la conseguente visibilità di tutto il settore possono aiutare le società ad aprire la mente e far avvicinare maggiormente le ragazzine a questo sport”. 

Il calcio come crescita personale e resilienza

Rosa non si limita a trasmettere competenze tecniche alle giocatrici. “Vorrei essere un esempio e un supporto per loro,” afferma. “Il calcio non è solo vittorie e sconfitte, ma anche gestione dei momenti difficili, mentalmente e fisicamente”. Per Rosa, crescere nello sport significa affrontare le sfide con resilienza e avere la capacità di chiedere aiuto: “Oggi, le pressioni sono tante, e la vita è più frenetica. Vorrei che le ragazze sappiano che possono contare su una rete di supporto e che non c’è nulla di sbagliato nel chiedere aiuto, sia dentro che fuori dal campo. La passione e la voglia di lavorare non deve mai mancare anche quando l’ambiente e le circostanze non sono stimolanti o motivanti. Il consiglio che do a loro è di divertirsi e vivere le cose con resilienza e determinazione”. 

La sua filosofia si riflette anche nell’importanza che attribuisce all’equilibrio tra sport e vita privata, incoraggiando le giovani a non dimenticare che “il calcio è importante, ma non è tutto”. 

Ispirazione e modelli
Rosa ha trovato ispirazione non solo nelle compagne di squadra che l’hanno accompagnata nella sua carriera, ma anche in figure iconiche come Elisabeth Rehn, ex politica finlandese e Sottosegretario generale delle Nazioni Unite, e pioniera del calcio femminile negli anni ’60-’70. “Rappresentava per me una figura coraggiosa,” racconta Rosa, “ha aperto la strada per molte altre donne nello sport e nella politica”.

Un futuro ambizioso per e con il Como Women
Rosa Lappi-Seppälä rappresenta oggi un punto di riferimento per il Como Women, con l’obiettivo di portare il club ai vertici del calcio femminile italiano. Ma il suo obiettivo è anche personale con uno sguardo orientato a una crescita costante, in cui non si limita a fare l’allenatrice, ma si impegna a costruire un ambiente in cui le atlete possano esprimere il loro pieno potenziale. “Essere assistente è un’esperienza che mi arricchisce,” confida. “Imparo molto, e posso vedere le cose da prospettive diverse, avendo un ruolo di ponte tra lo staff e le giocatrici”. Una carriera da prima allenatrice, in Finlandia e sulla panchina della nazionale femminile dell’Arabia Saudita, in cui ha sempre avuto molto rispetto per i suoi assistenti, ora che è lei di supporto al primo allenatore, la prospettiva cambia: “Sono uscita dalla mia comfort zone, accettando questo ruolo al Como Women. È vero, si hanno meno responsabilità come allenatrice in seconda, però bisogna essere camaleontiche ed essere brave a far da tramite tra il coach, lo staff e le giocatrici. Con St

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