Ci siamo. Il campionato italiano di calcio femminile di serie A, stagione 2016/2017, ha preso il via. Nel girone a dodici squadre le favorite sono ancora una volta Brescia e Verona con la Fiorentina, però, a fare da terzo incomodo. “Il nostro obiettivo stagionale è arrivare tra le prime due della classifica”, dichiara senza mezzi termini il presidente Sandro Mencucci, “L’anno scorso siamo stati secondi fino all’ultima partita che abbiamo perso con il Verona che così ci ha superato. Quando una società come la Fiorentina decide di affrontare un progetto come questo, un anno ce lo possiamo concedere ma in questa stagione dobbiamo migliorare il piazzamento dello scorso anno”.
Come e perché è nata l’idea della squadra femminile?
“Due anni fa abbiamo iniziato a seguire da vicino l’ACF, la squadra dilettantistica di serie A di Firenze e al termine della stagione 2014/2015 abbiamo deciso di intraprendere questa sfida. La Fiorentina intende dare un forte impulso alla crescita del calcio femminile in Italia, è un desiderio di tutta la famiglia Della Valle. Per farlo, non potevamo certo partire dall’ultima divisione. Abbiamo quindi chiesto alla Federazione Italiana Giuoco Calcio la possibilità di trasferire il titolo sportivo dall’ACF, naturalmente con il consenso di ambo le parti, e partire così dalla serie di appartenenza di quella realtà sportiva. Nel mese di luglio del 2015 è stata emanata una norma ad hoc che adesso potrebbero sfruttare anche altre società di serie A, perché partire dal tesseramento di venti bambine under 12 è un processo troppo lungo”.
Perché le altre società di serie A non hanno ancora seguito il vostro esempio?
“Il calcio è sempre stato considerato uno sport per maschi, maschile e direi anche maschilista, e non uso queste parole a caso. È difficile rompere questo muro. Gli investimenti per una squadra femminile sono minimi, quindi è la mentalità che ancora deve arrivare. È un mondo bellissimo fatto di passioni vere, è lo sport dove non contano i soldi, mentre nel calcio maschile questo equilibrio a volte è ribaltato. Spero ci possa essere anche un senso emulativo nei confronti della Fiorentina. In Italia per far passare una norma dirompente rispetto al passato, per spirito e caratteristiche degli italiani, occorre porre un obbligo altrimenti, se si lascia al libero arbitrio, il processo diventa lungo”.
Ha una proposta da fare in merito?
“Certo. Le società di serie A si dividono circa un milione di euro di diritti televisivi e per partecipare al campionato italiano devono avere una licenza nazionale. La FIGC, se volesse veramente dare un forte impulso al calcio femminile, dovrebbe porre un semplice obbligo: entro una data stagione, tra due o tre anni, chi vuole iscriversi alla serie A deve avere una squadra femminile che possa partecipare alla serie A o alla serie B. Solo in questo modo si riuscirebbe a dare slancio al movimento: avere in campo sfide tra Fiorentina, Roma, Juventus o Milan aumenterebbe l’interesse in maniera esponenziale”.
A quanto ammonta l’investimento per una squadra di serie A femminile?
“Se l’approccio viene fatto da una società professionistica come la Fiorentina, gestito quindi come se fosse la A maschile, l’investimento non supera i 6-700mila euro a stagione. Una piccola percentuale se paragonata al fatturato di una società come la Juventus di 330 milioni di euro o comunque a quello di una squadra media che si aggira intorno ai 50 milioni di euro”.
Oltre a giocare a calcio, cosa fanno le ragazze della Fiorentina?
“La maggior parte di loro studia, e quindi vive in famiglia, oppure lavora. I rimborsi spese di queste ragazze sono modesti, vanno da 0 a 1000 euro e comunque difficilmente superano i 25.000 euro lordi a stagione. A loro abbiamo comunque voluto trasferire la maggior parte dei concetti e dei comportamenti del settore giovanile della Fiorentina”.
Il pubblico di Firenze come ha risposto a questa iniziativa?
“Molto bene ed è stata una delle più grandi soddisfazioni. Nelle prima parte dello scorso campionato avevamo solo un centinaio di spettatori, nelle ultime partite sono stati anche un migliaio. Giochiamo e ci alleniamo nell’impianto sportivo di San Marcellino, a 4-5 chilometri di distanza dallo stadio Franchi”.
Solo quattro o cinque chilometri separano i due stadi. Molto di più separa i due mondi, quello del calcio femminile e quello del calcio maschile.