Il 3 luglio scorso è una data che verrà sicuramente ricordata nella storia dell’Atalanta Mozzanica. In quel giorno inizia ufficialmente l’”Era Ardito”, viene infatti ufficializzato l’arrivo sulla panchina nerazzurra del nuovo tecnico milanese che sostituirà così il partente Elio Garavaglia. E’ un’estate particolare, l’estate dell’arrivo nel calcio femminile di Milan e Roma (oltre le già presenti Juventus, Fiorentina, Sassuolo e Chievo) e due potenze di questo calibro sono destinate a riscrivere gli equilibri del nostro campionato. Sparisce il Brescia che ripartirà dall’Eccellenza e con esso le grandi attese per i derby tra rondinelle e nerazzurre. La società deve scegliere a chi affidare il compito di guidare una squadra profondamente mutata, ricca di giovani e di scommesse. La scelta cade su Michele Ardito, lunga esperienza nel maschile in tutte le categorie, fresco di un’avventura sulla panchina del Como (lega pro) come secondo del tecnico ex calciatore dell’Atalanta Fabio Gallo. L’Atalanta Mozzanica scommette su mister Ardito e lui sposa il progetto nerazzurro.
Mister, lei è uno dei volti nuovi di questa stagione. Può raccontarci la sua carriera fino ad oggi?
“ Ho iniziato giocando all’oratorio e via via sono arrivato fino alla C, purtroppo ho giocato poco a causa di un infortunio di cui porto ancora i segni e per il quale ho dovuto smettere. Nonostante questo però non ho mai perso la grande passione per il calcio e appena tolte le scarpe con i tacchetti ho avuto subito la possibilità di indossare la tuta ed entrare in una società, la Snam Metanopoli di San Donato Milanese, come allenatore in seconda degli allievi regionali. Da lì è incominciata la mia carriera. L’anno dopo ho fatto sempre il secondo, ma negli juñores. La svolta è stata durante quel campionato: l’allenatore nella seconda parte del torneo fu costretto a lasciare per problemi fisici e così mi ritrovai la squadra in mano. Da lì mi son sempre più innamorato di questo mestiere. L’anno seguente diventai allenatore degli allievi e successivamente ho cominciato a girare di categoria in categoria passando attraverso diverse società, fino ad arrivare al Como in Lega Pro, come secondo di mister Fabio Gallo ed infine in D nel Varese.”
Qual è stato il momento che ricorda con più soddisfazione di tutta questa trafila?
“Mi viene quasi naturale dire il periodo in Lega Pro, nel quale ho potuto toccare con mano la realtà vera del professionismo. Io credo che chiunque si cimenti in questo lavoro dovrebbe avere la fortuna di provare un’esperienza nei professionisti, perché in quel mondo ho imparato cosa sia il perfezionismo e ho visto tanti aspetti di una società di calcio che purtroppo nei dilettanti molto spesso non si vedono. Dal punto di vista professionale però penso alla vittoria del campionato allievi con il Peschiera Borromeo, dopo della quale siamo andati alle fasi regionali arrivando tra le prime quattro. Ricordo sempre volentieri anche un’esperienza a Barcellona in un torneo internazionale con i giovanissimi regionali della Maccallese, al quale partecipavano 67 squadre e dove siamo arrivati tra le prime tre.”
Lei è milanese doc, quindi la domanda è scontata: Milan o Inter?
“Nessuna delle due, sono juventino da sempre. D’altronde quando ero ragazzo io la Juve di Trapattoni era la squadra più forte di tutte. “
Allora la prossima domanda me l’ha servita su un piatto d’argento: è un allenatore alla Trapattoni, alla Lippi o stile Allegri?
“Caratterialmente mi sento più vicino ad Allegri, per quella sua caratteristica di cercare sempre il compromesso nelle situazioni e di stemperare i toni. In campo però sono un tipo viscerale alla Trapattoni per intenderci. Sotto l’aspetto dell’eleganza invece vorrei assomigliare di più a Lippi.”
E dal punto di vista tattico?
“Da quel punto di vista mi sento più vicino agli allenatori emergenti come Gattuso, Simone Inzaghi o Gianpaolo. Fare il Guardiola allenando il Manchester City è una cosa, ma dover costruire tutto dalle fondamenta senza avere la qualità delle grandi squadre è sicuramente più difficile ed ammiro questi allenatori giovani che stanno mettendoci molto del loro per cercare di creare una realtà calcistica.”
Dopo tutte queste esperienze arriva infine l’avventura nel calcio femminile. Innanzi tutto com’è nato il contatto con l’Atalanta Mozzanica?
“Nasce dall’amicizia con Marco Sacco, l’allenatore dei portieri, con il quale avevo già in passato lavorato e con il quale siamo rimasti in contatto. Un giorno mi parla di questa nuova esperienza che va ad iniziare incuriosendomi e successivamente ha continuato a parlarmi bene di questo mondo proponendomi di provare ad allenare nel femminile. Il caso ha voluto che proprio l’Atalanta Mozzanica l’estate successiva era alla ricerca di un allenatore. C’è stata una prima telefonata e poi in seguito ci siamo risentiti con la società e infine ho accettato di diventare l’allenatore delle nerazzurre. I dirigenti mi hanno fatto una buonissima impressione, da subito molto disponibili, mi hanno dato carta bianca nella gestione della squadra.”
Come è stato questo primo mese di lavoro?
“Ottimo, mi sono trovato molto bene. Le ragazze hanno dimostrato subito tanta voglia di imparare e di mettersi a disposizione, pur dovendo cambiare metodologia di allenamento. Con la società è difficile non andar d’accordo perché sono persone semplici che ti mettono a tuo agio. Mi sento come se fossi qui da molto più tempo.”
Come si presenta quest’Atalanta ai nastri di partenza del campionato 2018-’19?
“E’ una squadra molto cambiata rispetto a quella dello scorso anno. Sono andate via tante giocatrici di categoria e questo ha creato molta curiosità attorno a questo undici che è tutto da scoprire. Affronteremo squadre forti più avanti di noi atleticamente, ma questo non deve essere un alibi: quando si scende in campo e la palla comincia a rotolare lì conta la voglia che hai di giocare a calcio, la fame che hai, la qualità che hai, la determinazione e poi in seguito viene tutto il resto. Io sono fiducioso. Quando ho accettato di prendere in mano una squadra femminile per me era già una scommessa che però mi sento di aver già vinto poiché mi trovo bene in questo mondo, non sto riscontrando particolari difficoltà e questo grazie anche ad un bel gruppo che sta nascendo. Devo essere fiducioso, pur sapendo che sarà un campionato dove dovremo soffrire. L’anno scorso c’era una squadra più competitiva forse, ma questo non vuol dire per forza più forte. Era una squadra con certi nomi e certe credenziali che questa non ha ancora, ma che può ottenere lavorando sodo. In fondo se delle giocatrici sono andate via da qui per andare in squadre più titolate è stato anche possibile perché sono diventate qualcuno grazie ai campionati giocati con questa maglia.”
La battaglia tra FIGC e LND non accenna a diminuire. Ora la palla è tornata alla Federazione e il campionato sembra che finalmente avrà un suo inizio. Come vive un addetto ai lavori questa situazione?
“La viviamo male perché noi dobbiamo fare un sforzo notevole per far sì che le ragazze si concentrino sulle partite e sul campionato, ma non avendo certezza di quello che accadrà è normale che si crei una certa ansia. Noi vogliamo giocare, sentire l’odore del campo, misurarci con l’avversario e quindi non è il massimo lavorare così. E’ una situazione che non dovrebbe neanche esistere.”
Credit photo: Mozzanica