Le paure.
Le ansie.
I silenzi da affrontare, dentro i quali non ci si può nascondere, perché in mezzo al silenzio si sente tutto, compresi i battiti del proprio cuore. L’io resta io, il noi su cui basa la forza di qualsiasi squadra, di qualsiasi gruppo, rischia di diventare un concetto astratto. Un domani che non si sa quando nascerà.
E poi le sirene, all’improvviso. Le ambulanze che urlano, che strepitano, che squarciano il nulla, quando meno te l’aspetti. Il segnale acustico di una resa che non vuole arrivare. L’antifurto a cui si sono aggrappate chissà quante vite, oltre alle speranze di chi insegue. Spesso, sono i nostri nonni in viaggio, combattendo perché non sia l’ultimo. Purchè non sia l’ultimo.
Lo sport al tempo del Covid è anche questo, una collezione di attimi – lunghi attimi – e di solitudine. L’uno contro uno, allo specchio, dei protagonisti a cui ad un certo punto hanno chiuso i centri di allenamento, i campi da gioco, gli stadi, le piste, le piscine, le palestre. Un mondo sbarrato, ingiusto, popolato da campioni in esilio dal proprio domani e da gente come noi. Uomini, donne, bambini che ascoltano ciò che succede fuori, tenendo sotto controllo il concerto di emozioni che sentono dentro. Spesso, controllando il tumulto.
Il vuoto va riempito e, proprio ai confini del vuoto, Laura è diventata Laurea. Laur(e)a Giuliani. Portiere della Juventus, portiere della Nazionale, ora dottoressa. Durante il lockdown in qualche modo è riuscita ad allenarsi, arrangiandosi come poteva. Un paio di flessioni, una corsetta intorno a se stessa, il pallone che per quanto siano grandi un salone o un giardino, fuori dal cancello non poteva rotolare. Ha parato sul posto, lei contro nessuno e tutti contro il virus.
E poi ha studiato. Tanto, molto, sempre di più. Mentre il mondo considerava il 2020 un anno nero, Laura provava ad essere ottimista: “Per me – pensava, magari ad alta voce – questo è l’ultimo del percorso universitario”. Iscritta al corso triennale in Scienze Motorie – curriculum Calcio – dell’Università San Raffaele, progetto nato da un’idea dell’Associazione Italiana Calciatori, si è data un obiettivo: prepararsi per gli esami, verso un traguardo diverso. Lei, i suoi guanti, i suoi libri.
Lei, che ha sempre lavorato su due fronti: per mantenere la porta inviolata e la media dei voti intorno al 30.
Lei, che quando è partita per la Francia per giocare il Mondiale del 2019, in valigia ha messo anche i testi universitari.
Lei, una delle 23 donne che proprio in Francia hanno compiuto un miracolo sportivo, portando l’Italia fra le prime otto squadre del mondo. Un viaggio insperato, dal nulla al tutto.
Lei, e la Nazionale italiana, che hanno ridato la giusta dignità al calcio femminile, un movimento in cui si era visto e sentito di tutto. Si era giocata una finale di Coppa Italia su un campo con l’erba altissima e senza righe, con premiazione avvenuta intorno ad un tavolo di plastica. Si erano raccolti i cocci della coppa destinata alle vincitrici dello scudetto, portata al campo in mille pezzi, e consegnata così alle Campionesse d’Italia. Un presidente della Lega Nazionale Dilettanti, a proposito dei contributi da elargire alle ragazze, aveva commentato: “Basta. Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”. Altri, sogghignando, avevano sussurrato: “Il calcio è solo per maschi”.
Lei, che con i risultati ha demolito i pregiudizi e i luoghi comuni, uno dopo l’altro.
Lei che una notte è atterrata a Milano di ritorno proprio dal Mondiale, e poche ore dopo era sui banchi a sostenere un esame.
Lei che ha studiato materie come Scouting e match analysis o Management dello Sport.
Lei che da giovane, per inseguire il suo destino, è emigrata in Germania, ma siccome i sogni costano, oltre a giocare in serie A tedesca lavorava. In una catena di montaggio. In un panificio alzandosi alle 3 del mattino. In un bar. Nello shop ufficiale del Colonia.
Lei che ha discusso una tesi sulla psicologia del portiere.
Lei che si è appena laureata con 110 su 110.
Lei, la dottoressa calciatrice.
Lei, Laur(e)a Giuliani.
Lei che nel silenzio ha trovato la forza.
Lei che ha dato un senso anche al lockdown.
Lei. E un po’ anche noi.
Alessandro Alciato