Valeria Ancione è una giornalista nata nel 1966 a Palermo, e da trent’anni lavora nella redazione del Corriere dello Sport. Laureata in Scienze Politiche a Messina vive a Roma dalla fine degli anni Ottanta. Nel 2015 ha iniziato una nuova avventura, quella di scrittrice, con la pubblicazione del primo romanzo “La dittatura dell’inverno”. Nel 2019 un altro debutto questa volta nella editoria per ragazzi, con il libro “Volevo essere Maradona – Storia di Patrizia che sognava la Serie A” (entrambi i libri editi Mandadori): è la storia di Patrizia Panico, una delle leggende del calcio femminile italiano.
La nostra Redazione l’ha raggiunta coi suoi microfoni.
Valeria quando è iniziata la passione per il giornalismo?
«La mia passione è iniziata all’università: il mio desiderio era scrivere e ho pensato che fare la giornalista significasse soprattutto scrivere. Sono andata a Roma nel 1989 a fare un master e due anni dopo sono entrata con uno stage al Corriere dello Sport».
Com’è stato il tuo percorso giornalistico?
«Complicato, perché sono una donna e poi perché sono entrata in un giornale tecnico e maschile. C’erano poche donne nel giornalismo sportivo allora. Come poche erano quelle che parlavano di calcio. Sono partita facendo diverse cose, mi sono occupata di basket, sono anche una ex giocatrice, e poi mi sono cimentata con il pallone».
Cosa ti ha portato ad appassionarti del calcio femminile?
«Ho cominciato ad occuparmi di calcio femminile nel 2013, raccontando storie di calciatrici e donne eccezionali. Poi, quando è scoppiato il caso Belloli, è iniziata la rivoluzione e in questa battaglia per il calcio femminile io c’ero e ho cercato di dare il mio apporto».
Delle storie di calcio femminile che hai raccontato qual è quella che ti è rimasta impressa?
«Sceglierne una non è facilissimo, perché ognuna è un piccolo romanzo. Lavoratrici di giorno e calciatrici la sera, perché il calcio era la passione, ma non dava da mangiare».
Con “La dittatura dell’inverno” nel 2015 inizia la tua carriera di scrittrice: cosa ti ha portato a fare questa scelta?
«Scrivere era il mio sogno e dovevo realizzarlo: così ho trovato il tempo di scrivere un romanzo».
L’anno scorso è uscito “Volevo essere Maradona”: com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
«Ho conosciuto Patrizia per lavoro, e il titolo del libro è lo stesso della prima intervista, uscita sul Corriere dello Sport, che le avevo fatto. Dopo un po’ di frequentazione professionale ci siamo risentite diverse volte. Patrizia ha letto “La dittatura dell’inverno” e mi ha detto che la sua biografia, se mai l’avesse fatta, l’avrebbe fatta scrivere a me: questa cosa l’ho presa seriamente, e le ho detto che dovevamo farlo. Stava per smettere di giocare non era giusto che un personaggio come lei fosse dimenticato. Dei calciatori sappiamo tutto, delle grandi calciatrici poco o niente. Perciò l’ho messa nero su bianco e ci siamo avventurate in questo viaggio della biografia. Mi sono ritrovata con tanto materiale di Patrizia fino ai vent’anni, quindi le ho chiesto di rendere questo racconto per i ragazzi, e lei ha acconsentito. Ho mischiato realtà e finzione ed è venuta fuori una biografia romanzata».
Quali sono i punti di forza che ha questo racconto?
«Chi legge questo racconto non può non ritrovarsi. Si tratta di una storia di determinazione e quindi di lotta alla discriminazione e al bullismo. È il percorso di una ragazzina determinata a raggiungere un sogno a dispetto di tutti. Patrizia è diventata un modello non senza passare per i suoi errori. Patrizia è una donna limpida, senza retropensieri, e con un profondo senso di giustizia e altruismo. Lo testimonia il suo gioco, fiuto per il gol, visione di gioco, una infinità di assist, una metafora della vita: c’è chi gioca solo per sé, chi per la squadra senza protagonismo. E infine questo è un libro che i genitori dovrebbero leggere, perché capiscano che i figli devono esprimere liberamente la propria passione e i loro sogni».
Com’è stato lavorare con Patrizia Panico?
«Quando ha smesso di giocare è entrata in Federazione, allena la under 15 maschile e ora è nello staff dell’Under 21, è piena di impegni. Fermarla era complicato, ma anche bello. C’era sintonia. Quando ho scritto i miei primi capitoli ci siamo viste davanti a una birra, dopo i suoi allenamenti, glieli ho letti e si è commossa. Ho capito che mi permetteva di scrivere la sua vita come se fosse la mia».
“Volevo essere Maradona” ha avuto grande successo: ti aspettavi questo risultato?
«Diciamo che è un ni. Mi aspettavo sinceramente che questo libro diventasse una lettura per giovani atleti e che entrasse un po’ di più nel calcio femminile: è un romanzo “educativo”. Il terzo posto ottenuto qualche giorno fa al Premio Bancarellino ragazzi può servire come rilancio: mi inorgoglisce tantissimo, perché non è un libro sul calcio. Il calcio è un pretesto, smuove sentimenti, emozioni, è aggregazione, i ragazzi lo hanno capito e il testo è arrivato sul podio. Sono contenta di aver dedicato un libro a Maradona, perché lui rappresenta il sogno e il riscatto grazie al suo talento. Vederlo giocare mi commuove sempre. Ho avuto l’opportunità di raccontare la storia di Patrizia nelle scuole, il Covid mi ha fermato, e speravo di portare il libro anche nei centri sportivi».
In questo libro ci sono alcune analogie presenti nella situazione odierna del calcio femminile italiano?
«Il calcio femminile, anche per colpa della pandemia, sta vivendo un momento di stasi. L’effetto dei Mondiali è sfumato, bisogna lavorare ancora tanto per rendere il movimento credibile e solido. Quando il calcio smetterà di essere uno sport per maschi, allora avremo raggiunto una parità culturale. In attesa di un cambio culturale lento e difficile mi auguro che i diritti delle calciatrici vengano riconosciuti con il professionismo».
Come stai vedendo la Serie A Femminile? Chi vincerà secondo te il campionato?
«Non mi sembra una stagione avvincente, credo sia dovuta alla situazione generale. Non sarà un campionato giudicabile, è falsato dalle tensioni per la pandemia».
La Nazionale Femminile riuscirà a qualificarsi agli Europei del 2022?
«Escludo la possibilità di mettere in dubbio la qualificazione della Nazionale agli Europei. Non si può assolutamente tornare indietro, la CT Bertolini ha iniziato questa stagione fiorente per le Azzurre, non possiamo fermarci adesso».
Ce la farà il calcio femminile italiano ad allinearsi con gli altri Paesi?
«Qualche anno fa Michele Uva disse che ci sarebbero voluti dieci anni, quindi il cammino è ancora lungo. I soldi, con la crisi che stiamo vivendo, mancano. Tutti i grandi club devono investire e credere nel calcio femminile, non solo la Juventus o il Milan».
Tra quanto vedremo la parità di genere in Italia?
«Io non vedrò la parità di genere: siamo camminando lentamente, ma è veramente difficile. La discriminazione di genere è dentro di noi, non solo maschi contro femmine, ma anche tra donne».
Chi è Valeria Ancione fuori dai taccuini?
«Sono mamma di tre ragazzi, due maschi e una femmina. Sono una siciliana emigrata, con il desiderio di tornare nella mia terra: quando sarò alla fine della mia vita professionale penso di tornare a Messina».
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
«Spero di pubblicare presto il terzo romanzo, ancora al femminile, ambientato per la prima volta a Messina. Poi vorrei cominciare ad occuparmi di una nuova battaglia con il mio giornale: la lotta agli abusi sulle donne e alla pedofilia nello sport».
La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Valeria Ancione per la disponibilità.
Photo Credit: Facebook Valeria Ancione