Valentina Bengasi nata a Lucca nel 1996, capitano dell’ACF Lucchese, è una centrocampista ricca di talento e doti atletiche e anche col vizio del gol: la scorsa stagione, sempre nella Lucchese, ne ha realizzati 8 in 22 gare. Nel suo palmares la vittoria in Coppa Toscana nel 2014-15 e la vittoria del campionato di Serie C Toscana 2015-16 con promozione in B, in quella stagione realizzò 20 reti. Nipote d’arte, suo nonno era Emiliano Bengasi, attaccante di Lucchese e Pisa, purtroppo scomparso 5 anni fa. Cerchiamo di conoscerla meglio.
Ciao Valentina, come è nata la tua passione per il calcio?
Il calcio, grazie a mio nonno, era presente in famiglia e lui me ne parlava spesso, poi in Lucchesia era molto conosciuto e appena sentivano il mio cognome mi chiedevano se ero la nipote del calciatore Emiliano Bengasi, e tutt’ora mi succede. Diciamo che sono cresciuta sempre con questo mito e mio nonno ha trasmesso la sua passione anche a mio padre e quindi sono cresciuta in un ambiente in cui si parlava sempre di calcio. Poi credo che sia anche una cosa innata: il calcio mi è piaciuto subito e oltre la passione in famiglia, essa era dentro di me. Nessuno mi ha forzato a farlo, piano piano questa passione è venuta fuori. All’inizio, nonostante mi piacesse un sacco, mi vergognavo a provare ad andare a giocare a calcio perché la cosa non era ben vista, nemmeno a scuola, e quindi ero un po’ titubante. Un giorno i miei genitori, senza dirmi nulla, mi portarono al campo di calcio di Lucca, a quei tempi le ragazze si allenavano a San Lorenzo, e da quel momento non ho più smesso. Avevo 11 anni ed ho iniziato subito col femminile e la cosa è andata avanti.
Ti auguro che d’ora in avanti si senta dire ‘Ah, Emiliano Bengasi, il nonno di Valentina’.
(Ride, ndr) Sarebbe bello.
Parlaci brevemente della tua carriera di calciatrice e del tuo ricordo più bello.
Ho iniziato ad 11 anni, come detto prima, qui a Lucca direttamente nel femminile, purtroppo non ho fatto il passaggio con i maschi, quindi non ho avuto scuola calcio maschile. Sono ormai 10 anni che gioco sempre nella Lucchese. Ricordi positivi e belli ce ne sono tanti ma forse quello che ricordo più volentieri è la vittoria in Coppa Toscana stagione 2014-15 contro il Siena, allora ci chiamavamo Acf Lucca 2003. Era una partita sentita e avevamo perso il campionato di serie C di poco e c’era grande voglia di riscatto. Poi non scorderò mai la felicità del nostro presidente Carlo Isola, che purtroppo anche lui ci ha lasciato quasi 2 anni fa. Insomma un bellissimo ricordo che abbiamo tutte quante. Naturalmente anche la vittoria del campionato di serie C del 2015-16 resta nella mia memoria.
Come definiresti il tuo ruolo o il tuo modo di giocare, e a quale calciatrice ti ispiri, se ce n’è una?
Il ruolo di centrocampista è, secondo me, uno dei ruoli più belli ma, allo stesso tempo, anche il più difficile rappresentando il fulcro del gioco di una squadra, se il centrocampo non funziona, tutta la squadra non funziona. Quindi un ruolo importante, in tutt i sensi, e di responsabilità. Io non sono un centrocampista alla Gattuso, tanto per farvi capire, non gioco davanti alla difesa sono più un classico numero 10, ho sia doti tecniche che atletiche, io punto però più sul tecnico che sull’atletico. Per quanto riguarda le calciatrici a cui ispirarmi purtroppo non è facile seguire le altre partite, vuoi per la scarsa informazione nel femminile, vuoi per gli impegni anche a volte concomitanti, non conosco a fondo le altre realtà anche se gioco a calcio. Per fortuna in questi ultimi due anni sembra che ci sia più visibilità anche nel femminile, grazie all’ingresso di squadre maschili che fanno anche il femminile, come quest’anno la Juventus. Rispondendo alla domanda come giocatrice scelgo Martina Rosucci della Juventus e come calciatore mi ispiro a Andrés Iniesta del Barcellona, il più forte centrocampista di sempre. Altra centrocampista che mi piace è Alice Parisi della Fiorentina Women’s.
L’inizio del campionato della Lucchese, usando un eufemismo, non è stato entusiasmante, però alla distanza abbiamo visto una squadra trasformata che ha strappato anche un bel pareggio alla capolista Florentia e che nella scorsa giornata a Perugia ha raggiunto la sua seconda vittoria in trasferta. Qual è la molla che ha fatto scattare tale cambiamento?
Noi veniamo da un inizio campionato pessimo in tutti i sensi, sia a livello di gioco, oltre che di risultati, ma anche dall’atmosfera che si era creata nell’ambiente. Nonostante che le cose poi fossero migliorate, noi ragazze eravamo un po’ abbattute e non riuscivamo a credere in noi stesse. Poi pian piano ci siamo aiutate tra noi, abbiamo messo maggior impegno negli allenamenti e abbiamo visto che se ci crediamo ci riusciamo. Poi è bastata una vittoria, o un buon risultato, per aiutarci a credere in noi e a tirare fuori quello che siamo veramente. L’anno scorso da neopromosse avevamo fatto un bel campionato (7° posto Serie B girone A a pari punti col Torino Femminile, ndr) e dovevamo ritornare a quei livelli. È stato un incubo l’inizio campionato, siamo uscite da questo torpore, ci abbiamo creduto e se ci crediamo ce la facciamo. Da dire che ci sono stati anche dei cambiamenti in società, come anche il mister (Maurizio Corti subentrato dalla quinta giornata ad Andrea de Luca, ndr) che ha creduto in noi, ci ha preso in un momento in cui non andavamo tanto bene, e anche grazie al suo intervento stiamo riuscendo a fare qualcosa di buono. Anche il pareggio che abbiamo fatto col Florentia ci ha caricato tanto, perché abbiamo visto che ci si può fare, mentre prima eravamo un po’ abbattute, non ci si credeva tanto. Naturalmente bisogna continuare con questa carica di entusiasmo e non lasciarsi andare ora perché non abbiamo ancora fatto nulla. Diciamo che le cose positive ti danno ancora più spinta a fare le cose meglio, prima venivamo da un momento in cui andavano tutte storte, ci sono stati un sacco di infortuni e anche espulsioni che hanno tenuto fuori delle ragazze per tanto tempo, insomma eravamo giù di morale. Appena recuperate tutte e ci siamo messe a lavorare abbiamo visto che i risultati si ottengono, speriamo di andare avanti così e di fare sempre meglio.
Sei il capitano della squadra ma sei anche giovanissima, come è avvenuta la tua nomina in questo delicato ruolo?
Sono tanti anni che io milito in questa società, in realtà io ero il capitano in seconda, il nostro capitano era Elena Manganiello che purtroppo, in questo periodo, ha dovuto fare un’operazione importante ad un ginocchio e quindi starà fuori per un po’. E di conseguenza sono diventata io il capitano, spero di essere in grado di fare questo ruolo, ci sto provando e sono fiera di questa cosa, spero di essere all’altezza, e comunque vedo che anche le mie compagne, anche quelle che, paradossalmente, sono più grandi di me sono tutte d’accordo di questa scelta, non è stata una mia pretesa non sono certo andata a dire che sono dieci anni che sono qui e voglio fare il capitano. È una cosa che è venuta da sola, io ovviamente sono contenta e fiera di questa cosa, ma all’unisono è andata bene a tutti. Aggiungo che essendo praticamente nata in questa società la sento mia come se fosse la mia famiglia, ci tengo particolarmente a questa maglia e sono contenta di questo ruolo. Nel femminile, al contrario di quello che succede oggi nel maschile, esiste ancora il famoso attaccamento alla maglia. in tanti affermano che il femminile oggi è come il maschile di tanti anni fa, da questo punto di vista. Noi ragazze facciamo calcio per passione e purtroppo, non siamo considerate professioniste, facciamo il solito sacrificio dei calciatori che guadagnano fior di quattrini, ma nello stesso tempo dobbiamo anche lavorare perché col calcio non ci si campa. Tanti tutt’oggi mi dicono ‘Ma chi te lo fa fare?’ e io ‘Guarda, non lo so!’ ma poi penso che sia ‘la passione’ la risposta, cosa che nel calcio maschile credo ce ne sia ormai rimasta poca.
Hai un sogno che vorresti realizzare, col calcio o nella vita?
Il mio sogno è ottenere la stessa considerazione del calcio maschile, il professionismo anche nel femminile. Ripeto che il nostro è il solito impegno dei calciatori ma nello stesso tempo dobbiamo lavorare o studiare. E far coincidere tutte queste cose è veramente molto difficile. L’impegno è tanto e si, questo sarebbe un gran sogno riuscire ad essere considerate nello stesso modo. Parlo di calcio ma questa idea c’è in tutti gli sport, in alcuni più, in alcuni meno. Forse nel calcio c’è il maggior divario tra maschile e femminile, ma la cosa mi auguro possa avvenire in tutti gli sport. Bisogna superare la barriera di ignoranza che c’è su questo argomento, è la mentalità che è sbagliata: in tutto il paese. Mi piacerebbe anche che il calcio femminile venisse sponsorizzato e seguito di più sia dal pubblico che dai tecnici, mi spiego meglio: vorrei che tecnici professionisti allenassero o preparassero nel migliore dei modi una squadra di calcio femminile in modo da far innalzare il livello del calcio femminile nazionale e non solo di quelle 5-6 squadre che hanno la fortuna di far parte di una società maschile ad alti livelli come Juventus, Fiorentina, ecc.. Vorrei proprio che tutto il movimento facesse un balzo in avanti. Di conseguenza vorrei che un giorno una ragazzina a cui venisse fatta la domanda ‘che sport fai?’ e lei rispondesse ‘gioco a calcio’ non ottenga una reazione del tipo, occhi fuori dalle orbite e la risposta ‘ma davvero? Anche le donne possono giocarci?’ Perché credo sia una vergogna per l’Italia mentre tutte le altre nazioni hanno una grande considerazione del calcio femminile, dall’Europa all’America. Basti pensare che hanno parlato per settimane e settimane del fatto che l’Italia non parteciperà ai mondiali, quando in realtà è solo l’Italia MASCHILE che non si è qualificata, mentre quella femminile si sta facendo valere, e pochi l’hanno considerata!
Ringraziando Valentina Bengasi e l’ACF Lucchese per la disponibilità, porgiamo un sincero augurio per la sua carriera, da parte mia e di tutto lo staff di Calcio Femminile Italiano.
Credit Photo: ACF Lucchese