La seconda ondata della pandemia di Covid-19 sembra aver impattato anche in Italia. I casi di positività aumentano vertiginosamente e il calcio sta per affrontare il secondo round. Nonostante i rischi anche la Lega Nazionale Dilettanti ha riavviato le attività. “Abbiamo aspettato prima di ripartire, per consentire alle società di riorganizzarsi”, sottolinea Paola Rasori, vicepresidente della LND lombarda contattata dal nostro sito. “Il problema riguarda tanto il maschile quanto il femminile. Il virus non guarda in faccia nessuno” sentenzia freddamente. E’ stata l’occasione per la dirigente calcistica di consegnarci anche una panoramica su come il calcio dilettantistico sia ricominciato e sui rischi che incombono, senza tralasciare uno sguardo deciso verso il futuro:
Quanto ha inciso la pandemia sul calcio dilettantistico in Lombardia, incluso il settore femminile?
Tantissimo. Il nostro settore è quello che ne ha risentito di più. E’ noto che dal 22 febbraio scorso abbiamo dovuto stoppare totalmente le nostre attività. La LND deve adattarsi alle normative imposte da Governo e FIGC. Nonostante il periodo però quasi tutte le società sono riuscite a ripartire senza grossi problemi. Prescrizioni e restrizioni sono identiche per uomini e donne, ognuna di loro va osservata da ambo i lati.
Come sta vivendo il calcio femminile questa fase attuale con il ritorno del contagio?
Sicuramente ci sono dei numeri molto preoccupanti. Abbiamo purtroppo registrato alcuni casi di positività nelle nostre tesserate ma la preoccupazione maggiore è la gestione del periodo di quarantena decretato dalle autorità sanitarie. Si parla di dilettanti, perciò il giorno dopo le partite gli atleti vanno a lavorare o a studiare. Non vivono nella stessa bolla di protezione che hanno i professionisti. Si tratta per lo più di ragazze che studiano e hanno una vita secondaria al di fuori del lato calcistico; un altro blocco totale provocherebbe nuovamente un’ondata di caos nelle loro vite private. La recente circolare del Ministero della Salute ha ridotto i giorni di quarantena e questa è già una boccata di ossigeno per le nostre attività. Faremo accertamenti sanitari mirati ma l’attività proseguirà.
Lei teme che possa interrompersi di nuovo tutto?
Per il momento non la mettiamo in conto quest’idea. Faremo molta attenzione a quanto succederà con riferimento alla Lombardia che è stata l’epicentro della prima ondata della pandemia. Siamo pronti ad ogni evenienza ma la chiusura al momento non è contemplata.
Quali provvedimenti intraprenderebbe per il futuro?
E’ necessaria un’espansione della base nel femminile per aumentare il numero delle società e dei gironi. Questo risolverebbe anche il problema delle trasferte a lunga distanza. Bisogna ampliare il perimetro di composizione dei gironi coinvolgendo il maggior numero di società possibili a creare una sezione femminile. Le trasferte sono molto pesanti, e partire da categorie, come promozione ed eccellenza, sono comunque molto più lunghe rispetto a quelle effettuate dai colleghi maschi. Occorre tutelare il futuro delle nostre calciatrici e quello di coloro che si iscriveranno.
Prima del lockdown a che punto era lo sviluppo del calcio femminile in Lombardia?
Il movimento in rosa ha sempre prosperato molto in Lombardia. Siamo la prima regione italiana per titoli vinti dal settore femminile. Abbiamo una categoria che conta oltre tremila tesserate e ci fa piacere annunciare anche che i nostri settori giovanili sono in costante crescita. Puntiamo molto su di loro, sono le fucine dalle quali verranno forgiate le ragazze del futuro del calcio femminile in Italia.
Il nuovo DPCM per ora non sembra toccare il dilettantismo. Cosa suggerirebbe al Governo o alla FIGC?
Il problema più grosso, lo ribadisco, è il periodo di quarantena. Manca omogeneità tra casi singoli e di squadra. Spesso, nonostante ci sia solo un caso segnalato, si arriva addirittura a fermare tutto il gruppo più quello avversario con cui si è giocata l’ultima gara prima della positività. Questo blocca le attività. Ritengo che debba esserci più uguaglianza rispettando ovviamente le norme. Un’altra cosa che vorremmo proporre è una riapertura più ampia delle tribune negli stadi. Il precedente decreto ci consentiva di arrivare al 25%, con quello attuale la percentuale si abbassa al 15%. Noi vorremmo dare almeno la possibilità ai genitori di poter assistere alle gare delle proprie figlie in totale sicurezza senza costringerli a restare fuori ad aspettare o a guardare da situazioni ancora meno opportune e sicure. Prenotare un posto, presentarsi, verificare che tutto sia a posto è un processo troppo lungo. Con le norme attuali vigenti entrano un massimo di 15/20 persone sulle tribune. Contiamo nel breve periodo di poter riportare più persone allo stadio.