C’è una firma bolognese sulla qualificazione della nazionale Under 17 Femminile di calcio alla fase finale dell’Europeo: a difendere la porta azzurra, infatti, c’era Nicole Lauria, sedicenne di Calderara tesserata per il Bologna con cui gioca nel campionato Primavera e in serie C con la prima squadra agli ordini di Daniela Tavalazzi.
Le azzurrine del ct Rita Guarino nel girone che si è disputato in Romagna hanno battuto 4-1 la Grecia e 2-0 a sorpresa l’Olanda, pareggiando poi 2-2 in rimonta contro la Finlandia per conquistare il punto che ha dato alla nazionale il pass per le finali in Bielorussia dal 4 al 16 maggio. Contro l’Olanda e contro la Finlandia, in particolare, la numero 1 azzurra è salita in cattedra cementando la qualificazione: siamo andati a conoscerla meglio.
Nicole Lauria, innanzitutto come è nata la passione per il calcio e per il ruolo di portiere?
«Avevo iniziato con il basket, poi vidi un cartone animato».
Holly e Benji?
«No, si chiamava La squadra del cuore. Mi innamorai del ruolo di portiere perché comandava la difesa e si prendeva le maggiori responsabilità. Se sbaglia il portiere, sono guai».
Il carattere non manca. La pratica?
«Ho iniziato nell’Ancora Calcio, poi sono passata al Bologna e per tre anni ho giocato insieme ai maschi. Ora sono nel Bologna allenato da Daniela Tavalazzi, gioco in C e anche nella Primavera: le partite casalinghe le giochiamo a Riale».
Il suo portiere-modello?
«Julio Cesar. Sia perché sono interista, ma anche per il suo stile di gioco. Ora che ha qualche anno, se devo dire un altro nome dico Neuer».
La chiamata della Nazionale quando è arrivata?
«Due anni fa, dopo un torneo regionale. Sono stata il terzo portiere dell’under 17 per un po’, visto che c’erano sia le nate nel 1998 che nel 1999 come me, e in questo Europeo sono diventata titolare».
Il ct Guarino è una gloria del calcio femminile italiano, la vostra capo-delegazione è una gloria olimpica come l’ex sciatrice Manuela Di Centa. Com’è avere due ispirazioni simili?
«Ti trasmettono esperienza e ti fanno capire cosa vuol dire gareggiare in certe competizioni. Si sente che sono qui per noi e sono sempre a nostra disposizione per parlare e confrontarsi: è una bella sensazione».
L’emozione più grande in campo?
«Senza dubbio quella appena vissuta. Giocare e vincere in Romagna, davanti a tutte le tue amiche, alle compagne e ai dirigenti, con la maglia dell’Italia. E cantare l’inno tutte assieme urlandolo a squarciagola».
La maglia azzurra, ma anche la scuola. Come va?
«Bene, dai. Frequento le Rosa Luxemburg e alla fine nonostante gli impegni ho una media del 7,5-8».
Da grande, oltre al portiere della Nazionale femminile, cosa le piacerebbe fare?
«Accompagnare le squadre nazionali in Paesi esteri, o fare da traduttrice visto che i miei studi hanno un indirizzo tecnico-turistico».
Il calcio, gli studi. E il tempo libero? Ha una meta preferita?
«Il tempo per uscire è quello che è. Ogni tanto mi piace fare un giro a Bologna in via Indipendenza, ma vengo di rado. Una volta io e le mie amiche ci siamo anche perse».
Perché nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino, come cantava Lucio Dalla, ma a un portiere della Nazionale può succedere.