Siamo abituati a vederlo viaggiare per l’Europa e l’Italia, come manager e consulente di calcio-mercato: Barcellona, Berlino, Madrid, Parigi… Per prendere visione di partite delle relative prime serie o di Champions League, lavorando per Fiorentina, Verona ed adesso Brescia, squadra con la quale ha vinto la Supercoppa Italiana ed ha battuto l’Ajax.
Però Mattia Martini, oltre a tale carica, è anche giornalista di SKY Sport “La Giovane Italia” e studente di “Lettere e Filosofia” all’Università di Firenze, una sfera questa professionale e scolastica che gli ha permesso di scrivere ben già tre libri con SKY, riguardo il calcio femminile, e prendere forti e decise posizioni per la difesa del ruolo e dell’immagine della donna nella società e nell’ideale comune.
E’ con queste premesse che lo intervistiamo: “Donne e Sport: sportive e giornaliste”, una sua personale tesi di laurea affascinante e sicuramente destinata ad un’ottima votazione, seguita dalla docente e ben nota pedagogista Raffaella Biagioli e dalla dottoranda in scienze della formazione Carmen Petruzzi.
Di seguito l’intervista a Mattia Martini – Manager e consulente di calcio mercato del Brescia, giornalista di Sky Sport “La Giovane Italia” e studente del dipartimento di “Lettere e Filosofia” all’Università degli Studi di Firenze.
“Donne e Sport” un titolo che pare scontato, ma che nasconde significati profondi ed antropologicamente e sociologicamente importanti.
“Trattare un titolo di tale spessore e profondità umana e sociale è un qualcosa che va a toccare dei nervi scoperti del nostro oggi.
Partendo dall’analizzare la stereotipizzazione del gentil sesso ed i pregiudizi ad essa annessi, tenterò di superare le piaghe sociali ed i preconcetti che vi sono riguardo alle donne nello sport.
Un qualcosa di non facile, se pensiamo all’Italia come il paese delle “Quote Rosa”.”
Si spieghi meglio.
“La prima ipotesi che sosterrò è che l’immagine femminile, come a noi viene presentata, è un costrutto della nostra società, ossia è figlia del relativismo culturale. Certe connotazioni attribuite alle donne dalla nostra visione occidentale, per esempio, sono totalmente diverse rispetto a tante altre, se ci spostiamo in latitudine e longitudine.
In seconda battuta poi vorrò dimostrare che lo sport è sport e basta: indipendente dall’essere donna o dall’essere uomo.”
Nella sua tesi anche i quattordici capitani di Serie A femminile e due giornaliste come Angelini (Eurosport – Sky) e Serra (Rai Sport)
“Ho cercato di costruire un progetto innovativo ed originale, capace di coinvolgere un movimento e dare concretezza ad un tema che se rimane astratto non potrà mai essere fruttuosamente discusso, per superare degli stereotipi e pregiudizi ormai forse anche troppo diffusamente radicati.”
Quindi, seguendola dai social e conoscendola, sul piano lavorativo e dell’istruzione, aspettiamo una sua stagione su altissimi standard e livelli.
“Trattando il lato puramente calcistico, mi aspetto un’annata nella quale il Brescia miri a raggiungere gli obbiettivi societari prefissati, in Serie A, Coppa Italia ed in Champions League: consapevole dei propri mezzi ed umile nel riconoscere e lavorare sui propri limiti, avendo anche come avversarie Juventus e Fiorentina.
Discutendo il lato universitario, l’obbiettivo è conseguire la laurea con il massimo dei voti, al fine di proseguire in un master o con una specialistica sempre mantenendo un rendimento alto e costante.”
Di seguito l’intervista a Raffaella Biagioli – Docente di pedagogia sociale e generale all’Università degli Studi di Firenze, nota pedagogista ed esponente e scrittrice di testi e pubblicazioni a difesa e tutela dell’immagine e del ruolo sociale della donna.
Dottoressa Biagioli, lei che è una esperta, quanto è importante trattare tali temi in una società nella quale si dà per scontato certi stereotipi e luoghi comuni?
“I processi di marginalizzazione accomunano ancora molte società moderne le quali, pur dichiarandosi schierate contro il disconoscimento dei diritti e contro le discriminazioni sessuali ed etniche, lasciano inalterati i rapporti di potere contro categorie che socialmente sono state le più deboli e che continuano ad esserlo. La marginalità femminile, non più basata su sul pregiudizio del sesso, continua a persistere attraverso processi sociali inalterabili di strutture organizzative funzionali al principio dell’immodificabilità del ruolo sessuale. L’autoesclusione e l’autoemarginazione sono funzionali al mantenimento di molti privilegi.”
Cosa vuol dire “Essere Donne” in carriera nella società dell’oggi?
“Le donne sono frenate nella loro evoluzione soggettiva da una cultura che non è adeguata a loro, in quanto continua ad essere dominata da imperativi che corrispondono ai desideri e ai bisogni maschili. Il consolidamento della femminilità dipende dal valore che acquista il pensiero delle donne. La difficoltà per le donne ad accettare di scegliere un lavoro che consenta di attuare una carriera come quella maschile senza incontrare ostacoli non è ancora possibile, perché si trovano ad affrontare componenti svalutative nel rapporto dominante uomo-donna perché la donna in carriera è una donna che gestisce orari e tempi spesso inconciliabili con la casa, i figli, il privato. La penalizzazione del femminile è il prodotto di abitudini sessiste che riemergono sotto altre forme, il cui contenuto si avvale oggi perfino dei modelli sociali della cultura paritaria.
Inoltre la svalutazione del femminile viene estesa talvolta anche ai rapporti professionali quando, per esempio, si preferisce essere difesi da avvocati uomini piuttosto che avvocati donne o affidare progetti architettonici impegnativi ad architetti o ingegneri uomini. La svalutazione della sfera femminile ha forme visibili e meno visibili, che si palesano in talune occasioni. La carriera di una donna può finire spesso col matrimonio e con la rinuncia ad una determinata attività se non addirittura creare uno squilibrio professionale quando l’uomo ha un’attività meno prestigiosa della sua. La differenza di sesso costituisce ancora il principio per mantenere le diseguaglianze secondo la logica immodificabile di qualità e competenze considerate naturali per le donne come debolezza, sensibilità materna, vocazione alla casa.”
Si può definire questa tesi una leva di presa di coscienza comune sul ruolo e l’immagine della donna nell’attualità?
“Certamente! C’è un gran bisogno di studi che problematizzino criteri, strumenti e modalità realizzative della cultura paritaria in tutti gli ambiti, soprattutto quelli educativi. Lo stereotipo di una cultura che intrappola i vissuti maschili e femminili diventa il modo per offrirsi spontaneamente alla marginalità. Per questo affrontare la problematica delle donne in carriera sportiva rappresenta un’educazione culturale multiproblematica, multisettoriale e permette di sviluppare una pluralità di obiettivi che potranno avere ricadute positive sul territorio. Sviluppare una ricerca come questa sulla dimensione sociale e antropologica della relazionalità femminile può portare alla consapevolezza di sé e al superamento di abitudini sociali per assecondare i bisogni realizzativi delle donne che oggi escono dal privato e che lavorano al pari.”
donne che oggi escono dal privato e che lavorano al pari degli uomini.