Una piacevole chiacchierata con il nostro capitano Angelica Soffia, il cuore di un AGSM Verona che ha però avuto qualche difficoltà iniziale. “Siamo pronte a rialzarci” assicura lei, che però non potrà essere in campo contro la Res Roma sabato 18 novembre visto il recente infortunio.
Che ti è successo Angelica?
Durante il secondo tempo con l’Atalanta Mozzanica ho sentito come un colpo al polpaccio e sono dovuta uscire. Lunedì ho fatto le analisi ed è stato evidenziato uno stiramento di terzo grado. Spero di poter tornare dopo la pausa.
CAPITOLO RES ROMA
Contro la Res Roma non ci sarai ma aldilà delle tue grandi prestazioni personali servirà un’intera squadra con la grinta e la personalità di Soffia, per scacciare le attonite parole di sabato scorso.
Dopo la sconfitta con l’Atalanta Mozzanica abbiamo deciso di fare una riunione fra di noi per cercare di capire cosa va migliorato. Avevamo bisogno di trovarci e creare una sorta di lista di compiti per superare le difficoltà a livello di squadra e di gruppo, su questo voglio ringraziare Emma Lipman che ci ha dato un grande aiuto. L’intenzione è di creare un ambiente più positivo, limitando il divario linguistico e le differenze d’età; le compagne straniere hanno iniziato anche un corso di lingua italiana alla mattina.
Quindi siamo tutti convinti di volerci rialzare in fretta. L’obiettivo contro la Res Roma sarà…
Ci siamo imposte di capire cosa vogliamo raggiungere questo sabato, fissando alcuni obiettivi: non subire tanti tiri in porta, cercare di creare di più già da subito, essere più unite quando scendiamo in campo, esultare tutte assieme e, insomma, provare a dare il cento-per-cento. Da questo nasce la vittoria.
CAPITOLO “IL RUOLO DEL CAPITANO”
Angelica, tu sei rimasta qui quando se ne sono andate via tutte. Hai ricevuto la fascia da capitano: sei stata aiutata dalle tue compagne per questa grossa responsabilità?
Tutte mi stanno aiutando e da alcune cerco anche consigli, per esempio se dovessi scegliere un altro capitano vorrei Emma Lipman. Lei è molto brava e organizzata, a Manchester credo allenasse una squadra di ragazzi. Con lei parlo spesso, mi confronto: ha una certa esperienza, mi dà sempre un sacco di idee e io mi faccio aiutare. Anche la Maddy (Madelaine Hill, ndr) è un’altra che ha personalità e dice la sua, ma tutte sono molto solari e con voglia di fare. Su questo sono contenta.
E le difficoltà che hai trovato finora?
Soprattutto sopperire alla differenza d’età. Per mia indole io non faccio fatica, ho fatto presto a conoscere le nuove compagne, ma mi devo preoccupare anche del buon rapporto fra tutte. Ci vuole del tempo perché, come accade quando vai in un posto nuovo, serve un periodo per ambientarsi. Alla fine, però, penso sempre sia questione di sbloccarsi in campionato e da lì possono andarsene via tutti i problemi. Dopo una buona prestazione in cui si vede che la squadra ci crede o in cui la compagna torna al posto tuo perché vede che sei stanca, ecco: questo è quello che intendo per sbloccarsi.
CAPITOLO CASA-VERONA-CASA
Tu nasci nel trevigiano… Parlaci di te e di come immagini il tuo futuro extracalcistico.
Sì, abito a Treviso. Torno a casa il sabato dopo la partita e rientro a Verona la domenica sera, perché è a quell’ora che apre il convitto. Frequento il liceo scientifico e più avanti mi piacerebbe studiare psicologia sportiva, rimanendo nell’ambito dunque.
Hai iniziato a giocare in una squadra di Treviso e sei stata tesserata dall’AGSM Verona nel 2014, com’è successo?
Sì, ho iniziato alla Godigese di Castello di Godego. Poi sono stata vista nel torneo delle province (ne sono sicura) e quindi contattata dal Verona. Mi ha convinta la mamma a venire qui, io all’inizio ero titubante ma poi mi sono ricreduta.
Credevi di essere all’altezza della Serie A?
Prima di venire a Verona non ci avevo neanche pensato, ma quando mi sono trasferita e ho dovuto parlare con i genitori e con le altre persone che mi sono vicine quello era l’unico obiettivo da raggiungere. Non volevo fare degli inutili sacrifici e quindi in testa ho sempre avuto la prima squadra.
Ricordi d’esordio?
Ho esordito contro il Luserna a inizio 2016, ma il momento in cui mi sono sentita dentro il gruppo è stato qualche partita prima, alla mia prima convocazione in Serie A: partitone contro il Brescia (qui la voce di Angelica si fa più grossa, come a voler rimarcare l’emozione di quel momento, ndr). Cioè, convocare una che ha quindici anni in una partita fra Verona e Brescia è tanta roba. Speravo di rimanere in panchina perché l’ansia era totale.
Il Brescia lo hai poi incontrato. da titolare, nel giro di poco tempo alla finale di Coppa Italia e alla Supercoppa dell’anno dopo. Come hai vissuto questi big match?
Io ricordo benissimo la finale di Coppa Italia. A centrocampo doveva giocare la Carissimi, ma si fece male se non sbaglio al flessore e così dovetti giocare io dal 1’. Grandissima persona Marta, perché prima della partita ha visto che ero agitata: mi ha portato fuori dallo spogliatoio e mi ha parlato, questo mi ha aiutata per fare poi una buona prestazione.
A proposito di ruoli: tu potresti fare quasi tutto, dove ti vedi meglio?
Centrocampista centrale no: quel ruolo lo odio da morire, è una cosa che non sopporto (fioccano le risate come ogni cinque minuti, ndr); certo, se devo giocare lì io gioco, finché gioco mi va bene tutto. Preferisco fare il terzino o l’esterno alto. Ormai mi sono abituata a stare dietro e mi sto trovando bene, però è logico che quando sei davanti hai più possibilità di segnare.
Con il Fimauto eri ovunque, una partita straordinaria. Vuoi raccontarcela?
Sul primo gol sono stata brava a pressare e fortunata dopo che il pallone si era impennato: ho visto in alto la sfera e mi sono detta “e adesso come la fermo?”. Poi a pochi secondi dalla fine della partita la Gritti mi ha respinto un gran tentativo con il piede, ho provato a buttargliela addosso e fare gol. Alla fine ero sfinita ma il GPS ha detto che avevo corso poco, infatti ci sono rimasta un po’ così. In realtà è vero che tendo a riposarmi troppo dopo uno scatto.
CAPITOLO FUTURO
Parliamo della Nazionale…
Sono stata chiamata nel 2016 nell’Under17, sono andata a giugno a svolgere delle selezioni per le amichevoli che si sarebbero giocate a Oristano, in Sardegna, tre mesi dopo. Ricordo la chiamata di mia mamma (esilarante il modo di Angelica di riprodurre affettuosamente la voce della madre, ndr), ero in macchina e squilla il cellulare: “Hai visto Angelica? – e io: cosa? “La Nazionale, ti ha chiamato la Nazionale! Te l’avevo detto, te l’avevo detto”. Ero felice, ma voglio mantenere i piedi per terra. Ovvio però che alla Nazionale ci tengo tanto: ogni volta che c’è l’inno è pelle d’oca.
Cannocchiale di lunghissima gittata puntato alla Nazionale maggiore?
È ovvio che ci penso, ma credo che ancora per un anno, due, tre, quattro, cinque, sei… speriamo dopo l’under19. Mai avuto paura di fallire e regredire, guardo piuttosto all’estero, anche se qua sto benissimo. Mi piacerebbe vedermi in Francia, Germania o Inghilterra, piuttosto che in America.
Da grandi sogni derivano grandi idoli: a chi ti ispiri?
Come personalità mi piace Marozsán, ma siccome volete che scelga un terzino dico Rapinoe. A Verona ho avuto moltissimi esempi finora, tantissime compagne mi hanno aiutata e da molte ho potuto imparare. Tra quelle che mi hanno sostenuto ricordo sempre Carissimi per quell’episodio contro il Brescia e dico Di Criscio.
Credit Photo: Media Center Juventus