Da Dublino a risalire la fascia. Terzino più difensivo che di spinta ma che ha apprezzato, lungo i suoi molti anni negli Stati Uniti, la grande preparazione sulla forza fisica. Da agosto Shauna Peare si è trasferita all’AGSM Verona, con l’obiettivo, un giorno, di giocare la Women’s Champions League. Abbiamo ascoltato e raccolto le sue impressioni dopo poco più di due mesi dal suo arrivo, non facendoci mancare curiosità sul suo passato.
Stai scontando qualche problemuccio fisico, che cosa è successo?
Ho avuto un infortunio muscolare qualche settimana fa che è tornato ora e mi impedisce di giocare. Ho sostenuto degli esami, ma non vedo l’ora di tornare.
Ti sei trovata in un gruppo nuovo, come ti stai trovando qui a Verona e con le compagne?
Sono veramente molto felice di giocare qui a Verona, la città è bellissima. Devo anche dire che la squadra è composta da un bel gruppo di ragazze. Avevo già giocato qua in Italia, l’anno scorso al San Zaccaria: qui però vedo enormi differenze nell’organizzazione e a livello di squadra.
Andiamo indietro nel tempo: siamo curiosi! Quando hai iniziato a giocare a calcio?
Ho iniziato a giocare a calcio che ero molto giovane, in un club chiamato Carriglea FC che si trova a Dublino. Poi ho continuato per quattro anni negli Stati Uniti, al college, e per altri tre anni nella United Women’s Soccer (la seconda serie statunitense). Lì il livello e lo stile di gioco è completamente diverso dall’Italia: è molto più fisico, mentre qui è molto tecnico. È anche vero che qui c’è una grandissima attenzione al reparto difensivo, molto più che in altri paesi, ma non sto soffrendo questo fattore.
È lì che hai capito di voler essere una calciatrice?
Sì, l’ho capito la prima volta che arrivai agli Houston Aces, in Texas. Ho semplicemente capito che era quello che volevo, perché mi piaceva da morire giocare a calcio e imparare nuove tattiche.
A chi ti sei ispirata?
Da quando ero giovane mi è sempre piaciuto Steven Gerrard come calciatore, ma credo solo perché la mia squadra preferita allora era il Liverpool.
Ora sei tornata in Italia, ti aspettavi la chiamata del Verona?
Ci avevo giocato contro l’anno scorso, ricordo quanto forte fosse. Ci speravo, perché le grandi squadre qui sono Fiorentina, Brescia e Verona. Mi sarebbe piaciuto avere un’esperienza con una di queste e ci sono riuscita. Ora l’obiettivo è poter giocare la Women’s Champions League, visto che non ne ho mai avuto l’opportunità, e spero vivamente di poterlo fare un giorno con il Verona.
Oggi stiamo però vivendo una situazione di classifica difficile e la squadra sta piano piano amalgamandosi: credi sia stato più un problema di differenza linguistica o di età?
Non credo che la lingua sia stata un problema. Sicuramente la rosa è molto giovane, ci sono tante calciatrici nate dal 2000 in poi, e talvolta anche la sola esperienza può fare la differenza. Sicuramente si tratta però di ragazze molto talentuose e si vede, presto potranno mettere in mostra carattere e le proprie capacità.
Fra queste ragazze molto giovani chi ti ha impressionata?
Penso che, dopo averle guardate giocare per qualche settimana, mi abbia particolarmente impressionata Carolina Poli. Si vede quanto lei lavori sodo, ci mette grande grinta ogni volta e non si arrende tanto facilmente.
Facciamo una storiella divertente: clamorosamente il Verona ti sceglie come nuova allenatrice della squadra (Shauna scoppia a ridere), chi sceglieresti per battere un rigore decisivo al 90’?
Berglind (Thorvaldsdottir, ndr). Farei tirare lei perché so che calcia benissimo e la metterebbe sempre in fondo al sacco.
Sappiamo che ora stai frequentando, assieme alle altre nuove arrivate, un corso di italiano…
È vero, in questo momento sto imparando l’italiano assieme ad altre ragazze della squadra. È molto bello poter imparare la lingua e mi sto divertendo a imparare tante cose nuove qui.
Chiudiamo con una domanda sul futuro: hai già progetti per quando lascerai il calcio?
Domanda difficile. Credo che mi piacerebbe, dopo aver lasciato il calcio, tornare negli Stati Uniti e vedere dove mi porterà la mia laurea in scienze motorie. Mi piacerebbe lavorare là.
Credit Photo: Federico Fenzi