Giovanni Albanese, direttore di Juventusnews24, ha da anni investito nel calcio femminile con il suo sito ed abbiamo avuto il piacere di poterlo intervistare parlando di come potrebbe uscire da questo periodo il movimento calcistico femminile.
Il Covid-19 ha messo a soqquadro qualsiasi cosa ed il mondo del giornalismo non è stato esentato da tutto ciò. Quanto e come è cambiato il ruolo del giornalista con questa situazione?
“Tanto, quantomeno negli strumenti e nella valorizzazione di alcuni canali fino a questo momento sottovalutati. Di fatto, la nostra attività non si è mai fermata. Alcuni hanno proseguito l’attività in esterna, altri come noi hanno provato a raccontare lo Sport in un altro modo: più dirette video e interazione con chi è rimasto a casa in attesa di un allentamento delle misure. Consentimi però di ringraziare i colleghi che hanno lavorato in prima linea per raccontare l’emergenza. Ho vissuto un po’ di esperienze a livello di comunicazione nel mondo della protezione civile, so bene quanta dedizione e senso di responsabilità serva per raccontare un momento del genere, ancora di più perché trattasi di un’emergenza sanitaria che nessuno avrebbe mai immaginato.”
Molti degli addetti ai lavori hanno dichiarato il loro sgomento sulla possibilità che il calcio femminile possa perdere tutto quel seguito acquisito grazie all’ultimo Mondiale. Quanto credi che possa influire questo momento di blocco totale sull’appeal che si era guadagnato il movimento calcistico femminile?
“Il problema del calcio femminile è che molti, troppi ne continuano a parlare descrivendolo con visioni vecchie, superate. Il calcio femminile in Italia è ormai una realtà ben consolidata, pronta per il professionismo. L’interesse c’è e resterà intatto anche dopo questo periodo, anzi forse ne uscirà pure rafforzato. Il motivo è semplice: queste ragazze, che certamente al Mondiale hanno ottenuto il picco più alto di attenzioni, tutto quello che hanno se lo sono conquistate con sacrificio e con una visione ambiziosa in tempi non sospetti. Il calcio femminile in Italia è una realtà solida, non più un tentativo con poche fondamenta. L’arrivo di società importanti come la Juve ha dato la spinta ultima, il professionismo è un atto dovuto anche perché in un periodo come questo comprendi che le tutele sono necessarie per chi garantisce un contributo esclusivo all’attività calcistica. Detto questo, lo ribadisco: l’arrivo dei club italiani più blasonati ha certamente aumentato le attenzioni, ma nessuno ha regalato niente a queste ragazze, per questo l’appeal resterà intatto.”
Essendo uno sport “esploso” tardi in Italia, la Serie A femminile si trova ancora indietro dal punto di vista tecnico tattico rispetto ai maggiori campionati europei. Secondo te, quale sarebbe l’intervento necessario per far crescere la credibilità del campionato italiano in Europa?
“I processi di crescita hanno bisogno di tempo, pazienza e condizioni. Se pensiamo che un movimento possa crescere in assenza di strutture, per esempio, siamo completamente fuori strada. Da quando alcune squadre hanno l’opportunità di allenarsi dignitosamente all’interno di centri sportivi veri, il livello si è alzato: non è un caso. Il professionismo renderà appetibile il campionato italiano, anche per le giocatrici più forti al mondo. Di base, però, credo il movimento italiano avrà una naturale crescita anche perché alcune società stanno dando l’opportunità a tante ragazzine di migliorarsi tecnicamente già dall’inizio del loro percorso. Il tutto va supportato ancora di più, con investimenti mirati su strutture e formazione per i tecnici, specie quelli del settore giovanile. La Juve ha dedicato un’intera area di Vinovo al settore femminile, il mio augurio è che questo avvenga presto ovunque: oggi però siamo lontani da questa dimensione.”
In questi giorni si sta discutendo animatamente sull’eventuale attuazione del protocollo sanitario stilato dalla FIGC. Molti esperti lo hanno bocciato in toto, secondo te sarà possibile metterlo in pratica o è necessario un altro tipo di convenzione sanitaria?
“Non sono un esperto per dire cosa sia giusto fare e cosa no. Siamo anche di fronte a un virus che la scienza sta studiando, quindi giusto fare esprimere chi in questo momento può indirizzarci al meglio. Questa è una situazione che dovremo vivere per diversi mesi, immagino, quantomeno fino a quando non ci sarà un vaccino o una cura certa per la malattia. Dunque, per il bene del calcio e dello Sport in generale, mi auguro che si possa trovare ben presto la sintesi per tornare in attività, quantomeno in forma ridotta.”
Il calcio femminile è fatto di battaglie: negli Stati Uniti hanno quella per l’equal pay e qui in Italia abbiamo quella per il professionismo, che sembra sempre in dirittura d’arrivo ma la pratica non riesce mai a concludersi del tutto. Secondo te quanto ci vorrà prima che le ragazze raggiungano il professionismo?
“Ne parliamo oggi sperando che possa avvenire domani, ma sarebbe già dovuto arrivare ieri, pure l’altro ieri. Il controsenso è che queste ragazze professioniste lo sono già, quantomeno da alcuni anni a questa parte. Perché senza un impegno massimo nella loro attività calcistica, non riuscirebbero a tenere il livello che impone già la Serie A Femminile in Italia. Ecco, la chiave è proprio questa: bisogna riconoscere a queste ragazze quello che spetta loro, dopo anni di sacrificio e miracoli sportivi.”
Quali sono stati gli aspetti più importanti che ti hanno fatto prendere la decisione di iniziare a seguire il calcio femminile con il tuo sito?
“Vorrei dirti che seguo il calcio femminile da tanti anni, ma non è così. Provo a scoprirlo ogni giorno di più, a studiarlo per raccontarlo al meglio. La mia prima partita di calcio femminile corrisponde alla prima storica della Juventus Women in Serie A femminile, a Mozzanica. Sembrava quasi una festa cittadina, quasi mille persone per l’arrivo delle ragazze della Juve; e tre ospiti: io e due tifosi, oggi sono decine che seguono in casa e in trasferta. La Juve aveva già deciso sin dall’inizio di fare le cose per bene, pensa che in quell’occasione aveva spedito al seguito il telecronista della prima squadra, una troupe per riprendere la partita integrale e un ufficio stampa dedicato. Io ero lì perché trovavo abbastanza normale raccontare un momento storico per un nuovo settore del club, un po’ come ho fatto l’anno successivo per la nascita della seconda squadra maschile Under 23. La mia sensibilità per il settore femminile, invece, trova le radici nella città in cui sono nato e cresciuto: Enna. Perché lì per tanti anni la squadra femminile di pallamano ha avuto lo stesso valore di quella maschile. Anzi, quando entrambe erano in Serie A1, le donne vinsero due volte lo Scudetto e due volte la Coppa Italia. E io c’ero. Però, visto che oggi è anche la Festa della Mamma, fammi ringraziare la mia che da giovane era una giocatrice di pallacanestro. Se no poi legge l’intervista e mi chiama per ricordarmelo!”
La Redazione di Calcio Femminile Italiano ringrazia Giovanni Albanese per la sua disponibilità.
Credit Photo: Pagina Facebook Giovanni Albanese