Elena Linari, nonostante la sua giovane età (classe 1994), è già uno degli assi portanti della Nazionale Italiana Femminile e del Brescia Calcio Femminile. Abbiamo fatto due chiacchiere con lei per parlare di Nazionale, Serie A e scarpe da calcio.
Ciao Elena! Sei approdata in Serie A con la Fiorentina ormai 6 anni fa dopo aver conquistato la promozione dalla A2. Avevi solo 16 anni! Esordire così presto nella massima serie è stato un’emozione o è stato un passaggio abbastanza naturale?
Ho iniziato all’ ACF Firenze un cammino che prevedeva un progetto di “ricostruzione”. Avevo 14 anni quando feci la prima preparazione atletica con la prima squadra. Erano appena retrocesse dalla massima serie e l’obiettivo era quello di tornarci il prima possibile. Furono due anni molto impegnativi, ero la più piccola del gruppo, ma nonostante tutte fossimo giovani, non si facevano sconti.
Finalmente il secondo anno, riuscimmo a riconquistarci la Serie A e devo essere sincera: conquistarla con quella squadra e con quello staff, è stata una grandissima emozione. Non riuscivo a credere che da lì a qualche mese avrei affrontato le giocatrici che fino a quel momento avevo solo visto in tv con la nazionale o di cui avevo solo sentito parlare. Poi ottenere una promozione in Serie A, con la squadra della tua città, credo che abbia avuto un effetto ancora più grande in me e nei miei ricordi. È stata anche la prima e credo che mai me ne dimenticherò.
Questo è per te il terzo anno nella fila del Brescia Calcio Femminile. Come ti trovi? C’è tanta differenza tra la realtà toscana da cui provieni e quella lombarda in cui ti trovi adesso?
Ho voluto fortemente questa città e questa squadra. Già qualche anno prima di venire qui, avevo parlato con il Mister, che a quel tempo era Nazzarena Grilli, e con la dirigenza. Entrambi ci volevamo, ma io prima di lasciare Firenze avevo deciso che dovevo finire il liceo e che poi me ne sarei andata. E così è stato.
A Firenze in quel momento c’era una realtà non molto stabile, erano alcuni anni che la società non riusciva a trovare sponsor sicuri e io avevo invece grandi ambizioni: non volevo accontentarmi di salvarmi, volevo vincere e mettermi alla prova. Parlai con il presidente dell’Acf, Andrea Guagni, e lui fu il primo ad assecondare questa mia volontà perché si era reso conto della situazione in cui si trovava tutto quell’ambiente. E quindi, finita la maturità, partimmo con i miei alla volta di Brescia per firmare il mio contratto.
Hai fatto tutta la trafila delle varie selezioni della nostra Nazionale, dall’Under 17 in su. A ottobre 2013 hai esordito con la prima squadra allenata da Antonio Cabrini. Racconta a noi comuni mortali cosa vuol dire indossare per la prima volta la maglia azzurra in un match ufficiale.
Feci il mio esordio in maglia azzurra in un torneo triangolare con l’Under 17. Ricordo ancora la mia faccia quando per la prima volta vidi la maglia nello spogliatoio. Stavo realizzando il sogno di ogni calciatrice, il sogno che avevo avuto fin da piccola ma non riuscivo a rendermene conto. Non ricordo quasi più nulla di quella partita, se non i brividi durante l’inno nazionale, ma se vi può interessare quelli li ho ogni volta che lo ascolto, soprattutto adesso che le responsabilità aumentano vestendo la maglia azzurra con la nazionale maggiore.
Quando indossi questa maglia, le motivazioni arrivano da sole perchè stai rappresentando la tua nazione, tutte le giocatrici italiane e tutto il movimento del calcio femminile. Non sei una giocatrice qualsiasi, ma sei la ragazza che viene vista in tv, che viene presa come punto di riferimento da altre calciatrici, che può diventare l’idolo di qualcuna. Hai uno stemma con 4 stelle cucito al petto e devi renderti conto che le aspettative nei tuoi confronti aumentano sempre di più ogni anno che passa e ogni volta che la indossi.
Sappiamo che sei una delle giocatrici più attive nel tentare di far riconoscere un ruolo sempre più di primo piano al calcio femminile italiano. Cosa pensa Elena Linari dell’attuale situazione? Ci sono miglioramenti secondo te?
La FIGC ha imposto alcune regole ferree per le società maschili a partire dall’anno scorso, con l’obbligo di avere un’Under 12 di sole calciatrici o di acquisire il titolo sportivo, come ha fatto la Fiorentina. So che nei prossimi anni, il numero di bambine da avere obbligatoriamente nel vivaio aumenterà e questa certamente è una bellissima notizia perché in questo modo, molte ragazzine potranno iniziare a conoscere questo sport e mi auguro che le famiglie assecondino le loro volontà. Credo che molti genitori, non vedendo una possibilità di “arricchimento” come accade nel maschile, ritengano che il calcio non sia da far praticare alle figlie e hanno paura che le loro bambine perdano la loro femminilità. E’ indubbio che al nostro movimento servirebbe anche un aiuto da parte delle società maschili che potrebbero, anzi dovrebbero, sicuramente investire su di noi permettendoci di avere strutture e materiale adeguati. Ma la necessità più grande credo sia quella di creare all’interno della Federazione, un settore dedicato solo al calcio femminile composto da persone che credono veramente nel nostro movimento e che hanno voglia di investire e farci crescere, in modo da poter piano piano avvicinarci alle grandi realtà europee, la tedesca e la francese su tutte.
Quali sono i tuoi obiettivi per gli anni a venire? Guardando il tuo palmarès in Italia hai già vinto tutto…
In Italia ho conquistato già tutto quello che potevo vincere, ma non ho nessuna voglia di fermarmi. Vincere aiuta a vincere e la voglia di crescere e di migliorarmi non manca. Certo non sarà facile continuare ad ottenere trofei perché il campionato si sta livellando e quest’anno ne abbiamo avuto la conferma. Ma soltanto puntando a raggiungere grandi obiettivi, posso maturare e cercare di avvicinarmi alla mentalità che c’è negli altri campionati europei. La voglia di poter toccare con mano e vivermi un’esperienza all’estero c’è sicuramente, ma per adesso penso solo a far bene qui dove sono, dato che l’ambiente e la società me lo permettono, poi per il futuro si vedrà.
Tu giochi dietro, da centrale difensivo. C’è una giocatrice a cui ti ispiri? Hai qualche idolo nel mondo del pallone maschile?
Il mio idolo nel femminile è Roberta D’Adda. Non la conoscevo benissimo prima di venire qui, l’avevo solo vista in qualche partita sia del Brescia che della nazionale in televisione, ma mi aveva sempre impressionata per la lucidità che aveva nel risolvere con grande semplicità anche le situazioni più pericolose. Quando l’ho conosciuta bene, giocandoci insieme, ho anche scoperto che oltre ad essere una grandissima calciatrice, è pure una persona molto umile, di poche parole, che preferisce far parlare il campo piuttosto che i giornalisti. Ho apprezzato ogni suo aspetto, ho imparato a conoscerla e credetemi, non smetto mai di imparare da lei perché mi stupisce ogni volta. Nel maschile invece amo Thiago Silva un po’ per come riesce a comandare la difesa, un po’ per la grande personalità che ha e un po’ per la semplicità con cui fa le cose, così come Robi.
Abbiamo scoperto che anche tu hai una passione da vera Nerd per gli scarpini. Come è nata questa passione? Hai qualche rito particolare o abitudine che riguardi la cura o in generale il rapporto con i “ferri del mestiere”?
Amo curare i miei scarpini perché sono i miei attrezzi di lavoro. Ne ho tante paia, ma nessuna di queste viene trascurata. Ci sono gli scarpini da allenamento e quelli da partita, perché quelli che uso durante la settimana non sono quelli che la gente mi vede indossare il sabato. Questa passione me l’ha trasmessa mio babbo, perché anche lui giocava a calcio. All’inizio quando ero più piccola, era lui che li trattava, ma dai 15-16 anni ho cominciato a far tutto da sola e guai a chi si azzardava, e si azzarda anche adesso, a toccarmeli. Per come la penso io, lo scarpino deve essere in pelle e artigianale e deve essere assolutamente ingrassato. Potrà sembrarvi strano, ma in questo modo il pellame si mantiene perfettamente, riducendo al minimo la rottura della scarpa e allo stesso tempo, permette a questa di restare morbida e comoda quando la indossate.
Elena Linari ha anche un rapporto speciale con Silei Sport, un piccolo brand toscano che fa calzature da calcio artigianali. Come è nato questo rapporto? Cosa ti ha portato a preferirlo rispetto ai grandi brand dominanti il settore delle scarpette?
Con loro ho un rapporto speciale perché si sono resi disponibili, fin da subito, a darmi le scarpe che desideravo. Sono persone che conoscono il calcio più di quanto si possa pensare e io mi sono sempre affidata a loro per poter fare la scelta migliore. La scarpa oltre ad essere comodissima, rispetta gli standard che vi ho detto prima e non avrei potuto chiedere di più. Inoltre sono una marca fiorentina e per una come che ha il sangue viola, non ci potrebbe essere cosa più bella. Cercano sempre di mettermi a mio agio e l’ultimo pellame che hanno scelto è uno dei più comodi che abbia mai provato. Preferisco le loro scarpe ai grandi brand perché adesso si pensa spesso allo stile e poco alla comodità e alla cura degli scarpini e a questo io invece ci tengo tanto.
Ultima curiosità Nerd. Da quest’anno su FIFA16 c’è anche il calcio femminile e c’è anche Elena Linari ovviamente! Dicci la verità, quanto ci giochi? Ti ci rivedi o c’è qualcosa che dobbiamo segnalare all’EA Sports che devono modificare per farti più verosimile?
Volete sapere la verità? Ho giocato con me stessa solo una volta e tra l’ altro ho pure perso. Non sono una fanatica dei video games e qui a Brescia ho anche l’università e non ho molto tempo da perdere in queste cose. I miei genitori hanno addirittura comprato la PS4 e FIFA16, ma ancora non l’ho rinnovato. Dei miei amici, mi hanno detto che il gioco è molto reale e molte di noi si assomigliano, però non voglio sbilanciarmi troppo, perché non ricordo bene i visi delle mie compagne dato che li ho visti solo una o due volte. Prometto che alla prima occasione utile ci giocherò e vi informerò sul risultato finale!