Una ripresa per la Serie A femminile non è pensabile: non ha dubbi Carolina Morace, ex giocatrice e allenatrice, reduce dall’esperienza dello scorso anno sulla panchina del Milan. In esclusiva a Juventusnews24.com, il coach ha parlato della situazione del calcio femminile, alle prese con l’emergenza Coronavirus.
Il calcio sta vivendo un periodo di crisi e anche molte società femminili potrebbero risentirne economicamente. Quali misure dovrebbe adottare la Figc?
«Non è questo il mio ruolo. Mi aspetto però che qualcuno indichi la strada per le società e per le giocatrici».
Il protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti le sembra attuabile in Serie A femminile?
«Nella Serie A femminile un protocollo del genere è impensabile. Nessuno parla del calcio femminile ma lo sanno tutti che è impensabile, la Serie A femminile non ha le forze economiche né è stato messo in budget un evento del genere. Mi viene da ridere pensare che anche laddove le società professionistiche abbiano centri sportivi, non le dividerebbero con le squadre femminili, per cui per il femminile non c’è assolutamente nulla».
Ludovica Mantovani ha detto che l’obiettivo è quello di portare a termine Serie A e Serie B…
«Secondo me per il calcio femminile, sia in Serie A sia in Serie B, non ci sono le premesse che ci sono per il maschile. Il maschile vogliamo farlo ripartire perché altrimenti ci sarebbe un buco di 600 milioni. In Serie A vogliono far ripartire il calcio per liquidità e diritti tv, premesse che non esistono in Serie A o Serie femminile. Ci sono più interessi per la pallavolo, per la pallacanestro, che hanno già chiuso. Non riesco a capire perché si parli di campionato femminile come se non giocando il femminile si perda chissà che cosa. Si è perso di più bloccando la pallavolo maschile e femminile o la pallacanestro. È assurdo».
Lo scudetto andrebbe assegnato?
«Non lo so, ma le premesse per far ripartire il calcio femminile non ci sono. Se ripartissee il calcio femminile tutti gli altri sport si lamenterebbero e avrebbero ragione. Il rischio contagio è troppo alto. Laddove ci sono problemi di sopravvivenza del calcio italiano bisogna fare il tutto per tutto, magari rischiando un po’. Ma credo che il Governo stia prendendo tempo anche perché non siamo fuori pericolo e se ci fosse un contagio cosa si fa? Si dovrebbe interrompere tutto. Allora vedere questo nel femminile sarebbe assurdo. Se il rischio può esserci per il maschile… Per una questione anche di etica morale i calciatori stanno cominciando a dire: “Fanno i tamponi a noi, e gli altri?”. Leggevo le parole di Gravina: a fronte di tanti tamponi i club dovrebbero acquistarne il doppio per farli fare alle persone che hanno bisogno e questa la ritengo un’iniziativa intelligente».
È preoccupata di un eventuale stop del passaggio al professionismo?
«C’è un semplice decreto fiscale fatto sulla Legge di Stabilità. Si è parlato di professionismo che non c’entra nulla perché questo emendamento prevede il pagamento tre anni di contributi del Governo alle giocatrici. Dopo questi tre anni, chi pagherà questi contributi? Il diventare professioniste dipende dalla Figc, che deve dire sì. È chiaro che ci sono dei costi di sostenibilità. Ci sono diversi campionati professionistici per i maschi e nemmeno uno per il femminile. Non c’è sostenibilità neppure per la Lega Pro che ha un costo altissimo. Nel femminile non ce n’è uno. I numeri del calcio femminile sono troppo bassi».
Negli ultimi anni mediaticamente il calcio femminile ha conosciuto uno sviluppo importante. Qual è stata la vera svolta?
«Sky e Tuttosport, che parlano sempre di calcio femminile e sono sempre sul pezzo. E il fatto di aver fatto i Mondiali in quel periodo. Società maschili professionistiche? Anche questo è stato assolutamente un grande incentivo per il calcio femminile, un grosso passo avanti».
Lo spostamento dell’Europeo al 2022 garantirà una fascia esclusiva al movimento. La ritiene una decisione giusta e crede che l’Italia possa beneficiarne in termini di esperienza?
«Non c’era altro da fare. Esperienza in più? Bisogna vedere se possono essere fatte amichevoli nel resto del mondo, ho dubbi sulle attività internazionali visto che tutti i Paesi sono in Stati diversi».
Nel 2022 a Torino si disputerà la finale di Champions League. Quanto tempo ci vuole affinché la Juventus Women raggiunga un traguardo simile?
«Fino a quando non si diventa professioniste e non si lascia il libero mercato in Italia non verranno mai le calciatrici più forti. Finché non ci sarà questa apertura al professionismo, le finali le squadre femminili italiane non le vedranno da protagoniste».
Credit Photo: Facebook Carolina Morace