Carolina Morace, leggenda del nostro calcio ed allenatrice, ha rilasciato un’interessante intervista ai microfoni di SpettacoloMusicaSport (SMS) parlando della ripartenza del campionato, delle differenze tra calcio femminile e maschile e dello sviluppo del movimento.
Dopo tanti dibattiti e polemiche è stata presa la decisione di ricominciare a giocare e far ripartire il campionato di Serie A. Qual è la sua opinione a riguardo?
“Credo che la decisione sia stata presa con ampie garanzie a livello di tutela della salute, in accordo e nel rispetto del protocollo che ha varato il Governo, è chiaro che il non proseguimento del campionato avrebbe creato diversi problemi economici, con il rischio anche del fallimento di qualche società”.
Quanto può influire sulle prestazioni sportive dei calciatori il fatto di essere rimasti fermi per quasi tre mesi?
“Tantissimo, infatti ci sono già alcuni infortuni, è chiaro che mentalmente i calciatori avevano staccato la spina e quindi non è una normale ripresa perchè qualsiasi atleta nel periodo di non attività si muove, va a correre, a nuotare, gioca a tennis. Questo per dire che forse non saranno sufficienti le 4-6 settimane che si hanno solitamente a disposizione per preparare una stagione agonistica”.
Parlando invece del calcio femminile, ci sono quattro club di Serie A favorevoli alla ripresa, altri contrari, è stato istituito dalla FIGC il fondo salva calcio ma i medici hanno dato parere sfavorevole alla ripartenza…
“Credo che si debba utilizzare il fondo della FIGC per la prossima stagione e non per rabberciare quella in corso, anche in considerazione del fatto che Francia, Spagna e Inghilterra che hanno i campionati professionistici più importanti a livello europeo hanno deciso di non ripartire, così come in Italia la pallavolo e il basket femminili, che generano più introiti rispetto al calcio. E poi non dobbiamo dimenticare che è stato stabilito un protocollo molto dispendioso non solo a livello economico ma anche sotto il profilo pratico con una serie di tamponi che devono essere fatti alle squadre e che vengono tolti alla collettività. Se per il calcio maschile c’è una ragione economica lo stesso discorso non può essere fatto per quello femminile”.
L’ottimo Mondiale disputato in Francia nel 2019 dalla Nazionale Italiana ha contribuito ad accrescere l’attenzione da parte dei media nei confronti del calcio femminile e l’interesse da parte del pubblico, abbattendo anche qualche pregiudizio legato alla visione di questo sport come prettamente maschile. Cosa manca ancora per permettere al movimento femminile italiano di fare il definitivo salto di qualità?
“Secondo me bisogna aumentare la qualità del gioco e del livello, questo significa togliere il tetto salariale in modo da poter far venire in Italia le più forti giocatrici del mondo, facendo al contempo crescere anche quelle italiane”.
E’ l’unica allenatrice italiana ad aver allenato una squadra maschile, la Viterbese, nel 1999. Che differenze ha riscontrato nell’approccio rispetto ad una formazione femminile?
“La differenza è che i ragazzi che giocano in Lega Pro vengono inquadrati fin da piccoli perchè iniziano a giocare a cinque anni nelle scuole calcio. Rispetto al passato oggi anche le ragazze hanno la possibilità di crescere seguendo un percorso e sono quindi piu’ preparate e pronte per l’inserimento nel calcio professionistico”.