Il “Bell’Antonio” è indissolubilmente legato alla Juventus con cui, da protagonista, ha vinto tutto in campo nazionale e internazionale per un ventennio. E’ anche uno dei Campioni del Mondo del 1982 e proprio alla maglia azzurra è legato il suo presente e il suo futuro visto che da quattro anni è il CT della Nazionale femminile di calcio. Parliamo naturalmente di Antonio Cabrini.
“In Italia le squadre che ci affrontano si scansano, in Europa no”, condivide le parole di Gigi Buffon?
“Non ho notato questa differenza di atteggiamento da parte degli avversari della Juventus; fossi nei bianconeri però non penserei all’impegno più o meno intenso dei miei sfidanti ma a dare il massimo in campo. Ciò che conta è vincere indipendentemente da chi si affronta. Certe dichiarazioni vanno sapute interpretare, conoscendo Gigi ha voluto dare un segnale ai suoi compagni, da capitano e uomo simbolo, per aumentare lo scarso indice di attenzione che ultimamente è stato causa di risultati non pienamente soddisfacenti. Devono giocare con più grinta”.
La Juventus gioca a ritmi blandi perchè appagata?
“No una squadra come la Juventus non può e non deve essere appagata. Certo è che anche ieri, contro il Chievo, se non l’avesse risolta Pjanić avrebbe pareggiato una partita da vincere. E’ comunque una squadra cinica, con un allenatore capace che riuscirà a trovare un gioco qualitativamente più esaltante. Quest’estate hanno inserito dei nuovi importanti elementi nella rosa titolare, questi ancora devono capire l’importanza di vestire quella maglia e i movimenti giusti per il gioco di squadra. Serve tempo per ottenere il meglio e sono sicuro che Allegri ce la farà”.
In casa Inter invece tira tutt’altra aria dopo l’esonero di De Boer…
“Purtroppo la vita di un allenatore è legata solo ai risultati. Ci sono pochi club che investono principalmente sull’allenatore come uomo simbolo intorno a cui costruire una squadra. Il calcio italiano è molto difficile e per capirlo a pieno bisogna conoscerlo bene; purtroppo De Boer era appena arrivato in questa realtà, non ha avuto modo e tempo di inserirsi al meglio e quindi non ha conseguito risultati soddisfacenti e utili per conservarsi il posto sulla panchina dell’Inter. Le sue colpe però, come del resto quelle degli allenatori in generale quando le squadre vanno male, in percentuale valgono il 15/20 %; il resto è solo da imputare ai giocatori, sono loro che decidono se seguire o meno un allenatore. Sono i calciatori a scendere in campo, non i tecnici. De Boer non è stato supportato e aiutato soprattutto dai suoi giocatori più che dai dirigenti”.
Sono i calciatori gli unici colpevoli?
“Sicuramente il cambio di proprietà e la difficile creazione di un nuovo organigramma hanno creato un po’ di scompiglio ma sono cazzate quando si dice che questi fattori abbiano inciso sul rendimento della squadra. L’allenatore e soprattutto i giocatori se ne fregano assolutamente di queste problematiche, devono pensare a rendere perchè stipendiati profumatamente, altrimenti vuol dire che cercano delle scuse per giustificare la loro negligenza e questo è inaccettabile!”.
Come valuta questo primo trimestre di Ventura da CT della Nazionale?
“Giampiero ha preso in mano una patata bollente. Questa Nazionale i primi tempi risentiva ancora dell’impronta marcata lasciata da Antonio Conte, adesso ha cominciato a rappresentare il suo nuovo CT. E’ stato fatto un lavoro certosino, Ventura e il suo staff stanno cercando di costruire una squadra che possa presto qualificarsi per il Mondiale 2018 e far maturare dei giovani importanti che possano un domani fare la fortuna dell’Italia e magari riportarla a trionfare.”
Chi diventerà fondamentale nell’Italia che verrà? Un terzino su cui puntare?
“Bisogna innanzitutto che i giovani interessanti e dotati giochino indipendentemente dalla qualità delle loro prestazioni. Perchè crescano forti bisogna che imparino ad affrontare qualsiasi tipo di situazione. Ci sono, nell’Under-21, giocatori e difensori di sicuro avvenire come Barreca, Masina, Conti e Caldara; più in generale penso a Belotti, Verratti e soprattutto a Immobile che sembrava condannato alla mediocrità e invece si è saputo rilanciare. Per vincere e salire alla ribalta serve anche un po’ di fortuna…”
Fortuna che lei da CT della Nazionale di calcio femminile ha avuto a fasi alterne…
“Sono arrivato nel 2012, nel 2013 siamo andati agli Europei in Svezia arrivando tra le prime otto ed è stato un ottimo risultato perchè affrontavamo squadre molto più forti e attrezzate di noi. In Europa il calcio femminile è molto più coltivato che in Italia, la Germania, la Francia, la Spagna, la Svezia e l’Inghilterra hanno un culto superiore al nostro. Noi cerchiamo di migliorare il più possibile, ci siamo qualificati per gli Europei a luglio 2017 e speriamo di lasciare il segno”.
Barbara Facchetti, capo della delegazione femminile, sta lottando per questo sport.
“E’ la nostra prima tifosa e da un paio d’anni, con il supporto della Federazione, sta cercando di rilanciare in tutto il mondo il calcio femminile italiano con l’intento di portarlo a uno sviluppo che è necessario per far crescere questo movimento. In Italia è poco conosciuto, poco sponsorizzato e quindi si ha anche un bacino di utenze e di possibilità di selezionare calciatrici molto inferiore ad altre federazioni concorrenti. Noi attingiamo spesso da alcune ottime società come il Brescia, la Fiorentina, la Mozzanica e il Verona, ma sarebbe bello poter espandere i nostri riferimenti per crescere tutti insieme. Bisogna introdurre una mentalità professionistica, le ragazze devono essere prima atlete e poi calciatrici perchè solo così si può vincere come ci insegnano in Germania e USA. L’atletica in questo sport conta, alla lunga, più della tecnica”.
Il simbolo della Nazionale è Melania Gabbiadini, sorella di Manolo, come li descriverebbe calcisticamente?
“Sicuramente Melania è molto più forte di Manolo, senza ombra di dubbio. Lei è un elemento importante della nostra nazionale, capitano e leader vero del gruppo. Parla poco ma compensa con grandi fatti, ha segnato spesso gol importanti e sono sicuro che continuerà così. Manolo ha bisogno di giocare con continuità perchè ha grandissime qualità e merita spazio per poter trovare fiducia e sbocciare definitivamente”.
Il calcio femminile è discriminato? Cosa gli manca per essere maggiormente conosciuto e stimato?
“E’ una questione di mentalità e cultura italiana di massa. La politica e i mass media devono informarsi maggiormente su questa realtà perchè purtroppo viene erroneamente ritenuta maschilista. Infatti, per avere una crescita omogenea da parte delle ragazzine, abbiamo creato anche delle nazionali minori. C’è un’evoluzione lenta del movimento, all’estero ci surclassano, basti pensare che in America il calcio femminile è più importante del calcio maschile e il 35% delle ragazze americane entrano al college con la borsa di studio sul calcio. Infatti la loro nazionale, insieme a quella tedesca e poche altre, sono sempre sul tetto del mondo. Le iscritte in Italia al calcio femminile sono 20.000 contro 650.000 in Germania, 250.000 in Inghilterra, 300.000 in Francia, 150.000 in Spagna e 35.000 in Islanda. Il mio desiderio è che questo sport arrivi presto a questi numeri anche nel nostro paese”.