Photo Credit: Paola Gio Ferri

Nota al pubblico per il percorso compiuto sul grande schermo alla corte di X Factor, Benedetta Alessi ad oggi è la frontwoman dei Melancholia.
Classe ’98, umbra doc, ed una carriera variegata, fatta di passione, dedizione, ma anche resilienza, date le molteplici cadute sportive, musicali e di vita.
Di Alessi sono di facile intuizione sensibilità e spirito combattivo, aspetti che che attualmente la vedono fare a pugni con il tratto più vulnerabile di sé.
Questo e tanto altro nel piacevole racconto esclusivo della giovane artista, coinvolta nella nostra rubrica “Calcio&Musica“.

Ben trovata, Benedetta! Quello per il calcio è stato un amore a prima vista: ti va di raccontarne l’evoluzione?

Una passione tutta di famiglia: in particolar modo sono stati mio zio e mio papà ad aver contribuito a trasmettermi l’amore per questo sport.
Inizialmente, come tante altre, per potermi affermare in questo mondo ho dovuto faticare, visti i muri dettati da una corsia sportiva preferenziale non esattamente rivolta alle ragazze, pian piano, però, sono riuscita ad uscirne: il mio primo approccio, infatti, è stato con una squadra prettamente maschile; un’esperienza che mi ha dato tanto, preziosa anche per le tante figure che mi hanno permesso di viverla nel modo più naturale e spontaneo possibile, proteggendomi dagli inevitabili e futili giudizi.

Il mio unico intento è sempre stato quello di divertirmi e coltivare la mia passione, cosa resa possibile all’interno di tale società fino ai 14/15 anni.

Poi le prime possibilità, quelle offerte dai club femminili umbri…

Esattamente. Il mio percorso ha preso il via nella formazione Primavera della Grifo Perugia (ora Perugia Calcio Femminile), un percorso culminato con la vittoria del campionato nell’annata 2014/15. 
Col passaggio in Prima squadra, poi, sono iniziate le prime ansie ed il tempo e la formazione, in questo, sono stati fondamentali; le compagne di squadre già navigate, inoltre, mi hanno dato una grossa mano nel prosieguo e da loro ho potuto solo che imparare!

La mia è un’anima da terzino destro che ha provato anche l’emozione della convocazione nella Nazionale under 16 e dell’ascesa in serie A: traguardi importantissimi che porterò sempre con me.

Quindi da queste esperienze sembra di capire che ti porti dietro un grande bagaglio, non solo sportivo ma anche umano…

Inevitabilmente quello che sembra essere solo un gruppo squadra diventa una vera e propria seconda famiglia. Con tante ex compagne tutt’ora ho un rapporto di amicizia, nonostante la distanza che ci separa.

Poi ti sei dedicata alla musica: davanti a te un bivio che ti ha imposto di fare una scelta o un passo fortemente voluto, indipendentemente da quello che è stato il percorso precedente in altro ambito?

Il mio è stato uno stop forzato: quella che per me fino ad allora aveva funto da valvola di sfogo era diventata totale insicurezza sul campo e disordine psicologico. Per tantissimi anni ho conciliato pallone e musica, ma alla fine, proprio per il motivo sopra citato, ho dovuto fare una scelta.
Ad ogni modo, dopo qualche tempo, ho ricominciato col calcetto.

Quindi ritrovi un po’ della Benedetta di prima in quella attuale?

Sono felice di essere rimasta fedele alla mia energia ed alla mia personalità. La politica mentale del “nulla ti viene regalato” ha sempre fatto parte di me ed ancora oggi che faccio musica è così.
Posso dire, però, che il calcio e la musica hanno in comune l’importanza della performance che necessita di un costante allenamento e di una imponente preparazione fisica, ma lavorare su ciò che piace e dare tutto per questo è importante e prescinde dalla professione esercitata.

Ed a proposito di cambiamenti, se da una parte è andata così, dall’altra i Melancholia ora sono una bella realtà. Un nome importante, che pesa: cosa intende raccontare, in fin dei conti, e cosa intende, invece, raccontare Benedetta come voce insieme al gruppo?

“Melancholia” deve la sua definizione ad uno dei quattro umori di Ippocrate, motivo scatenante di pensieri riguardanti lo stato depressivo.
Il nostro è un legame speciale e l’aver vissuto tutti e tre la parte più triste di noi stessi ha fatto da collante nella scelta del nome che portiamo, pesante quanto pesante è il nostro volere di abbattere questo dolore.

Dando uno sguardo alle tue esibizioni sul palco è immediata l’impressione di un mondo interiore che ha necessità di farsi sentire: lo si capisce dalle movenze, dall’intensità, dal sentimento. Pensi che anche nel mondo del calcio ci sia bisogno di più cuore e meno contorno?

Assolutamente si! Dal mio punto di vista credo sia innaturale non mettere il cuore in ciò che si fa. Ovviamente, al di là di questo, non tutto può sempre andare bene: da artista sei continuamente esposto a migliaia di persone e capitano i momenti no, e nello sport il discorso è molto simile.
Quando la squadra risponde bene tutto va per il verso giusto, al contrario ripartire pare difficile, ma è proprio nel momento in cui la rotta si perde che bisogna cercare di andare avanti e continuare a dare tutto.

Proseguendo sulla scia della realtà femminile, da sempre la donna si rivela protagonista in tantissimi brani (vedi Sally di Vasco Rossi od altri interpretati e scritti da artisti di spicco quali Cocciante, Battisti, ecc.). Pensi sia importante raccontarla anche in questi aspetti e quanto c’è di questo nei vostri testi dove sembra prevalere l’introspezione e la verità nuda e cruda, quella che non ha filtri?

I nostri testi sono completamente a-gender, ma sono convinta che la musica debba diventare sociale e parlare di tutti ed a tutti.
È sicuramente importante dare spazio alla figura femminile in generale, e ne avrebbe bisogno anche in ambito musicale: un semplice esempio? È rarissimo trovare una tour manager od una fonica. Dispiace perché sembra quasi che la donna debba sempre lottare un po’ di più per stare alla pari.

Quindi dei brani che rispecchiano te, in primis, e che includono tutte le generazioni…

Ci sono testi in cui molto spesso viene descritta la percezione del mio corpo come una gabbia, un continuo conflitto tra le due parti: quella del “sembro” e quella del “cosa sono realmente”.
Indubbiamente declinare un sentimento con tutte le sfumature che può avere permette di agganciare un bacino di persone molto più ampio, ma fin quando anche solo una persona si ritroverà in ciò che è stato scritto sarò ben felice di continuare a parlare.

Per me la musica è un’esigenza, il mio modo per dire proprio tutte quelle parole che normalmente non riesco a dire e per creare un contatto vero con le persone che ho intorno; è la via che mi libera dai pesi più duri.
Con certi temi, poi, non c’è età che regga; i testi sono un confronto aperto che ha l’obiettivo di far sentire gli altri un po’ meno soli.

In base alla tua esperienza, da ragazza quanto è difficile oggi farsi spazio nel mondo dello sport e cosa manca in Italia perchè si arrivi a non fare più distinzione tra calcio maschile e femminile?

Negli ultimi anni ci sono stati degli evidenti miglioramenti con l’introduzione del professionismo grazie anche ad atlete che hanno lottato per avere una risonanza, ma credo sarà difficile eliminare una volta per tutte queste barriere inutili. Introdurre una figura femminile che possa anche solo parlare di sport penso possa aiutare gli altri ad adattarsi a questo cambiamento.

Personalmente seguo ed apprezzo particolarmente il Barcellona Femminile e noto quanto in paesi come la Spagna la cultura calcistica in rosa sia differente e le stesse calciatrici siano diventate, ormai, delle vere e proprie icone. Certo è che viviamo in una società patriarcale dove la donna, purtroppo, viene spesso posta in secondo piano.
Al momento, per quanto riguarda la crescita del movimento in Italia, credo si stia andando verso la giusta direzione, ma mancano gli investimenti e viene naturale chiedersi “perché nel maschile si e nel femminile no?”.
Per arrivare ad una concezione professionista è necessario offrire a tutti gli stessi mezzi, senza distinzioni.

Gli imminenti progetti musicali di gruppo, invece, quali sono?

È un periodo di nuovi inizi: dopo una parentesi da indipendenti stiamo procedendo affiancati da una etichetta genovese che presenta idee molto simili rispetto al percorso artistico che vorremmo fare.
Diversi, quindi, i progetti in ballo, tra cui un mini-tour fissato per dicembre 2024 che ci vedrà fare tappa a Palermo, Siracusa e Messina. Non vediamo l’ora!

Un messaggio ai lettori di Calcio Femminile Italiano, a chi dà tanto per questo movimento ed a chi vorrà farlo per la sua crescita e valorizzazione generale.

È importante che ognuno esponga il proprio pensiero in merito, per il resto…mai smettere di credere nei propri sogni e lavorare per ciò cui vale veramente la pena!

Si ringrazia Benedetta Alessi e staff per la gentile concessione.