Il ruolo del Team Manager nel mondo del calcio è affare assai complicato: occorre conoscere molto bene le varie dinamiche societarie gestendo tutto, dal rapporto con lo spogliatoio a quello con lo staff medico passando anche dall’ufficio stampa. Un ruolo, dunque, cardine dove la competenza non è un valore aggiunto ma un requisito fondamentale. Oggi parliamo con uno dei Team Manager emergenti del panorama calcistico italiano: Andrea Rubiolo, specializzato nel calcio femminile da oltre dieci anni. Originario di Saluzzo, in provincia di Cuneo, Rubiolo a trenta anni vanta già due promozioni con la prima squadra della Musiello Saluzzo oltre ad un secondo posto al Campionato Italiano Under 12 con la maglia dell’A.S. Roma, sua ultima società.

Andrea, raccontaci qual è stato il tuo percorso di formazione.
E’ stato un percorso molto lungo ma altrettanto appagante. Ho iniziato quasi per gioco nella Musiello Saluzzo in Serie D ed il primo anno abbiamo subito centrato la promozione. Da quel momento ho assunto il ruolo specifico di Direttore Sportivo, ruolo che ho occupato per tutti gli altri anni passati nella società saluzzese. La mia vera fortuna, però, è stata l’interessarmi a tutto ciò che gravitava intorno alla società: dai tesseramenti, che facevo personalmente, all’Ufficio Stampa restando sempre in costante rapporto con tutti i media affinché dessero risalto alla società che rappresentavo. Un vero e proprio staff medico non c’era quindi mi prendevo anche l’onere di accompagnare le ragazze alle visite per capire bene il problema, affrontando e seguendo la degenza con le ragazze. Insomma un lavoro a tutto tondo che mi ha permesso di formarmi in modo completo. D’altronde, a mio avviso, è bellissimo guidare un’automobile ma è altrettanto bello sapere come funziona.

Il picco assoluto della tua esperienza sono state le due stagioni in Serie B con il Saluzzo, con due terzi posti di spessore.
Il picco assoluto è sempre quello che deve ancora venire. Sono una persona realista ma che difficilmente si accontenta. Ricordo con grandissimo piacere quelle due stagioni, dove siamo riusciti a creare una vera e propria famiglia, ma vivere di emozioni passate non ha senso.

Poi il passaggio all’A.S. Roma nella categoria Under 12 Femminile, un assaggio di professionismo.
Si, questa stagione è stata fantastica ed anche molto importante per il mio background. Gestire un gruppo di ragazze giovanissime è molto differente dal gestire ragazze già formate e di età più avanzata. Cambiano le problematiche, cambia l’approccio che devi mettere in atto per fargli assimilare i concetti, cambia anche il rapporto che si crea. Inoltre, essendo l’A.S. Roma una società professionistica, occorreva essere attenti a molte altre cose.

Il ruolo del Team Manager nel femminile è molto differente da quello del maschile?
No. Il ruolo, se fatto con i crismi della professionalità, è molto simile. Cambiano alcune sfaccettature che, però, risultano essere molto importanti.

Ad esempio?
I maschi, sin da piccoli, pensano a diventare i nuovi Totti, Del Piero, Maldini. Hanno quell’obiettivo ed è più semplice gestirli perché sanno bene che solo lavorando in un certo modo potrebbero raggiungere buoni livelli. Nel femminile, invece, non ci sono molti esempi mediatici da seguire e molte ragazze giocano ancora per il solo gusto di giocare. I malumori sono diversi e vanno gestiti diversamente.

Team Manager donne nel calcio femminile e Team Manager uomini nel calcio maschile: sei d’accordo?
Assolutamente no. La professionalità e la competenza non hanno sesso. Ho sentito dire spesso che il Team Manager uomo nel calcio femminile è svantaggiato poiché non può entrare nello spogliatoio. Che stupidaggine. Basta ridurre al minimo necessario il tempo di preparazione del vestiario ed il gioco è fatto. Il vero ‘terno al Lotto’ è quello di godere del rispetto e della fiducia della squadra e della società: in tal caso puoi essere uomo o donna ma il lavoro lo potrai svolgere al meglio lo stesso”.

I risultati ottenuti e la professionalità dimostrata sul campo hanno fatto si che fossi anche ospite alla Business School de ‘Il Sole 24 Ore’, un onore che non capita a tutti..
Un vero piacere che spero possa ripetersi. Il Master in Sport Business Management che ho frequentato due anni fa mi ha fatto crescere molto sia dal punto di vista umano che professionale, impartendomi concetti che ignoravo. La soddisfazione di poter insegnare qualcosa è veramente impagabile ed il fatto che la Business School abbia chiamato me per rappresentare il calcio femminile è motivo di grande orgoglio”.

Siamo quasi a fine Agosto ma nessuno sa ancora il tuo futuro: ci puoi dare qualche piccola anticipazione?
Sto valutando alcune offerte che mi sono pervenute in queste settimane ma la decisione non l’ho ancora presa. Come ho già detto ad altri vostri colleghi che mi hanno cercato ho intenzione di valutare bene ogni singolo risvolto dell’offerta: dalla serietà della società alla futuribilità del progetto. Se non troverò qualcosa che mi convincerà al 100% non escludo di stare fermo.

Fermo?
Io non ho sponsor alle spalle, non ho persone che mi raccomandano e non ho un cognome altisonante: tutto quello che ho è il mio bagaglio d’esperienza, unita alla mia voglia di lavorare e di crescere. Mi reputo un professionista del settore e mi sento in dovere di evitare elemosine. Non voglio entrare in una società perché Tizio è amico di Caio e Caio gli fa il favore di prendermi.

Le raccomandazioni, si sa, rallentano lo sviluppo di un progetto…
Ci sono due tipi di raccomandazione: una positiva ed una negativa. Quella positiva avviene se qualcuno ‘raccomanda’ una persona per i vantaggi competitivi che tale individuo può portare all’azienda. Quella negativa, ovvero quella più diffusa, avviene quando bisogna ‘sistemare’ qualcuno. Ben vengano le segnalazioni di profili validi, il mondo dello sport ne ha bisogno.

Hai mai pensato di passare al calcio maschile?
Certo che si. Ma il mio curriculum parla chiaro ed è sbilanciato sull’esperienza maturata nel calcio femminile. Io però credo che il calcio sia uno sport unisex ed i modi di lavorarci all’interno non cambino molto. Insomma, se una persona ha fatto il femminile può benissimo fare il maschile. Sul percorso contrario ho qualche dubbio in più ma sarebbe un discorso troppo lungo (ride, ndr).

Cosa consigli ad un Manager che vuole entrare nel mondo dello sport?
Se vuole percorrere la via più facile ma con meno dignità il mio consiglio risiede in un proverbio modificato, ovvero ‘Impara l’arte, mettila da parte e poi fatti raccomandare’. Se invece, come me, si vuole arrivare alla meta con merito occorre: lavorare, apprendere e migliorare, giorno dopo giorno non stancandosi mai di mettersi alla prova.

Un ringraziamento al Team Manager Andrea Rubiolo per la disponibilità e a cui auguriamo un grande in bocca al lupo per il futuro della sua carriera sportiva … speriamo ancora nel calcio femminile!