Tra i punti fermi di questa Sampdoria Women va doverosamente annoverata Amanda Tampieri, estremo difensore classe ’97 che, con umiltà, perseveranza e duro lavoro, si è ritagliata un ruolo sempre più cruciale in questa squadra. La sola abnegazione e gli sforzi, però, non bastano a superare i propri limiti in mancanza di talento, in quanto è proprio questa predisposizione naturale ad accendere la scintilla, rendendoci capaci di grandi cose. Per non parlare della passione per ciò che si fa, elemento imprescindibile nella vita di ciascuno di noi, in particolar modo in ambienti tanto competitivi.
D’altronde, come diceva il cestista statunitense Larry Joe Bird, “Un vincitore è solitamente colui che riconosce i suoi talenti naturali, lavora sodo per svilupparli in capacità, ed usa queste capacità per raggiungere i suoi obiettivi“. Spesso, però, capita che ad un grande talento non corrisponda altrettanta abnegazione e viceversa. In altre situazioni, invece, l’arroganza e la superbia derivate dai risultati ottenuti con talento e duro lavoro vanificano quanto ottenuto, portando molti atleti ad un triste e repentino declino. Nonostante ciò, sono sempre di più gli esempi positivi nello sport, specialmente nel mondo del calcio femminile.
Tra questi, va annoverata la storia di Amanda Tampieri, solida guardiana della porta blucerchiata che sta dimostrando, nel corso delle ultime stagioni, di essere una degli estremi difensori più interessanti del nostro campionato. Nata con i guantoni e destinata ad un’importante carriera, la calciatrice romagnola ha concesso alla nostra redazione un’intervista esclusiva in cui abbiamo avuto il piacere e l’occasione di ripercorrere il suo percorso sportivo finora, scoprendo i segreti della vita da portiere e analizzando brevemente questa prima metà di stagione della Samp.
Come e dov’è nata la tua passione per il calcio e cosa ti ha fatto innamorare del ruolo di portiere?
Sinceramente non so dare una risposta a questa domanda. So di essermi ritrovata in un campo da calcio a 5 anni grazie ai miei genitori e, alla domanda “chi vuole andare in porta?”, di essermi posizionata tra i pali senza nemmeno alzare la mano. Da quel momento non mi sono poi più mossa da lì.
Dovendo individuare quattro momenti fondamentali della tua carriera, quali sceglieresti e perché?
Il primo è indubbiamente l’esordio in serie A con il San Zaccaria. Fondamentale per il mio percorso è stata anche l’esperienza in Francia, all’Albi, la prima fuori casa e per di più all’estero. Sul piano umano mi ha infatti reso maggiormente indipendente, mentre a livello calcistico mi ha insegnato a lavorare e strutturare il mio corpo. La Florentia San Gimignano mi ha poi concesso la possibilità di tornare a giocare in Italia e mi ha permesso di crescere ulteriormente come portiere. Ultima, ma non meno importante, la Samp, perché sta contribuendo sensibilmente alla mia crescita, umana e calcistica.
Nel corso di queste prime due stagioni in blucerchiato hai conquistato la titolarità a suon di prestazioni di altissimo livello. Quali sono gli aspetti su cui lavori di più in allenamento e quali sono i tuoi punti di forza?
Penso che il mio punto di forza sia l’esplosività. In allenamento, seguite da mister Fabrizio Casazza, le mie compagne ed io lavoriamo duramente giorno dopo giorno, cercando di perfezionare i singoli gesti tecnici.
Cosa, invece, pensi di dover ancora migliorare e quanto ti aspetti di crescere ancora nei prossimi anni?
Credo fortemente che si possa crescere, apprendere e migliorare sempre; ed è quello che tento di fare quotidianamente.
Quali sono le caratteristiche che, dal tuo punto di vista, una giocatrice dovrebbe necessariamente avere per giocare al meglio nel tuo ruolo? E tu, che tipo di portiere sei?
Portiere o lo sei o non lo sei. Un portiere nasce già con una certa indole, un certo istinto, uno spirito di osservazione “diverso”, mentre ritengo che solo il resto sia allenabile. Queste tre cose o le hai dentro o non le puoi allenare.
Cosa ti hanno lasciato le esperienze, calcistiche e personali, all’estero e quanto hanno contribuito a renderti la calciatrice che sei adesso?
Le esperienze all’estero, in Francia ed in Svezia, mi hanno insegnato tanto a livello umano. Sono cresciuta e ho capito che ci sono visioni di calcio differenti e metodi di lavoro diversi che hanno accresciuto ulteriormente il mio bagaglio personale.
Spostando il focus sul campionato, è stata una prima metà di stagione altalenante e segnata da alcuni pesanti infortuni. Dunque, come giudichi il percorso fatto finora dalla tua Samp e cosa ti aspetti da gennaio in poi?
Abbiamo sicuramente raccolto meno rispetto a quanto seminato; nonostante ciò, abbiamo dimostrato anche quest’anno di essere una squadra tosta e difficile da battere. Dobbiamo continuare a lavorare come stiamo facendo e, presto, sono sicura che arriveranno i risultati.
Cosa servirà, secondo te, alla tua squadra per centrare anche quest’anno l’obbiettivo salvezza?
Tanta grinta, concentrazione e grande entusiasmo.
Parlando invece dell’Amanda Tampieri lontano dal campo da gioco, quali sono i tuoi progetti e le tue passioni al di fuori del mondo del calcio?
La mia più grande passione, oltre al calcio, è la pasticceria. Mi sono infatti diplomata in questo settore e per un periodo sono riuscita a conciliare entrambe le mie passioni.
Domanda particolare: hai un sogno nel cassetto che speri di realizzare in futuro e, se te la senti di rivelarcelo, qual è?
Un giorno, una volta conclusa la mia carriera calcistica, mi piacerebbe dedicarmi nuovamente alla pasticceria, e poi chissà…
Cosa consiglieresti invece ad una ragazzina che sogna di intraprendere il tuo stesso percorso sportivo e professionale e, soprattutto, quanto pensi sia importante essere d’ispirazione per le più giovani?
Le direi di fare del termine “perseveranza” un mantra, di lavorare duro, di essere forte, tenace, di sognare e di crederci sempre, perché solo così si realizzano i propri sogni e si possono ottenere grandi risultati.
Dulcis in fundo, qual è la parata che ti ha reso maggiormente orgogliosa in questa prima metà di stagione e perché?
In realtà, ciò che più mi rende orgogliosa non sono le parate, bensì le uscite in presa alta, cioè quando riesco a saltare più in alto di tutte e ad afferrare la palla. Ma, dovendo proprio scegliere un intervento in particolare, opterei per quello che di quest’anno sulla conclusione di Moraca alla prima di campionato in casa del Sassuolo. Eravamo sotto per via di un mio errore ma sono subito riuscita a farmi perdonare sul velenosissimo tentativo della giocatrice neroverde, deviando la sfera sulla traversa ed impedendo alle avversarie di raddoppiare. Di lì a poco, le mie compagne sono state bravissime dapprima a recuperare lo svantaggio, portando poi a termine un incredibile sorpasso nei minuti conclusivi.