Di parole non se ne dicono tante. Bastano gli sguardi per far capire quanto siano legati. L’amore per il pallone li accomuna, a Mozzecane condividono la loro passione più grande. «Chiara mi riempie di orgoglio: ha ottime qualità e sta crescendo sia come calciatrice che come donna», «Papà mi ha fatto scoprire il calcio: è un bravo allenatore e una persona su cui si può sempre contare». Arrivano da Pegognaga, dopo gli abituali quaranta minuti di auto. La vigilia di Pasqua la trascorrono al campo di San Zeno, uno accanto all’altra: lei, 17 anni, attaccante della prima squadra, lui (52 anni), tecnico della Primavera. Padre e figlia insieme, insomma, Chiara e Alberto De Vincenzi «viaggiano» tra ricordi, confessioni e un allenamento d’eccezione. Uniti alla Fortitudo, uniti nella vita di tutti i giorni.
Chiara, che effetto fa avere suo padre nella stessa società?
«È abbastanza normale. Ognuno reagisce a modo proprio, ma io vivo la situazione in maniera tranquilla e serena. Stare con lui a casa o vederlo al campo tre-quattro volte alla settimana non fa molta differenza. Anzi, sono contenta che mi sia vicino anche nel calcio: papà mi aveva già allenato cinque anni fa allo Sporting Pegognaga (categoria esordienti, ndr), con i maschi, e nella passata stagione nella Primavera della Fortitudo, quindi ormai sono abituata».
Alberto, che effetto fa vedere sua figlia attaccante della prima squadra?
«È davvero gratificante, per il sottoscritto e per l’intera famiglia. Due estati fa ho raggiunto Chiara a Mozzecane per guidare la Primavera, sperando di allenare pure lei: ci sono riuscito da fine agosto a metà novembre (2015, ndr), poi Chiara è stata promossa in prima squadra e ha iniziato a giocare con continuità in serie B. Mia figlia sta maturando e mi auguro che si diverta sempre. Dopodiché, sarà il destino a dire se farà strada o meno».
Com’è papà Alberto tecnico?
Chiara: «Severo, preparato e scrupoloso. Dà tanti consigli e incita parecchio le proprie ragazze, sostenendole e spronandole a impegnarsi al massimo. Papà è la stessa persona sia dentro che fuori dal campo: i due modi di comportarsi si equivalgono».
Com’è Chiara calciatrice?
Alberto: «Ha grandi qualità, è valida tecnicamente e corre molto per la squadra, però dovrebbe avere un po’ più di carattere. Qualche ramanzina, infatti, a volte se la prende».
Durante le sedute della Primavera, butta mai l’occhio nella metà campo vicina per sbirciare l’allenamento di Chiara?
A: «Spesso. Guardo cosa fa, quanto si impegna e come si muove. Non solo: mi piace osservare gli esercizi preparati dallo staff tecnico della prima squadra. Nel calcio c’è sempre da imparare».
Il consiglio più importante di papà?
C: «Non mollare per alcun motivo, lottare con determinazione, dare l’anima in qualsiasi partita e non smettere mai di credere in ciò che si fa e nei sogni».
Alberto, com’è stato lavorare con Chiara nella scorsa stagione?
«Trovo piacevole allenare la propria figlia: vederla migliorare è un orgoglio e, quando accade, capisci che c’è collaborazione e sintonia da entrambe le parti».
Chiara, come si è trovata ad essere allenata da papà?
«Bene, ma è stato un po’ particolare. Sai di dover dare il massimo in ogni situazione e di dimostrare costantemente qualcosa in più delle altre, proprio perché sei sotto il controllo di tuo padre».
Pregi e difetti di Chiara?
A: «Ha un buon controllo di palla, un bel tiro, un’ottima velocità ed è brava nel dribbling, però non tenta molto l’uno contro uno e calcia poco in porta. In generale, Chiara è una ragazza davvero buona con chiunque ma a volte è permalosa».
Pregi e difetti di Alberto?
C: «Mio padre è una persona gentile, disponibile e altruista, che cerca di trasmetterti forza e coraggio. Tuttavia è troppo esigente, sia in campo che fuori (sorride, ndr)».
Avere una figlia di 17 anni è un vantaggio per gestire meglio le giovani della Primavera?
A: «Sì. È un aspetto che mi aiuta a comprendere con maggiore dimestichezza certe dinamiche e, al contempo, mi offre la possibilità di fare i giusti correttivi, sia a me stesso che alle ragazze».
Chiara, lei frequenta il Liceo tecnologico: il calcio è una scienza esatta?
«No. Nel calcio servono soprattutto creatività e fantasia, altrimenti bisogna compensare questa mancanza con parecchia grinta e spirito combattivo. Io non mi considero molto creativa, infatti dovrei imparare ad osare di più».
Alberto, un giudizio, da genitore, sul pubblico del calcio femminile?
«Il tifo è sempre il tifo e i propri colori si seguono con passione. In ogni caso, qui ci sono meno litigi e maggiore rispetto».
Alberto, si soffre di più in panchina o tra il pubblico?
«In panchina, senza dubbio. La partita crea tensione, nervosismo, devi saperla leggere con attenzione e rimanere concentrato dal primo all’ultimo minuto. Al contrario, In tribuna sei un po’ più rilassato e, in certi momenti, hai la possibilità di scambiare qualche battuta con gli altri genitori e i dirigenti».
Avete mai litigato con il pubblico?
C: «No. Al massimo, ho risposto d’istinto a qualcosa che avevo ascoltato. Ma sempre in modo pacato e leggero».
A: «Da allenatore no. Sono capitate, invece, alcune discussioni con gli allenatori avversari».
Chiara, papà in campo la trattava come tutte le altre?
«Sì. Anzi, da me pretendeva molto di più. E se doveva rimproverarmi e punirmi non si faceva problemi: ricordo che più di una volta, quando mi vedeva distratta e mi sorprendeva a ridere durante gli allenamenti, mi ha obbligato a fare, di corsa, qualche giro di campo».
Alberto, conferma? Con Chiara non aveva un occhio di riguardo?
«Confermo: nessuno sconto. Con tua figlia sei particolarmente esigente, perché desideri che dia il meglio di sé. E lo sono pure quando la seguo dagli spalti: tento di incitarla e correggere eventuali piccoli errori, ma non intervengo mai su certe disposizioni. È giusto che lei ascolti mister Fabiana Comin».
Chiara, un rimprovero che riceve da suo padre?
«Papà si arrabbia parecchio se nota che mollo o che scendo in campo senza grinta. Oppure se esco alla sera e il giorno dopo gioco male: quando c’è una gara, preferirebbe che restassi a casa a risposare».
Alberto, segue le partite di Chiara?
«Se non ho impegni con la Primavera, cerco di essere presente il più possibile. In casa ci sono quasi sempre stato e ho partecipato anche a diverse trasferte: quest’anno sono andato a vederla contro l’Orobica, il Clarentia Trento, il Fimauto Valpolicella, la Pro San Bonifacio, la Riozzese e il Real Meda».
Chiara, nel campionato 2016/17 è stata utilizzata una sola volta dalla Primavera, nella gara di andata contro la Pro San Bonifacio. Al di là di questo episodio ha assistito ai match di papà?
«Purtroppo no. Se avessi tempo, avrei voglia di seguire le partite della Primavera, ma avendo tanto da studiare per la scuola è complicato riuscire ad avere libero il sabato pomeriggio. Nella scorsa stagione capitava qualche volta, quest’anno no».
A casa De Vincenzi, il calcio è l’argomento principale?
C: «Sì, ne parliamo quasi sempre. Il pallone è la mia passione, di mio padre e di mio fratello Enrico (19 anni, ndr), che gioca negli juniores regionali del Suzzara. Di conseguenza, è inevitabile che il calcio salti spesso fuori, a tavola e non solo».
Vania (la madre di Chiara) si sente «in gabbia» e «costretta» a parlare di calcio?
A: «No. Al contrario, le fa piacere, va a vedere con grande interesse le partite e interviene per dire la sua: Vania è molto attenta e protettiva nei confronti di Chiara e di Enrico, quindi io cerco di mediare e farle capire che il calcio è una cosa, gestire i figli è un’altra».
Se arriva una critica nei confronti dell’altro o dell’altra, in che modo reagite?
C e A: «Ci difendiamo a vicenda, però con obiettività: se l’opinione è corretta diamo un responso positivo, altrimenti ci innervosiamo. Di fronte ad un complimento, invece, siamo davvero fieri».
Alla domenica sera commentate gli incontri della Fortitudo Mozzecane?
A: «Appena terminata la gara preferisco lasciare Chiara tranquilla, a meno che non siano successe cose eclatanti. Dopodiché, a tavola, quando sono trascorse due-tre ore, ci addentriamo nel discorso e analizziamo il match».
C: «Sì. Parlare con mio padre della partita è utile: il suo punto di vista e i suoi consigli sono importanti».
Chiara ha appena eguagliato il record di presenze (venti) in un solo campionato di B, stabilito nel 2015/16, e finora ha segnato quattro gol, due in più dello scorso torneo. Alberto, la stagione di sua figlia?
«Nel complesso è positiva. Disputare il secondo campionato in serie B a 17 anni, e scendere in campo con tanta continuità, denota infatti che sta maturando e che si sta dimostrando all’altezza. Rispetto alla passata annata Chiara è cresciuta, ma vorrei che migliorasse ancora».
E Chiara è soddisfatta della propria stagione?
«Parzialmente. Sono felice di aver realizzato più reti rispetto allo scorso campionato, però desidererei segnare con maggiore costanza e aiutare di più la squadra. Il mio miglior match? La sfida di ritorno contro il Clarentia Trento (1-1, ndr): mi sentivo bene fisicamente, mi sono divertita un sacco a giocare sotto la pioggia, ho servito l’assist per il gol di Alice (Martani, ndr) e sono anche riuscita a saltare l’avversario e a tirare in porta».
Ad una giornata dal termine del campionato, la Primavera di papà è terza in classifica. Un giudizio?
C: «La Fortitudo deve ritenersi soddisfatta: le ragazze hanno cominciato molto bene la stagione, poi hanno passato un periodo difficile, in cui hanno perso qualche punto di troppo, ma sono state brave a rialzarsi e a finire in crescendo il torneo. Auguro loro di arrivare seconde».
Alberto, il bilancio del tecnico?
«Sono contento perché abbiamo migliorato la posizione della scorsa annata (sesto posto, ndr) e perché le ragazze hanno fatto buoni passi in avanti. Purtroppo abbiamo sofferto in alcuni incontri a causa di infortuni e di poca concentrazione, probabilmente per colpa pure mia, però il gruppo si è ripreso nel finale. Speriamo di concludere al meglio il campionato».
Di cosa parlate, in auto, mentre arrivate al campo o tornate a Pegognaga?
C: «Prima delle partite papà mi dà consigli e mi incoraggia. Dopo, invece, si complimenta se sono stata brava oppure mi fa notare gli errori e dove ho sbagliato».
A: «Quando Chiara ha terminato l’allenamento, le domando com’è andata la seduta, se sta bene fisicamente e quali esercizi ha svolto. Ci tengo ad essere informato».
Il rapporto tra Chiara e Alberto?
C: «Papà mi ha fatto appassionare al calcio: se oggi ho l’opportunità di giocare a pallone, e amo così tanto questa disciplina, il merito è suo. Quando avevo 5-6 anni, ha iniziato a portarmi al campo sportivo dove lavorava e mi allenava tutti i giorni facendomi provare stop, colpi di testa, passaggi e tiri. Inoltre, lo ringrazio per i numerosi sacrifici che fa per me, accompagnandomi avanti-indietro ad ogni allenamento».
A: «Buono, ci vogliamo molto bene. Certo, mi piacerebbe avere più dialogo con mia figlia, solo che lei è una ragazza di poche parole. Anzi, penso parli di più in campo, con la palla al piede (sorride, ndr)».
Quale squadra tifate?
C: «Juventus. Io, papà ed Enrico guardiamo insieme le gare di serie A in televisione, non la Champions League perché lui va a vederla al bar con gli amici, e commentiamo i gol e l’andamento del campionato. Papà, però, è un tifoso molto più sfegatato di me. Il calciatore bianconero che preferisco? Paulo Dybala: è un campione, ha grande classe ed è anche un bell’uomo».
Un suggerimento a Chiara?
A: «Calciare di più in porta e provare con maggiore continuità l’uno contro uno».
Un suggerimento a mister De Vincenzi?
C: «Urlare un po’ meno con le ragazze (sorride, ndr) perché sono più permalose e sensibili rispetto ai ragazzi».
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