Ha scritto le pagine più belle della storia recente del calcio femminile italiano e non ha nessuna intenzione di fermarsi. Lo sviluppo del movimento continua a passare dai piedi, dalla testa e dal coraggio di Sara Gama, capitana della Juventus e della Nazionale, ma anche vicepresidente AIC ed ex consigliera federale, pronta a fare il suo ingresso ufficiale nella ‘Hall of Fame’, raccogliendo l’eredità di Morace, Panico, Gabbiadini, Vignotto e Bertolini. Un riconoscimento che risale al febbraio di due anni fa, ma che a causa della pandemia le verrà consegnato – insieme a Barbara Bonansea, entrata pochi mesi fa in questo ristretto sodalizio di campionesse – a fine mese: “Sono orgogliosa, significa che ho fatto delle cose buone e mi piace pensare di averle fatte sia dentro che fuori dal campo, dando il mio contributo alla crescita del nostro sport”.
Nel massimo campionato ha giocato con Tavagnacco, Chiasiellis, Brescia, Paris Saint Germain, poi di nuovo Brescia e nel 2017 l’inizio dell’avventura con la Vecchia Signora. Una carriera costellata di successi, in cui ha superato difficoltà e pregiudizi diventando un esempio per tantissime bambine che hanno scelto il calcio e che vedono in lei un modello da seguire. Con i suoi club ha vinto praticamente tutto: cinque campionati italiani, due edizioni della Coppa Italia e cinque della Supercoppa Italiana, una bacheca in costante aggiornamento che ha iniziato a riempirsi dopo il suo ritorno in Italia: “Durante la mia esperienza all’estero ho subito gravi infortuni, ma la scelta di lasciare la Francia non è stata affatto facile – dichiara Gama – lì eravamo già professioniste e tornare in un calcio dove non c’erano ancora i grandi club non era quello che sognavo in quel momento. Ora posso dire che si è rivelata la scelta migliore, mi ha permesso di riprendere i miei ritmi e da allora mi sono tolta grandissime soddisfazioni. Nulla è venuto per caso: bisogna lavorare, fare scelte e mettersi sempre in gioco, così facendo i risultati arrivano”.
Leader in campo, Sara è diventata un punto di riferimento anche fuori. I gradi di capitana non li indossa solo quando gioca. Nel 2019 Forbes la inserisce tra le cento donne più influenti d’Italia, l’anno dopo viene eletta vicepresidente dell’AIC, prima donna della storia a ricoprire questo incarico, e nel 2021 entra nella Commissione Nazionale Atleti del CONI, ottenendo anche il riconoscimento Tricolore Ancri dell’associazione nazionale insigniti dell’ordine al merito della Repubblica in quanto ‘orgoglio italiano dentro e fuori il campo’. “Non mi spaventa avere delle responsabilità – aggiunge senza esitazioni la numero tre bianconera – l’ho sempre considerato un grande onore. Quando giochiamo mi viene naturale guidare e aiutare la squadra, la pressione fuori dal campo è maggiore perché mi accorgo dell’importanza di quello che facciamo per indirizzare il movimento e favorire l’avanzamento a 360 gradi del nostro sport”.
Nella sua doppia veste di calciatrice e dirigente, è dunque già proiettata verso le prossime sfide. Tra queste, in rigoroso ordine di tempo, c’è la rincorsa al quinto scudetto consecutivo e alla terza Coppa Italia, il debutto del professionismo ma anche i fondamentali appuntamenti internazionali che attendono l’Italia. Parlando delle Azzurre, è però impossibile non tornare con la mente al 2008, quando con le sue compagne dell’Under 19 vinse – anche in quel caso con la fascia di capitana al braccio – l’Europeo di categoria: “Sono ricordi che porterò con me per tutta la vita. Siamo molto fiere di quel titolo, è stato il primo in assoluto e resterà nella storia della Nazionale Femminile. Mi ricapita spesso di pensare ai bei momenti che abbiamo passato, eravamo piccole ma ci siamo comportate da grandi. È stato un percorso impeccabile, dopo aver superato le padrone di casa della Francia in finale abbiamo battuto per la seconda volta la Norvegia grazie al rigore di Parisi e, dopo aver strenuamente difeso il risultato, siamo riuscite a portare a casa qualcosa di straordinario”.
Le istantanee di quell’Italia “umile, ma consapevole di avere un grande gruppo e di essere una grande squadra” le permettono di fare un parallelo con le qualità della selezione guidata da Milena Bertolini, che dopo aver fatto innamorare milioni di italiani con la cavalcata mondiale è pronta per l’appuntamento con Euro 2022: “Dopo venti anni di assenza nel 2019 abbiamo riportato l’Italia al Mondiale – sottolinea la 33enne di Trieste, arrivata a 135 presenze con la Nazionale maggiore – Per noi è stato l’inizio di un percorso, ma non dovrà più rappresentare un’eccezione. Dobbiamo dare continuità ai risultati e alle prestazioni perché giocare ai massimi livelli è fondamentale per migliorare come atlete. Vogliamo dimostrare la nostra forza all’Europeo e poi a settembre andare a prenderci la qualificazione mondiale. Ci meritiamo questi palcoscenici”.
Abituata a giocare d’anticipo e a marcare da vicino le sue avversarie, la “distanza” che ancora ci separa dai Paesi dove il calcio femminile è già una realtà consolidata rappresenta qualcosa di impensabile. Ed è quindi lo sviluppo dell’intero movimento il traguardo che sta più a cuore: “L’inversione di rotta c’è stata nel 2015 e da allora abbiamo iniziato a crescere grazie a un’ottima programmazione. Basta guardare la Nazionale Under 19 per capire che le giovani stanno raccogliendo i frutti di questo lavoro: in Italia il talento c’è sempre stato, ma ora le ragazze sono più preparate dal punto di vista fisico, tecnico e tattico perché si allenano bene durante la settimana con i propri club. Ci sono più Nazionali giovanili rispetto al passato e gli staff sono sempre più organizzati, ci stiamo strutturando e il cambiamento già si vede. D’ora in poi non ci dovrà interessare l’exploit, dobbiamo puntare al consolidamento per portare l’Italia, con le sue Nazionali e i suoi club, al massimo livello, sempre”.
Le basi per accelerare questo processo già ci sono, il calcio femminile italiano è a un passo da una svolta epocale. Sara ha vinto una delle sue più grandi battaglie e, con le modifiche normative approvate nel corso dell’ultimo Consiglio Federale, a partire dal 1° luglio il passaggio al professionismo della Serie A diventerà finalmente realtà. “I passi in avanti – conclude Gama – saranno notevoli e andranno considerati sotto due diversi aspetti: da una parte le calciatrici che giocano e quelle che giocheranno potranno contare su tutele riconosciute, come l’assicurazione e la pensione, è questo il motore che ci ha spinto a lottare per ottenere quello che ci spettava. Dall’altra avremo l’opportunità di lanciare definitivamente questa disciplina, che è una parte del sistema calcio con enormi potenzialità non ancora sfruttate, investendo per poter competere ai massimi livelli e puntare alla vittoria. Entrambi gli aspetti hanno un valore enorme e favoriranno lo sviluppo del nostro sport, che andrà a beneficio di tutti, non solo delle atlete. Professionismo vuol dire questo”.
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