“Quando rientri?”. Papà Andrea le ha posto la stessa domanda per due mesi consecutivi fino a domenica, giorno in cui il maledetto infortunio dello scorso aprile è entrato finalmente nel passato ed Ersilia D’Incecco è rientrata ufficialmente in campo, accolta da un lungo applauso e tanti striscioni biancazzurri.
“In questi mesi mi sono sentita più volte abbracciata dal pubblico. Quel “bentornata” mi ha fatto piacere una volta di più, ma l’ho realizzato davvero solo quando il mister ha fatto il mio nome in panchina per l’ingresso: è lì che è finito il mio periodo da spettatrice e sono tornata ad essere una giocatrice. Il primo pallone che ho toccato è stato su rimessa e sembrava il primo fallo laterale della mia vita – sorride -. All’inizio ero spaesata, poi un po’ alla volta mi sono ritrovata. Avevo chiesto aiuto alla squadra per farmi sentire a casa e così è stato: ho mantenuto tutti i “riti” e non mi sono mai allontanata dallo spogliatoio, ma tornare in campo mi mancava davvero”.
Tanta della gente presente domenica, in occasione della vittoria con la PSB Irpinia, era lì proprio per lei. Alcuni la seguiranno a distanza, altri – invece – si metteranno in auto e raggiungeranno Bitonto per lo scontro al vertice tra il Pescara e le leonesse, seconda gara stagionale che Ersilia affronterà con la fascia al braccio.
“Sono sempre tre punti, non valgono più di altre gare e non è nostra abitudine guardare la classifica, ma vincere contro la prima fa sempre un certo effetto. Potrebbe renderci più consapevoli delle nostre potenzialità, darci quel pizzico di carica in più, ma a prescindere da quello che sarà il risultato di domenica – continua D’Incecco – secondo me abbiamo fatto un ottimo percorso, prendendo sempre più fiducia nel mister e quindi sono contenta”.
Bella la classifica, bellissimo il rientro. Ma c’è qualcosa che la emoziona più di qualsiasi altra: il meraviglioso gruppo Under 19 che le è stato affidato in collaborazione con mister Blasetti.
“Se ripenso alla prima partita di Coppa, c’erano solo 7 giocatrici, due delle quali (14enni) non avevamo mai giocato prima e ora – invece – c’è una squadra che ha già capito che indossando questa maglia si deve soffrire, si deve lottare. Non siamo partite per vincere, ma credo che a livello di prestazioni stiano dando sempre il massimo e sono fiera della loro crescita perché hanno capito che sono fortunate. Non è da tutti avere una Sestari che torna dal Main Round in Portogallo e appende le maglie nello spogliatoio per farle sentire importanti o avere una Soldevilla che torna in fretta da un esame dato in Spagna perché deve preparare la seduta atletica. Abbiamo trasmesso loro che siamo una famiglia: noi le abbiamo scelte e loro ci hanno scelti. Quando giocano, portano in campo un po’ di noi. Hanno la nostra identità. E ritrovarmi a condividere tutto questo con Maurizio, che è stato il mio primo allenatore, è qualcosa di difficile da spiegare, per cui voglio fare il possibile perché tutto continui nel modo giusto. All’inizio non dicevano una parola, ora fanno domande a raffica e fanno esattamente ciò che gli viene detto: speriamo di farle innamorare ancora tanto, non solo di questo sport, ma anche di questa società, perché loro saranno il nostro futuro”.
COMUNICATO FUTSAL PESCARA