Campionato, Coppa Italia e Nazionale. In tutto, le partite a cui Cristiana Girelli ha preso parte nel mese di ottobre sono sette. In cinque di queste occasioni ha giocato titolare, in una è subentrata all’88’ e in un’altra, contro il Chievo in Coppa Italia, non ha giocato.
Se giocare così tante partite in un arco così breve di tempo richiede un certo sforzo fisico, giocarle quasi sempre ad alti livelli richiede molto di più.
La sensazione, man mano che passano le stagioni e man mano che ci ritroviamo a scrivere dell’ennesimo record, l’ennesimo gol o l’ennesima prestazione, è di avere di fronte a noi la versione di una giocatrice sempre diversa, migliore, pur mantenendo fede alla sua essenza.
Con Girelli non si tratta più di contare i gol o gli assist. Ciò che con il tempo abbiamo iniziato ad apprezzare maggiormente nelle sue partite, che tuttavia corrisponde al motivo per il quale è impossibile privarsi di lei in campo, è il suo modo di leggere le situazioni e il sacrificio che è in grado di mettere sistematicamente a servizio della squadra.
Spesso associamo il concetto di sacrificio a momenti fuori dall’ordinario, a situazioni difficili e particolari che richiedono rinunce altrettanto difficili e particolari.
La realtà è che nel caso di Girelli, il sacrificio rientra in un livello ordinario di cose e la rinuncia è il mezzo attraverso cui, partita dopo partita, diventa la miglior versione di sé. Un’attitudine che sembra applicare con naturalezza, come se fosse l’evoluzione naturale del suo ruolo come giocatrice, ma anche come persona, all’interno della Juventus.