“Women4Football”: Scienza e Sport è l’evento dell’ A.I.C ed A.I.A.C. del 4 Marzo a Milano, la nostra redazione di Calcio Femminile Italiano in qualità di main partner dell’evento, in collaborazione con l’Agenzia di comunicazione ed eventi DA ha avuto l’onore di intervistare, in esclusiva, Alice Parisi.
Ciao Alice, credi che la crescita e l’ulteriore sviluppo dello sport femminile, soprattutto nell’alto livello di prestazione, passi da una maggiore consapevolezza delle differenze tra una donna da un uomo?
“Direi proprio di si. Credo che il livello che sta raggiungendo il nostro sport e più in generale qualsiasi sport femminile richieda fortemente questa differenziazione nella considerazione a 360 gradi delle atlete in quanto donne. Lo sport ad alti livelli richiede una preparazione, fisica e mentale, che renda l’atleta il più performante possibile. Questo, a mio avviso, non può accadere se non si programma un lavoro altamente specifico sull’atleta che tenga in considerazione il fatto di essere donne. E non penso solo al lavoro atletico che va sicuramente differenziato per quanto riguarda carichi e tipologie di esercizio, penso anche a tutta la parte ormonale legata al ciclo mestruale piuttosto che alla componente psicologica che sicuramente cambia in primis tra un individuo e un altro e ancor di più tra un uomo e una donna”.
Negli ultimi anni, troppo spesso, il sistema sportivo ha pensato di poter trasferire le competenze sviluppate ed impiegate nel campo maschile a quello femminile. Secondo te è stato un processo giusto?
“Inizialmente sicuramente è stato giusto e probabilmente anche l’unica strada percorribile. Il calcio femminile non aveva quella rilevanza sufficiente a richiedere qualcosa di diverso al sistema sportivo. Oggi non è più cosi. Oggi secondo me il sistema sportivo dovrebbe avere l’ambizione di riuscire a formare i vari professionisti che potrebbero lavorare nel mondo dello sport femminile in maniera altamente specifica. Servono sicuramente molti studi, tutte quelle ricerche scientifiche che da anni fanno in ambito maschile ora andrebbero fatti nel mondo dello sport al femminile per creare e mettere a disposizione di tutti i professionisti evidenze scientifiche significative per poter lavorare ad altissimi livelli nel rispetto della salute dell’atleta sotto ogni punto di vista”.
Quanto conta la “specificità” delle competenze, nell’approccio all’atleta?
“Credo che la specificità delle competenze sia fondamentale e che sia una cosa da ricercare in maniera sempre più approfondita sia nella formazione dei vari professionisti sia poi nel lavoro che ogni giorno viene proposto e fatto con le atlete. Credo che molti concetti dovrebbero essere inseriti e fatti conoscere alle atlete già dai settori giovanili. Il razionale è quello di rendere consapevoli le ragazze, fin da giovani, su quanto sia importante conoscere il proprio corpo e il prendersene cura e questo lo possono fare solo persone che sono state formate in maniera specifica. In passato per esempio non si pensava agli infortuni finche non succedevano e spesso eravamo impreparate. Oggi non è più pensabile una cosa così, oggi abbiamo a disposizione strutture e professionisti che devono lavorare prima sull’informazione e poi sulla prevenzione specifica in relazione alle singole calciatrici, tenendo in considerazione sicuramente in maniera generale gli infortuni più frequenti nelle atlete donne ma ancor di più nelle carenze specifiche e individuale delle singole atlete, caso per caso. Negli anni ho visto aumentare il numero di figure specifiche nell’ambito di prevenzione e riabilitazione negli staff delle squadre di serie A”.
A proposito di “specificità”: un tema che negli anni è stato poco affrontato è quello dell’incidenza del ciclo mestruale nella preparazione e nella prestazione dell’atleta donna. Cosa ne pensi?
“Credo che sia un campo vastissimo ancora poco indagato, un po’ perche troppo poco considerato e sottovalutato, un po perche altamente specifico tra le atlete stesse. Io penso sia un argomento molto importante, credo che si debba innanzitutto fare informazione, educazione e formazione a partire dalle atlete più giovani. La singola atleta deve imparare a conoscersi, a monitorare e quindi capire quanto incida il ciclo mestruale su se stessa e allo stesso tempo gli staff devono essere formati per arrivare a tenere in considerazione questo fattore, quasi fosse un parametro vitale, perche spesso potrebbe diventare un fattore di rischio anche solo per i sintomi correlati alle varie fasi del ciclo. Mi auguro che vengano fatti sempre più studi anche in relazione a questo aspetto e nel frattempo spero che sia una cosa sempre più considerata e indagata nei vari ambienti dello sport al femminile”.
Negli ultimi tempi, anche grazie all’impegno di voi calciatrici, lo sport al femminile ha ottenuto grandi conquiste. Cosa pensi che potrebbe ancora essere cambiato nel sistema sportivo?
“L’impegno di noi calciatrici ha portato il sistema sportivo italiano ad avere considerazione e rispetto del nostro sport. Oggi servono figure sempre più competenti che lavorino nel nostro mondo, servono persone che lo conoscano in tutte le specificità che lo definiscono. Il sistema sportivo potrebbe investire nella formazione di queste figure, nel promuovere tutti quegli studi e raccolte dati che servono per alzare ancora di più il livello di competenza”.
Ringraziamo Alice, per la disponibilità e il tempo profuso per questa intervista in esclusiva nell’ ambito del Workshop di Milano del 4 Marzo 2024.