Per la nazionale femminile statunitense le Olimpiadi sono, per così dire, un appuntamento gradito e ormai quasi scontato. Quando si tratta di competere per una medaglia, le numero 5 del Ranking FIFA non si tirano mai indietro. Le ragazze si presentano infatti alle Olimpiadi dopo una serie di ottimi risultati sia in amichevoli sia in competizioni di calibro internazionale per scacciare tutta la pressione che grava su di loro: in particolare, nel corso di questi primi sette mesi del 2024, la nazionale allenata dall’inglese Emma Hayes ha già collezionato un paio di trofei molto importanti. Dopo aver concluso il 2023 con l’amaro in bocca per la sconfitta subita dal Cile in semifinale dei Giochi Panamericani, che però hanno consegnato loro una buona medaglia di bronzo, le atlete statunitensi hanno rialzato la testa fin dalla prima pausa nazionali.

A febbraio hanno disputato la Concacaf W Gold Cup, torneo che viene definito, sul suo sito ufficiale, come una competizione che coinvolge America centrale e del nord, i Caraibi e alcune nazionali sudamericane facenti parte del CONMEBOL; nella fase a gironi hanno affrontato la Repubblica Dominicana, l’Argentina e il Messico, che hanno sconfitto senza troppi fronzoli rispettivamente con il punteggi finali di 5 a 0, 4 a 0 e 2 a 0, senza neanche incassare una rete e con un possesso palla altissimo, superiore al 60% in tutti e tre i match. Ai quarti di finale, è stata la nazionale colombiana a soccombere, anche qui con una goleada di 4 reti e senza subire goal. La semifinale, quella contro il Canada, è stata la partita più complicata dell’intera competizione, perché combattuta e dal risultato incerto fino alla fine: non sono neanche bastati i supplementari per decretare la prima finalista e, quindi, Canada e Stati Uniti sono arrivati ai rigori, in cui le statunitensi hanno trionfato per il rotto della cuffia. La finale, giocata contro il Brasile, è stata decisa dall’unica rete della serata, quella di Lindsey Horan del Lione, arrivata alla fine della prima frazione di gioco.

Poco meno di un mese più tardi, le statunitensi hanno preso parte alla SheBelieves Cup, la competizione “a invito” che si tiene da nove anni e che, per questa edizione, ha visto sfidarsi Stati Uniti, Brasile, Giappone e Canada, come si legge sul sito ufficiale delle Olimpiadi di Parigi 2024. Alle semifinali, Lindsey Horan è stata nuovamente determinante e ha infatti segnato dal dischetto la rete che, contro il Giappone, ha regalato alla nazionale statunitense la finale. Il Canada ha di nuovo dato filo da torcere alle sue “vicine di casa”: proprio come nella Concacaf W Gold Cup, la partita è stata decisa soltanto ai rigori dopo un parziale di 2 a 2, quasi fotocopiare lo scontro diretto precedente tra le due squadre. Anche in questo caso, il Canada è stato sconfitto e gli USA si sono portati a casa il secondo trofeo stagionale.

Con l’inizio della National Women’s Soccer League, sono diminuite sensibilmente le partite importanti giocate dalla nazionale. Le prime due che hanno un peso importante in vista delle Olimpiadi sono state quelle contro la Corea del Sud, posizionate al numero 20 del Ranking FIFA, in un doppio amichevole tra il 1 e il 5 giugno, quindi poco più di un mese fa. Un altro aspetto di cui tenere conto è il cambio allenatore: Emma Hayes ha infatti gestito la sua prima partita da commissario tecnico della nazionale statunitense proprio nella prima delle due amichevoli contro la Corea. Hayes, secondo quanto riportato dalla testata online del TheAtletic, ha subito inquadrato le sue ragazze e ha capito di aver trovato terreno fertile, visto che ha ammesso lei stessa che “Vogliono migliorare a qualunque costo“; Tierna Davidson, che ha disputato una partita incredibile, nel post-partita ha ammesso che la loro nuova ct “Si focalizza sul più piccolo dettaglio”, come ha detto sempre ai microfoni del TheAtletic.
Il primo dei due match è stato giocato al DSG Park, in Colorado. Gli Stati Uniti hanno dominato il match sotto tutti i punti di vista. Partendo dal possesso palla, le ragazze hanno tenuto il pallone tra i piedi per il 67% del totale, ovvero esattamente il doppio delle coreane. I tiri in porta sono stati 15, di cui 9 nello specchio, mentre le avversarie sono riuscite a indirizzarne uno soltanto. Chiusosi sul 4 a 0 per le americane, le reti si possono raggruppare agevolmente in due doppiette personali: una appartiene a Mallory Pugh del Chicago Red Stars, l’altra a Tierna Davidson del Gotham.
Il secondo e ultimo match contro le coreane allenate da Colin Bell ha invece avuto luogo in Minnesota. Il copione non è cambiato tanto, con una vittoria di 3 reti a 0 per gli Stati Uniti. A cambiare è stata la formazione titolare degli USA, per ben nove undicesimi rispetto alla precedente partita contro la Corea. Quello che è subito saltato all’occhio, secondo il TheAtletic, sezione sportiva del New York Times, è che l’allenatrice ha posizionato Crystal Dunn, attualmente in forza al Gotham, in attacco, una posizione che non copriva dal 2017, insieme alla sedicenne Lily Yohannes, al suo debutto assoluto con la nazionale. La fiducia riposta da Hayes è stata ripagata fin dalla prima frazione di gioco: Crystal Dunn ha di fatto segnato la prima rete della partita al 13° minuto, seguita da Sophia Smith del Portland Thorns e proprio da Lily Yohannes, che ha segnato al minuto 82 il suo primo goal in nazionale alla sua prima presenza.
Al termine della seconda partita, Hayes ha commentato ai microfoni del New York Times dicendo che “Giocare due amichevoli contro le stesse avversarie è fantastico dal punto di vista tattico, perché ti permette di condividere con la tua squadra i cambi tattici che ti piacerebbe fare”, dimostrando quanto tenga alla squadra che l’è stata affidata seppur in un momento così delicato, come quello in preparazione ai giochi olimpici.

Hayes può essere felice delle sue ragazze e della loro prestazione, e dovrà anche provare a scacciare quelli che sono i “fantasmi del mondiale” dello scorso anno, terminati agli ottavi di finale. Con la formazione da lei convocata e con la grinta che sta cercando di trasmettere alle sue ragazze, che si respira addirittura attraverso la carta leggendo le sue interviste, potrebbe davvero puntare ad arrivare fino in fondo, proprio come gli Stati Uniti hanno (quasi) sempre fatto.

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.