Fin dalla prima edizione in cui il calcio femminile è stato considerato disciplina olimpica, nell’ormai lontano 1996, le ragazze degli Stati Uniti hanno sempre staccato il pass delle qualificazioni e, in ben 4 occasioni sulle 7 partecipazioni, si sono laureate campionesse. L’unico neo di questa nazionale sono stati i quarti di finale ottenuti nel 2016. In tutti gli altri casi, sono arrivati almeno tra le prime 4, un risultato tutt’ora imbattuto. Sarà compito di Emma Hayes e delle sue ragazze, continuare la striscia di risultati positivi in questa competizione.

Il debutto assoluto
Nel 1996, in concomitanza con il primo torneo olimpico per il calcio femminile, la nazionale statunitense è arrivata fino in fondo, vincendo la prima edizione. Giocare in casa è stato di certo un vantaggio importante, eppure le ragazze non hanno superato il girone qualificandosi per prime, in quanto la Cina aveva una differenza di reti superiore alla loro: per la precisione, 6 a 4. La sorte le ha inserite nel Girone E insieme a Cina, Danimarca e Svezia.
La prima partita in assoluto per questo girone ha avuto luogo a Orlando: gli Stati Uniti hanno travolto la Danimarca con un netto 3 a 0; ad andare in goal, Venturini e Hamm nella prima frazione di gioco e Milbrett quando la seconda era da poco iniziata. Il secondo match, contro la Svezia, ha impegnato un po’ di più le ragazze statunitensi che, però, sono comunque riuscite a vincere. Il risultato finale sugli schermi allo stadio Citrus Bowl di Orlando segnava infatti 2 a 1 a favore delle padrone di casa: sul tabellino dei marcatori hanno scritto il loro nome Venturini, già al suo secondo goal nella competizione in due presenze, e MacMillan nel secondo tempo; per la Svezia il goal è arrivato grazie all’autorete di Overback, quindi gli Stati Uniti hanno “fatto tutto da soli”. Il match con la Cina si è concluso a reti bianche. C’è stata un po’ d’Italia, in questa partita, visto che è stato proprio Pierluigi Collina ad avere il fischietto per arbitrarla.
La semifinale, giocata contro la Norvegia, si è rivelata piuttosto impegnativa e non è stata decisa nei primi novanta minuti di gioco. A sbloccare la partita è stata la Norvegia con la rete di Medalen al 18° minuto del primo tempo; il pareggio degli Stati Uniti è arrivato soltanto a un quarto d’ora dalla fine, e le atlete americane hanno perciò portato la partita ai supplementari. Al minuto 100, la rimonta è stata completata da MacMillan, al suo secondo goal ai giochi olimpici, e ha portato gli Stati Uniti in finale contro la Cina.
Sì è quasi trattato di una rivincita, visto che le due formazioni si erano già affrontate ai gironi e a prevalere per differenza reti era stata la squadra asiatica. In finale, invece, il risultato si è ribaltato. Entrambe le squadre hanno proposto un gioco più cinico e incisivo, come ogni finale che si rispetti: gli Stati Uniti sono andati in goal con l’onnipresente MacMillan, e la Cina ha pareggiato un quarto d’ora più tardi. Il match l’ha chiuso Milbrett al 68° minuto, regalando dunque la medaglia d’oro alla sua squadra.

L’amaro in bocca
L’inizio del nuovo secolo non è stato di buon auspicio per le ragazze statunitensi. O meglio, lo è stato, ma il sogno di vincere la seconda medaglia d’oro consecutiva è sfumato proprio sul più bello.
Nel Girone F, le americane hanno ritrovato la Cina, insieme alla Nigeria e alla Norvegia. Con 7 punti in 3 partite, si sono classificate prime nel girone. A Melbourne, in Australia, il primo match l’hanno disputato contro la Norvegia, su cui hanno trionfato per 2 reti a 0. Hanno segnato Milbrett, che aveva già deciso la finale nel torneo del 1996, e Hamm. Nel secondo match, con la Cina non sono andate oltre al pareggio per 1 a 1, con la rete di Foudy a cui ha poi risposto la cinese Sun. La terza e ultima partita, contro la Nigeria, è terminata con il risultato finale di 3 a 1. Chastain e Lilly hanno portato la partita sul momentaneo 2 a 0 già nel primo tempo; nella ripresa, la Nigeria è rientrata in partita grazie ad Akide, ma MacMillan ha chiuso definitivamente i conti al 56° minuto.
A Canberra, la semifinale contro il Brasile è stata una partita equilibrata, ma le statunitensi hanno vinto di misura per 1 a 0 dopo la rete di Hamm, al suo secondo goal in quest’edizione del torneo.
Arrivate in finale, l’ultimo scoglio da superare era la Norvegia, con cui la nazionale americana aveva avuto a che fare proprio nell’Olimpiade precedente. Purtroppo per le americane, le norvegesi sono state superiori. Milbrett ha segnato a bruciapelo al quinto minuto di gioco, ma la Norvegia non si è fatta spaventare da quest’inizio turbolento, e ha infatti rimontato con i goal di Espeseth e Gulbrandsen. Gli Stati Uniti hanno agguantato il pareggio in pieno recupero sempre grazie a Milbrett, ma i supplementari sono stati fatali: il goal di Mellgren, arrivato al minuto 102, ha regalato alla Norvegia la medaglia d’oro. Gli Stati Uniti si sono dovuti “accontentare” di quella d’argento.

L’inizio de “l’Età dell’Oro”
Il titolo non è affatto casuale. Dal 2004 al 2012, infatti, gli Stati Uniti hanno detenuto un vero e proprio monopolio della competizione, classificandosi al primo posto in tutte e tre le occasioni, una serie che non è stata portata a termine da nessun’altra nazione partecipante.
Nel 2004, i Giochi olimpici hanno avuto luogo in una terra simbolica per la loro storia, quella della Grecia. Gli Stati Uniti, nel Girone G, hanno affrontato la Grecia, padrona di casa, insieme al Brasile e all’Australia. Anche stavolta, si sono qualificate come prime del girone. Nella partita inaugurale contro la Grecia, a Candia, le statunitensi hanno stravinto per 3 a 0 con le reti di Boxx, Wambach e Hamm, che non ha resistito e si è da subito inserita tra i marcatori. Il match contro il Brasile, giocatosi a Salonicco, è terminato con il punteggio finale di 2 a 0: a segnare il primo goal è stata Hamm dal dischetto, e ha poi raddoppiato Wambach. Entrambe hanno raggiunto i due goal in due presenze. La terza e ultima partita è stato un pareggio per 1 a 1 contro l’Australia, sempre a Salonicco. Alla rete di Lilly ha risposto quella dell’australiana Peters.
Il quarto di finale è stato giocato Salonicco, uno stadio che si è trasformato in un talismano di fortuna per le ragazze statunitensi: su quel manto erboso non hanno, infatti, mai perso. Al risultato di 2 reti a 1 per gli Stati Uniti hanno contribuito Lilly e Wambach. La rete di Yamamoto ha riaperto il match, ma il Giappone non è riuscito a trovare il pareggio.
In semifinale è stato il turno della Germania. Le tedesche hanno dato filo da torcere alle americane, costringendole a giocare anche i supplementari. Gli Stati Uniti sono passate in vantaggio al minuto 33 con Lilly, e Bachor ha poi trovato la rete del pareggio in pieno recupero nella seconda frazione di gioco. Il goal di O’Reilly al minuto 99 ha messo la parola “fine” alla partita.
La finale, a Il Pireo, ha riproposto lo scontro diretto tra Stati Uniti e Brasile, due formazioni famose per la loro bravura e la loro competitività. Si è trattato di un match senza esclusione di colpi e indeciso fino ai supplementari. Ad aprire è stato il goal di Tarpley, che però non ha assicurato la vittoria agli Stati Uniti: al minuto 73 ha di fatto segnato Pretinha. I supplementari hanno decretato le vincitrici della medaglia d’oro, vale a dire le atlete statunitensi: la rete di Wambach ha assicurato loro la medaglia d’oro.

La vittoria in Asia
Le Olimpiadi del 2004 si sono tenute in 5 diversi stadi della Cina. Il secondo titolo consecutivo per le americane è partito dal Girone G, contro Norvegia, Giappone e Nuova Zelanda. Clamorosamente, si può dire, il percorso degli Stati Uniti è iniziato con una cocente sconfitta a opera della Norvegia, che si è forse “vendicata” per la finale persa in un vero e proprio arrembaggio nei primi 4 minuti del primo tempo, con due reti consecutive che hanno dunque spiazzato le americane. Le statunitensi hanno rialzato la testa nella seconda partita, contro il Giappone, vincendola di misura per 1 a 0 grazie al goal di Lloyd. La terza partita, contro la Nuova Zelanda, ha dato nuovamente fiducia alla formazione americana, che ha calato un convincente poker. Ad andare a rete sono state O’Reilly e Rodriguez nella prima frazione, mentre Tarpley e Hucles l’hanno poi chiusa nella ripresa.
Per via della differenza reti superiori, le statunitensi hanno passato il girone classificandosi al primo posto. Ai quarti di finale hanno dovuto fronteggiare il Canada in una partita che è stata decisa ai supplementari. Hucles ha portato gli Stati Uniti sull’1 a 0, ma la rete di Sinclair ha riaperto tutto e costretto le squadre ad andare oltre ai minuti regolamentari. Kai ha chiuso i conti al 101°, permettendo agli USA di staccare il pass per la semifinale, in un secondo match contro il Giappone.
Il Giappone ha segnato la prima rete della partita, ma i due goal di Hucles e Chalupny tra il 41° e il 44° del primo tempo hanno definitivamente portato a termine la rimonta. La rete di O’Reilly e la seconda in partita di Hucles, che ha dunque fatto doppietta, hanno calato il secondo poker della competizione, e il goal di Arakawa al 93° non è servito a niente ai fini del punteggio finale di 4 a 2 per gli Stati Uniti.
A Pechino è stata finale contro il Brasile, vinta anche stavolta dagli Stati Uniti in un match che si è chiuso soltanto al 96° minuto, in pieni tempi supplementari, con il goal di Lloyd.

Non c’è due senza tre
Il terzo titolo olimpico consecutivo è stato vinto sul suolo inglese alle Olimpiadi del 2012 di Londra. Nel Girone G hanno affrontato Francia, Colombia e Corea del Nord. Gli Stati Uniti hanno dato prova di forza passando il girone, per la prima volta, a punteggio pieno. All’esordio, il 2 a 0 momentaneo della Francia, arrivato per merito di Thiney e Delie tra i minuti 11 e 13 del primo tempo, è stato prontamente ribaltato e superato in maniera perfetta e totalizzante: Wambach ha segnato al minuto 18, riaprendo il match. Per la prima volta ai giochi olimpici, Alex Morgan ha scritto il suo nome sui maxischermi con una strabiliante doppietta, in mezzo alla quale ci ha messo lo zampino anche Lloyd, non nuova in questa competizione. Le vittorie degli Stati Uniti sono proseguite con il 3 a 0 ai danni della Colombia a Glasgow, con le reti di Rapinoe, Wambach e Lloyd, che si sono ripetute con un goal ciascuna. La partita contro la Corea del Nord è stata giocata all’Old Trafford di Manchester e si è conclusa con la vittoria per 1 a 0 per gli Stati Uniti, con Wambach che è andata a segnare la sua terza rete in tre partite.
Ai quarti di finale, le ragazze hanno incontrato la Nuova Zelanda, chiudendo il match con un convincente 2 a 0. Anche stavolta, a segno Wambach e l’attuale attaccante dell’Angel City Leroux.
La semifinale, all’Old Trafford, è stata una combattutissima partita tra Canada e Stati Uniti. In tutti i precedenti tra queste due squadre, nessuna partita è stata vinta dalle canadesi. Per il Canada, Sinclair ha segnato una stupenda tripletta, che non è bastata per regalare la finale alle sue compagne: la nazionale statunitense ha vinto per 4 a 3 con la doppietta di Rapinoe, il goal dal dischetto di Wambach e poi, allo scadere dei supplementari, quello di Alex Morgan ha chiuso i conti e portato gli Stati Uniti in finale.
La finale, nella bolgia di un Wembley sold out, è stata giocata tra le ragazze degli Stati Uniti e il Giappone. Le atlete degli USA hanno vinto per 2 reti a 1 con la doppietta di Lloyd, che nelle finali ha sempre dimostrato di avere ben più di una marcia in più.

L’Olimpiade meno convincente
Quelli del 2016 sono stati i giochi olimpici meno facili, per gli Stati Uniti. A differenza dei precedenti tornei, le ragazze sono uscite ai quarti di finale contro la corazzata della Svezia dopo gli sfortunati tiri dal dischetto. Nel Girone G, gli Stati Uniti sono stati accompagnati dalla Francia, dalla Nuova Zelanda e dalla Colombia. La Nuova Zelanda è stata sconfitta al debutto per 2 reti a 0, grazie alle reti di Lloyd e di Alex Morgan. Lloyd è stata fondamentale anche contro la Francia, e ha infatti segnato la prima e unica rete della partita. La doppietta di Usme, capocannoniere della Colombia ai Giochi olimpici, ha fermato gli Stati Uniti sul 2 a 2; alle due reti hanno risposto Dunn e Pugh.
Ai quarti di finale, dopo il risultato di 1 a 1 determinato da Blackstenius al minuto 61, raggiunta da Morgan una decina di minuti più tardi, i tiri del dischetto hanno determinato l’uscita degli Stati Uniti dalla competizione. Gli errori di Morgan e Press hanno consegnato la vittoria alla Svezia.

L’edizione posticipata
Le Olimpiadi del 2020, causa Covid, si sono tenute l’anno successivo, ma la location è rimasta il Giappone. Le statunitensi sono finite nel Girone G insieme alla Svezia, all’Australia e alla Nuova Zelanda. La Svezia si è confermata la vera avversaria da battere e la bestia nera degli Stati Uniti, che li ha poi effettivamente costretti ad andare ai quarti di finale come secondi classificati del girone a ben 5 punti di distanza. Non è stato affatto facile arrivare ai quarti: Stati Uniti e Australia avevano infatti entrambe 4 punti, cosa che ha determinato il passaggio come seconda della nazionale statunitense per una maggiore differenza reti, di 2 contro le -1 delle australiane. La prima partita è stata una disfatta totale, per le ragazze americane: hanno infatti perso 3 a 0 contro la Svezia, andata in goal con la doppietta di Blackstenius, attualmente all’Arsenal, e la rete di Hurtig, sua compagna di club. La fiducia l’hanno trovata nella seconda partita, quella contro la Nuova Zelanda. La malcapitata nazionale dell’Oceania è stata sconfitta con il risultato tennistico di 6 goal a 1, andando a segno al 72° soltanto con Hassett. Gli Stati Uniti sono andati in goal con quattro reti “regolari”, per così dire, e con due autoreti, quelle di Erceg e Bott, che hanno siglato rispettivamente il 3 a 0 e il 6 a 1. Le atlete statunitensi che hanno letto il loro nome sui maxischermi sono state Lavelle, Horan, Press e Morgan.
Classificatasi ai quarti di finale, per la nazionale statunitense è arrivato il turno del match contro l’Olanda. Nei tempi regolamentari, il risultato si è inchiodato sul 2 a 2. Miedema, attualmente nel Manchester City, ha segnato la prima rete per l’Olanda, ma Mewis e Williams hanno ribaltato il risultato nel giro di tre minuti; nella ripresa, la stessa Miedema ha realizzato la doppietta personale. Il match è stato trascinato fino ai calci di rigore ma, stavolta, la fortuna ha sorriso agli Stati Uniti: Miedema ha fallito dal dischetto, e l’errore della compagna Nouwen ha fatto fermare il cammino dell’Olanda.
In semifinale, le statunitensi hanno giocato contro le rivali di sempre, vale a dire il Canada. Per la prima volta nel percorso olimpico delle statunitensi, sono state le vicine di casa a spuntarla: il goal dagli undici di metri di Fleming ha fatto sì che gli Stati Uniti venissero condannati alla finale per il terzo posto anziché a quella per la medaglia d’oro.
Nella finale per il terzo posto, l’orgoglio delle americane ha fatto vincere loro il match contro le Matildas, trascinate da Sam Kerr. Non è stata una partita semplice, ricca di goal e di ribaltamenti nel punteggio. Al goal al minuto numero 8 di Rapinoe ha replicato Sam Kerr al minuto 17, e Rapinoe ha fatto doppietta qualche minuto più tardi. Lloyd ha segnato il terzo goal degli Stati Uniti nei minuti di recupero prima dell’intervallo, e il quarto quando le squadre erano da poco rientrate in campo. L’Australia ha gonfiato la rete con Foord e Gielnik, ma la vittoria è stata delle avversarie.

Gli Stati Uniti, grazie a tutte queste vittorie, partono da favorite, insieme alla Germania, che ha vinto la medaglia d’oro nel 2016, nel gruppo B. Insieme a loro ci saranno infatti lo Zambia e l’Australia. Qualunque sia il cammino che gli Stati Uniti faranno nell’edizione del 2024, sicuramente Hayes farà in modo che le sue ragazze diano l’anima fino alla fine e cerchino di arricchire ulteriormente il loro splendido palmarès.

Ilaria Cocino
Nata a Torino nel 1998, si appassiona al calcio e all'atmosfera magica degli stadi fin da ragazzina. Laureata in Traduzione presso l'Università degli Studi di Torino, attualmente è traduttrice freelance dall'inglese e dallo spagnolo e si occupa anche di editoria. Da sempre affascinata dal mondo del giornalismo sportivo, prova a coniugare la sua passione per il calcio femminile con quella per le lingue per immergersi anche in quello internazionale.