Ciao, oggi intervistiamo Pietro, papà di Kiara Bercelli, calciatrice attualmente in prova con la Sampdoria e vicecapitano della Nuova Zelanda under 17. Dopo essere cresciuta in Nuova Zelanda, ha giocato due anni in Australia con la maglia dell’Alamein ed ora tenta l’avventura in Europa dopo la bellissima esperienza del Mondiale Under 17 con la maglia delle All Blacks.
D) Pietro, quali sono le differenze tra Italia e Nuova Zelanda?
R) Due paesi agli antipodi ma molto simili dal punto di vista climatico, con differenze culturali legate alla diversa storia passata. Entrambi ospitano tanta gente fantastica portata ad aiutare il prossimo.
Per quanto riguarda il calcio, in Nuova Zelanda è uno sport secondario, dopo il rugby union, rugby league ed il cricket. Tuttavia è in crescita, e molto giocato dai ragazzi e ragazze tra i 6 ed i 14 anni. Il rugby è uno sport con una alta percentuale di infortuni, anche gravi, ed i genitori spingono i ragazzini verso il calcio.
D) Come si trova Kiara nella sua nuova esperienza con la Sampdoria?
R) Kiara è contentissima di questa esperienza con la Samp. Ha trovato un ambiente accogliente che ha creduto in lei dal primo giorno di provino. Purtroppo la burocrazia sta rallentando la procedura di tesseramento, nel frattempo si sta allenando stabilmente con la prima squadra.
D) Cosa manca alla Nuova Zelanda per essere competitiva a livello internazionale nel calcio femminile?
R) La quasi totalità delle calciatrici della nazionale giocano per club Europei, Statunitensi o Australiani. Il prossimo mondiale quest’anno sarà proprio in Nuova Zelanda, spero che la pressione abbia una influenza benefica sulla squadra e che le ragazze facciano delle buone partite.
D) Ci racconti l’esperienza nel Mondiale U17?
R) L’esperienza di un mondiale per Kiara è stata incredibile, è cresciuta molto mentalmente ed ora è più forte per affrontare l’esperienza con la Sampdoria. Anche io ovviamente ero presente, l’impatto di passare in alcuni mesi da assistere alle partite giovanili in campetti rurali a vederla giocare in uno stadio ad un mondiale è stato emozionante.
D) Cosa manca al calcio rispetto ad altri sport più diffusi in Nuova Zelanda come il rugby?
R) Qualche anno fa ho portato Kiara a fare un allenamento con la rappresentativa regionale U13 (come al solito Kiara era l’unica ragazzina….). Di fianco a noi si allenava la stessa rappresentativa di rugby. Mi ricordo l’enorme differenza in disciplina, velocità, professionalità degli allenatori. Bisogna colmare questa differenza.
D) Vorresti che Kiara rimanesse in Europa? Qual è il tuo sogno per tua figlia?
R) Anche se sembra scontato dirlo, il mio sogno è il suo sogno. Mi ricordo che la prima volta che Kiara ha detto che voleva fare la calciatrice professionista aveva 5 anni. A lei al momento piace molto stare in Europa. Credo che ci sia spazio per studiare oltre che giocare a calcio, però dipenderà da lei.
D) Cosa manca al calcio femminile per attrarre sponsor come il calcio maschile?
R) Per me è errato confrontare il calcio femminile con quello maschile. Il calcio femminile deve operare in maniera organica, con una sua struttura e sue idee anche di marketing. Se viene creato un prodotto unico e sostenibile gli sponsor arrivano.
D) Qual è il valore aggiunto invece a livello di fair play, uguaglianza, diritti?
R) I ragazzi oggi fanno fatica a trovare delle idee che diano speranza. Sarebbe bello se il calcio femminile aiutasse a veicolare dei messaggi sociali positivi.
D) Come immagini Kiara tra 10 anni?
R) Finale di Champions, ovviamente in una squadra Italiana.
D) L’esperienza australiana. Cosa hanno in più rispetto all’Italia per realizzare i propri sogni e cosa manca per dire a tua figlia “Non ti conviene andare più via da qui”.
L’esperienza in Australia è stata per Kiara fantastica, sia dal punto umano che calcistico. Dobbiamo ricordarci che l’Europa, da noi spesso criticata (anche a ragione), ha per i ragazzi di Australia e Nuova Zelanda un fascino incredibile. Ad esempio la maggior parte delle compagne di Kiara nella squadra nazionale U17, preferirebbero venire a giocare a calcio in Europa, piuttosto che andare a studiare e giocare in un prestigioso college americano dove avrebbero diritto ad una borsa di studio che copre il 100% dei costi di studio, vitto ed alloggio, circa 150.000 euro.
D) Cosa pensi del campionato italiano e dell’arrivo del professionismo in questa stagione.
R) L’anno scorso sentivo pareri discordanti in merito, alcuni dicevano che più di una squadra sarebbe fallita… non mi pare, anche se non sono addetto ai lavori. Dal punto di vista tecnico credo ci sia crescita, abbiamo 2 squadre che sono arrivate nei quarti di Champions negli ultimi 2 anni, e con pieno merito. Meglio del calcio italiano maschile? Io credo di si.
D) Un episodio bello e uno brutto vissuto da tua figlia Kiara negli spogliatoi.
R) Quello che succede negli spogliatoi, resta negli spogliatoi…
D) Un tuo messaggio per una bambina che vorrebbe iniziare a giocare a calcio
R) Come dico ancora oggi a Kiara prima di una partita “have fun!“
Grazie Pietro, buona fortuna a Kiara per la sua carriera calcistica.